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Les nuits d'été
Anno: 2014
Regista: Mario Fanfani;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Francia;
Data inserimento nel database: 06-10-2014


“Andrò da De Gaulle” La moltitudine di premi distribuiti dalla Mostra di Venezia serve ad alleviare il dolore per i tanti che non sanno perdere. Il più divertente dei premi è sicuramente il Queer Lion, con un nome altisonante si dovrebbe premiare un film con soggetto gay. Ebbene quest’anno il Queer Lion è stato vinto da Les nuits d'été, opera prima del regista francese Mario Fanfani, parente del leggendario Amintore. (1) Motivazione: “La ricerca della propria identità è sempre un atto rivoluzionario! Lo fa il protagonista indossando abiti femminili pur mantenendo le proprie convinzioni borghesi; lo fa la moglie attraverso la sua emancipazione e gli ideali pacifisti; lo fanno a loro modo tutti gli altri personaggi all'interno di un'opera queer che mescola, con eleganza, tradizione e trasgressione.” (2) Dato a Cesare quel che è di Cesare, il film avrebbe meritato vincere, anzi di stravincere, il premio come maggior numero di luoghi comuni e banalità. Siamo in Francia nel novembre del 1959, in piena guerra d’Algeria. Un lutto ancora da elaborare per i francesi, quindi adattissimo a una storia ordinaria. Siamo in una casa di campagna, ci sono una voce fuori campo e una coppia di travestiti. Uno dei due è Michel, un affermato notaio con una candidatura al parlamento francese. È sposato con Hélène, hanno un figlio. È un marito tradizionale, padre premuroso e affettuoso. Michel ha un segreto: gli piace vestirsi da donna, o meglio gli piace tutto l’oggettistica femminile, la accarezza delicatamente e voluttuosamente. L’amico di Michel è un sarto famoso, con il doppio lavoro di drag queen in un bar molto popolare. Il suo compito è di migliorare le capacità di travestimento di Michel. Il notaio è il proprietario della villa iniziale, un posto tranquillo, in mezzo a un bosco e vicino a un paesino. Il sarto organizza un full immersion per Michel invitando nella sua casa tutte le drag del bar. Per non farsi mancare nulla c’è pure un giovane bel soldato disertore: Quéméner detto Cherubino. Il gruppo di travestiti inizia una serie di scene molto prevedibili. Non c’è nulla di nuovo rispetto ai film del genere, anzi l’autore ci anestetizza con battute banali come: “balla come un barattolo di zucchero” “essere donna è una rivoluzione.” Luoghi comuni, banalità, insulsaggini, piattezza, grigiore. La fanfaronata massima è la canzone contro la guerra, perché è ovvio, nelle convenzionali false leggende quotidiane i gay sono quelli sensibili, emotivi, delicati, artisti, attori, modelli, sarti, modaioli, dolce&gabbana. Una concezione intollerante nei confronti dei gay, i quali sono ovviamente come tutte le persone normali, perciò ci sono omosessuali: guerrafondai, fascisti, gollisti e ci sono pure operai, spazzini, bancari, impiegati alle poste, e perfino macellaio come ci ricorda il bellissimo e divertente fumetto Tutti lo vogliono di König Ralf. L’autore appartiene al primo gruppo, quello un po’ fanatico e falso. Perciò in una Francia guerrafondaia il regista pensa che siano loro all’avanguardia, facendoli esibire in una canzone pacifista. E ovviamente proteggono il disertore. Nel film prevale la noia, la mediocrità, il falso politamente corretto, le insulsaggini offese ai gay, non bastano le panoramiche, non basta girare molto la camera per stare su tutti i personaggi, i quali purtroppo appaiono anche un po’ antipatici. Però è la chiusura a farci scivolare sotto la poltrona del cinema. Poteva mancare l’opera? No ovviamente, ecco, infatti, nel finale la drag queen si crede Maria Callas. Che originalità (sic!!!) Sconvolta e introspettiva come Nerone quando brucia Roma, intona l’aria di Les nuits d'été, montata alternativamente con l’arresto del Cherubino. Ma il peggio deve ancora arrivare, una finezza assurda, una mancanza di realismo inconcepibile. Nel tragicomico finale (ma più involontariamente ridicolo) Michel confessa alla moglie di amarla e, mai e poi mai, aver toccato un uomo. A sì questa passioncella di mettersi le calze a rete, una gonna, truccarsi un filo ma, sempre confessa, si tratta di questione virtuale, un gioco carnevalesco, mai ha pensato di infilarsi sotto le coperte con un maschione; ma per chi lo abbiamo preso? Come ha fatto a venirci in mente un’idea simile? Alla moglie giura e spergiura: si tratta di un congenito desiderio innocente, quasi bambinesco, ma assolutamente mai, una questione di sesso. Gli è sempre stato fedele. Questo si che fa ridere, rendendo il film ancora più insensato. E un film che nega l’esistenza del sesso fra uomini ha vinto il Queer Lion. Anche questo fa ridere. (1) www.cinemagay.it/dosart.asp?ID=34542 (2) www.cineblog.it/post/438052/venezia-2014-vincitori-mouse-doro-a-the-look-of-silence-di-joshua-oppenheimer