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Daun di atas bantal - Foglia su un cuscino
Anno: 1997
Regista: Garin Nugroho;
Autore Recensione: Andrea Caramanna
Provenienza: Indonesia;
Data inserimento nel database: 09-09-1998


Tao 98
Visto a TaoCinema 98Daun di atas bantal (Leaf on a pillow - Foglia su un cuscino)

di Garin Nugroho; sceneggiatura Armantono, Garin Nugroho; fotografia Nur Hidayata; montaggio Semtot Sahid; musica Djaduk Ferianto; interpreti Christine Hakim (Asih), Sugeng, Heru, Kancil, Kabri Wali, Deni Christanta, Sarah Azhar; produttore Christine Hakim; produzione Christine hakim Film; origine Indonesia, 1997, colore, 35 mm., 83'

È un film dolente, spesso crudo come certi documentari d'archivio e la violenza che si respira è spesso insostenibile. Soprattutto la violenza dei luoghi, spazi angusti, luridi, nei quali è impossibile immaginarvi alcuna esistenza. Eppure gli abitanti di questi tuguri vivono in qualche modo, cercano più che altro di sopravvivere alla giornata. Sono i bambini i protagonisti del film. Ne riconosciamo alcuni aspetti: la costituzione debole, la vitalità costante. Bambini che si sono trasformati già in qualcos'altro o sono stati trasformati in altro dall'ambiente che li circonda. Un mondo senza alcuna pietà per queste creature che hanno già imparato le uniche regole possibili in un contesto talmente degradato: le regole della sopraffazione, il più forte sopprime il più debole, solo questo bisogna imparare e in fretta. Usano le droghe questi bambini, allucinogeni di ogni tipo come le colle, che aiutano a sballarsi, a passare giornate più tranquille. Questi bambini, nonostante la loro apparente, cinica disinvoltura, perché rubano, si fanno tutto il giorno, guardano al sesso come gli adulti (tant'è che spiano attraverso le serrature o pagano alcune donne perché siano disponibili con loro permettendo di sbirciare sotto le gonne), sono comunque delle creature fragili, o peggio già condannate, prima o poi è soltanto una questione di buona sorte, di fortuna, a una fine crudele, in cui il mondo degli adulti non è neppure in grado, di acquisire la consapevolezza della propria responsabilità, della colpa gravissima, per abbandonare i bambini.

La fine dei quali è sempre la più crudele che ci può essere, la più spaventosa e orribile che si possa immaginare e al tempo stesso la più stupida, nel modo in cui si realizza. Come Kancil che muore dilaniato, spappolato contro il muro di una galleria che non ha visto, mentre correva sul tetto di un vagone ferroviario. O quella di Heru, fatto a pezzetti e gettato nell'immondizia perché dava fastidi ai criminali locali. E la morte di Sugeng, ucciso per sbaglio da una pugnalata diretta a qualcun altro.