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In cerca di un amico
Anno: 2013
Regista: Rosario Simanella; Marco Landini;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 26-08-2015


“Penso che, prima o poi, mi farò degli amici in modo naturale ma ci vorrà del tempo.” Uno dei registi del documentario In cerca di un amico, Alvise Morato (insieme a Karma Gava), nella presentazione durante la prima edizione del Pesaro Doc Fest 2015 diretto da Luca Zingaretti, ci insinua che l’idea del film è arrivata: “Cercando qualcosa di bizzarro in giro per il mondo.” Non c’è dubbio, la capitale della stravaganza e della singolarità è Tokyo. Ancora rido quando ripenso a quell’amoreggiante Aquafan che era il water del mio hotel a Shinjuku. Gli autori sono penetrati, con forza e intelligenza, nella variegata umanità di Tokyo. Il documentario, in diciannove minuti, ci racconta il compito delle agenzie di affitto di relazioni umane. Parlando del Giappone il pensiero potrebbe volare a qualche eccentricità sessuale a pagamento. Si tratta, invece, di un fenomeno più profondo. A richiesta, l’agenzia fornisce un individuo specializzato nelle veci di una persona affettiva nella vita del richiedente. Hai bisogno di un amico: ecco un estraneo, è l’amico con cui si va a cena. Il padre non può venire al matrimonio della figlia: ecco un estraneo, è il genitore della sposa. Non puoi andare a un funerale: ecco un estraneo, partecipa alle esequie. Durante la visione esce un ghigno ironico: che pazzi che sono. Ma abbiamo poco da stare allegri se proviamo a pensarci più intimamente. Non solo i giapponesi, pure noi occidentali fatichiamo a intavolare delle relazioni umane soddisfacenti. La solitudine avanza in società sempre più complicate, isolamento mascherato dalle migliaia di messaggi inviati giornalmente. I registi aggiungono qualcosa di più. In realtà non è una semplice “ricerca di qualcosa di bizzarro in giro per il mondo”, gli autori conoscono bene il cosmo nipponico e, con grande maestria e un linguaggio brillante, ci conducono all’interno di Tokyo. La città immensa è ripresa con garbo, nonostante sia sommersa da palazzi, strade, macchine, pedoni. La gente è inquadrata dall’alto mentre attraversa gli incroci. Sono tanti robottini. Ognuno va per la propria strada senza mai incontrarsi, neppure per scontrarsi. È la simbologia di come, pure in una metropoli di venti milioni ci si possa sentirsi soli. Il documentario appare a volte fantascientifico, altre divertente, assurdo, irreale. Rivediamo tutte le altre tensioni umane della città come le manifestazioni dei cosplay negli angoli delle strade o i giocatori compulsivi delle cadenzate e rumorose pachinko. D’altronde il film ci mostra le stesse eccentricità – pecore, corvi, fantasmi – dei popolari romanzi di Haruki Murakami.