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Dal tramonto all'alba - From dusk till dawn
Anno: 1996
Regista: Robert Rodriguez;
Autore Recensione: l.a.
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 06-03-1998


From Dusk Till Dawn (Dal Tramonto All'Alba), di Robert Rodriguez. Sceneggiatura, Quentin Tarantino. Da un soggetto di R. Kurtzman. Con Q. Tarantino, G. Clooney, H. Keitel, J. Lewis, S. Hayek, T. Savini, F. Williamson. Usa, 1996. Dur.: 1h e 48'.

L'impressione è quella di assistere al primo tempo di un film e al secondo tempo di un altro film... Due film di genere e taglio stilistico assolutamente differenti: il primo è un road-movie nero e violento, lungo il quale i fratelli Geko seminano morte e distruzione nella loro inarrestabile corsa verso il Messico, nell'arco della quale prendono in ostaggio un predicatore ed i suoi due figli; il secondo è un horror di vampiri, splatter e scanzonato, i cui modelli di riferimento sembrano essere il Raimi più sgangherato (de "La Casa II" e "L'Armata delle Tenebre"), Peter Jackson ed i B-movies d'effettacci e bassa macelleria. I personaggi conferiscono continuità al mix ed eliminano ogni dubbio su eventuali confusioni di pizze da parte del proiezionista. Provocatoria e coraggiosa, più che geniale, la sceneggiatura di Tarantino abbandona parzialmente la struttura "answers first, questions later" (risposte prima, domande poi) che caratterizzava gli script precedenti (True Romance e Natural Born Killers, nelle versioni originali; Reservoir Dogs, Pulp Fiction e l'episodio di Four Rooms: sono tutti riconducibili a variazioni della formula suddetta)... abbandona parzialmente, si diceva, la struttura "risposte prima, domande poi": in realtà, lo spettatore viene scaraventato in medias res, per poi ricevere un chiarimento grazie ad un telegiornale che ripercorre velocemente la storia dei due criminali (la stessa soluzione era stata adottata da Tarantino nella sceneggiatura originale di "Natural Born Killers"). Ma in "From Dusk Till Dawn", al fine di agganciare e stupire il pubblico, Tarantino non punta sulla decostruzione della linearità della sequenza degli eventi, sulla frammentazione dell'arco crono-logico, sull'inversione dell'ordine di causa ed effetto; più semplicemente, opta per la sorpresa: spiazzare lo spettatore ponendo delle premesse drammatiche che verranno disattese completamente indirizzando lo sviluppo della storia verso un altro genere cinematografico con una brusca sterzata. Tarantino crea una situazione complessa (la fuga dei due pericolosissimi criminali ed il rapimento, da parte loro, di una famiglia) che si regge sulla suspense implicita nell'interrogativo "che cosa succederà agli ostaggi una volta passato il confine?". La sceneggiatura è per tutta la prima parte costruita in funzione del rafforzamento di questa suspense, attraverso la delineazione dei caratteri dei personaggi negativi, spietato uno, psicopatico l'altro. Dal canto suo, la famigliola capeggiata da Harvey Keitel risulta assolutamente inerme e vulnerabile: un religioso in crisi dopo la morte della moglie; due figli adolescenti senza esperienza del male del mondo, buoni ed educati. Elemento giocato per esacerbare ulteriormente la tensione: l'avvenenza dell'ingenua Juliette Lewis (figlia-ostaggio) e le brame sessuali del maniaco fratello minore dei due Geko. Il viaggio verso il confine occupa una porzione di racconto relativamente breve: ostaggi e criminali passano la frontiera senza eccessivi problemi. L'interrogativo a questo punto è ancora più forte: "Che ne sarà degli ostaggi, ora che la meta è stata raggiunta?". Suspense. E Sorpresa, come tutta risposta: senza preavviso alcuno, improvvisamente, il road-movie dalle tinte cupe si trasforma in un horror di vampiri grottesco, eccessivo, in cui la tensione si risolve e trova sbocco in un video-game splatter. Buoni e cattivi si trovano a lottare insieme contro un nemico comune: un'orda di vampiri mostruosi, zombies annientabili solo con i classici espedienti del paletto nel cuore e della luce del sole (trucchi ammazza-vampiri che i nostri hanno appreso dai film dell'orrore per loro stessa ammissione). Tarantino sceneggiatore, dunque, lavora sulla suspense nella prima parte del film; sulla sorpresa nella seconda (quasi una trasposizione filmica filologica della famosa distinzione hitchkockiana al riguardo). Parimenti, predomina nella prima un tono maggiormente angoscioso rispetto a quello delle opere precedenti sia di Rodriguez che di Tarantino - lo humour nero c'è, ma in bilico verso il lato oscuro piuttosto che verso quello comedy; nella seconda parte, prende il sopravvento un tono da baraccone, pirotecnico, divertente, citazionistico e parodistico. Prescindendo dal rischio che un'impostazione simile comporta, ovvero la perdita dell'effetto sorpresa a causa del passaparola tra gli spettatori e delle recensioni (ancora prima che il film uscisse nelle sale si sapeva già che era spezzato in due parti di differente tono), e prescindendo dalla ripetitività che affligge il segmento orrorifico; il valore dello script di Tarantino risiede forse nella capacità di mettere a diretto confronto due territori della finzione opposti: quella tutto sommato verisimile della prima parte, e quella del puro fantastico nella seconda; ed in particolare di proporre le due relative possibili tipologie di rappresentazione della violenza (tema centrale dei film di entrambi gli autori)... Il lavoro di regia di Rodriguez, più lineare e contenuto nella prima sezione, visionario, allucinato, ricco di soluzioni formali ingegnose e stupefacenti, montato in maniera spiazzante, nella seconda, supporta abilmente la sceneggiatura, e ne esalta la duplice natura. "Dal Tramonto all'Alba" è stato sicuramente concepito come semplice divertissement dalla coppia Tarantino-Rodriguez; ha comunque un merito, tra gli altri: anche grazie all'apparato citazionistico contenuto, esibisce chiaramente e separatamente, contrapponendoli, i due grandi modelli cinematografici dai quali i registi sono stati influenzati, che ne alimentano le "poetiche" (o comunque la concezione di cinema), e che i nostri abilmente mixano con le loro personali ricette.