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Girl 6 - Sesso in linea Anno: 1996 Regista: Spike Lee; Autore Recensione: l.a. Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 18-03-1998
Girl 6 (Sesso in linea), di Spike Lee. Sceneggiatura,
Suzan-Lori Parks. Con T. Randle, S. Lee, Madonna, J. Turturro, Q.
Tarantino. Usa, 1996. Dur.: 1h e 48'.
Girl 6 (ragazza n°6) è il nome d'"arte" di una
operatrice di chat-line erotica. Six sta per Sex, Sei sta per Sesso.
La ragazza (di colore) è una aspirante attrice con problemi
economici ed un matrimonio fallito alle spalle. Recita in teatro ed
in televisione in particine da caratterista, ma il suo sogno è
Hollywood. Per realizzarlo, tuttavia, bisogna scendere a compromessi,
mostrare le tette al regista durante i provini, subirsi qualche
palpata, mettere "da parte l'arte", ecc. ecc. Lei non ci sta, accetta
di lavorare provvisoriamente come voce-sexy, e si inventa una serie
di alter-ego sessual-telefonici che interpreta con successo mettendo
a frutto le proprie capacità attoriali. Il gioco le prende la
mano, la finzione si trasforma in un mondo parallelo che la
inghiotte, la realtà si fa distante: e si salva in extremis,
prima di toccare psicologicamente il fondo. Tira le conclusioni del
caso, ne esce rafforzata, rispolvera i vecchi obiettivi: comincia una
nuova vita. The End. Spike Lee ricasca negli schematismi manicheisti
a sfondo razziale che tenta di camuffare giocando una relativamente
inedita carta comica, riproponendo i soliti finalini rassicuranti,
educativi, edulcorati con conclusiva presa di coscienza del
protagonista, abbagliando lo spettatore con una ricerca formale non
tanto gratuita quanto depistante, compiaciuta ed eccessivamente
ostentata, ed insaporendo il tutto con metacinema piuttosto facile,
ammiccante ed "à la mode" (ancora Tarantino!). Lee ridicolizza
la tradizionale immagine televisiva e cinematografica dei "neri"
mettendo in scena parodie di sit-com e
black-exploitation; tuttavia, la realtà che ci propone
come alternativa "veritiera" è altrettanto standardizzata per
quanto capovolta - e, quello che è grave, standardizzata da
egli stesso, dalla sua "militanza". Sono lontani i tempi di "Fa' la
cosa giusta!", in cui il regista denunciava creando un dibattito con
il suo approccio volutamente provocatorio, ambiguo. Altrettanto
lontane risultano la spregiudicatezza e l'autoironia con cui
scandagliava umori coscienze mistificazioni del mondo della libera
"Lola Darling". Con "Girl 6" ci troviamo piuttosto nei territori
patinati di "Mo' Better Blues" e "Jungle Fever" in cui il dramma si
fa "drammone", in cui le unghie diventano laccate e ben curate e non
graffiano, in cui il travalicamento delle barriere del luogo comune
si fa capovolgimento corrivo delle parti alla ricerca di una via di
mezzo che non scontenti né la critica né le major
né il popolo nero di cui si autoproclama cantore...
Paradigmatica la scelta di affidare le musiche ad un personaggio che
nell'ambito musicale sta seguendo una parabola analoga, Slave-Prince.
Didascalico negli esiti, in malafede nelle premesse, forzato negli
sviluppi, "Girl 6" gioca sporco con lo spettatore, spacciando il
solito sermone come comedy piuttosto che nella solita veste
drammatica, nascondendosi da eventuali critiche di
razzismo-al-contrario dietro ad illustri colleghi
rigorosamente bianchi.
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