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Equals
Anno: 2015
Regista: Drake Doremus;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 16-10-2015


“Questo è un messaggio dal collettivo.” Un mondo futuro nel quale i rapporti sono asettici, con relazioni umane minime, e soprattutto, con il divieto totale di amarsi e fare sesso, è un’utopia o una distopia? In Equals il regista Drake Doremus ci consegna un domani nel quale l’amore è vietato. Per il regista si tratta di un’utopia: “Vedo il mondo di “Equals” quasi come un’utopia piuttosto che una distopia. È un mondo bello, c’è la natura… ma senza sentimenti. Una storia d’amore può essere ambientata in ogni tempo e in ogni luogo.” Sicuramente i sofferenti per amore saranno d’accordo. Silas e Nia vivono nel futuro. Il loro mondo è in bianco, non c’è colore. Le relazioni sono assenti. Parlano, si conoscono, ma nessuno è in coppia. Il numero dei suicidi è elevatissimo perché, nonostante l’assenza di relazioni, esiste una resistenza clandestina, qualcuno rifiuta il nuovo modo di vivere. Bisogna mantenere il segreto, nascondersi. Una coppia è arrestata. La gente non sente la necessità di un rapporto umano, si tratta quasi di un’alienazione totale dalla realtà. Qualcuno deve avere un ricordo ancestrale perché, in pochi casi, uomini e donne s’innamorano e si accoppiano. Salis e Nia improvvisamente e senza rendersi conto si accorgono di essere malati. Infatti, amarsi è un virus, costringe i sentimenti a coinvolgersi. Sono comportamenti difettosi. Così Silas e Nia si trovano coinvolti una relazione vietata e illegale. Siamo in Romeo e Giulietta futuristico. Un amore impossibile e contrastato. È complicato entrare nel film. C’è forse una relazione dei rapporti virtuali concepiti su internet, si hanno migliaia di amici e di fidanzate evitando però i rapporti reali? Potrebbe, ma nel film c’è una tensione a volte non chiara. Una scenografia fredda non vuol dire essere nel futuro. Il bianco non è solo sterilità. La perfezione non è noiosa. Una società funzionante non deve essere per forza dittatoriale. Troppo stereotipato il futuro, non c’è una vera paura, tensione, modernità. Non siamo in Fahrenheit 451. Bruciare i libri equivaleva distruggere la memoria. L’amore è naturalezza. Il linguaggio è dimesso, senza una reale tensione. Non basta un montaggio agitato, nevrotico, non si percepisce la sofferenza e la nascosta resistenza è al limite della correttezza.