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Jayueui onduk - Hill of Freedom
Anno: 2014
Regista: Hong Sangsoo;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Corea del Sud;
Data inserimento nel database: 16-09-2014


“Lei è un tipo strano.” I rapporti storici fra Corea e Giappone sono stati per lungo tempo drammatici. Forse la Corea si trova nel posto sbagliato. Proprio passando di lì c’è la via più breve per i giapponesi per raggiungere la Cina. Perciò la Corea è stata invasa diverse volte e migliaia di coreani furono condotti in Giappone durante la seconda guerra mondiale come schiavi. Parla di Corea e Giappone la pellicola Jayueui onduk - Hill of Freedom del regista Hong Sangsoo. Non è un’aggressione ma un atto di amore l’invasione del giapponese Mori in Corea. Mori è un ragazzo semplice, un po’ impacciato, discreto, timido (“Come mai non ti piacciono le persone?”) però sa diventare amichevole e chiacchierone, soprattutto dopo aver bevuto. Ha già vissuto in Corea qualche anno prima. Insegnava giapponese, ma non si trovò bene però s’innamorò di una donna coreana Youngsun. All’epoca non aveva le idee chiare, perciò ritornò in patria lasciando Youngsun. Con il tempo non riesce a dimenticarla, nonostante abbia perso le sue traccia, riprende l’aereo per la Corea, inseguendo un desiderio e la speranza di ritornare al passato. Gli scrive una lettera e la aspetta nel bar vicino a casa, dal nome imponente: Hill of Freedom. Una trama minima per un bel film basato su un intreccio senza una linea diretta temporale, con tante scene montate sfalsate nel tempo. Il film è carino perché ha dei dialoghi divertenti, tutti in inglese, un inglese elementare da turista. La guest house dove vive, in attesa di ritrovare la donna, è un piccolo mondo. Incontra una padrona gentile e disponibile (“mi piacciono gli uomini che leggono libri”), il suo curioso figlio Sangwon capace di produrre mitragliate di domande. Incrocia brevemente una ragazza scorbutica scappata di casa. Il litigio fra Sangwon e la ragazza è degno di un film comico. Mori ha la dote di essere bravo a ritrovare cani, grazie a questa capacità inizia a frequentare la padrona del cane. Un’azione centrata nella guest house, dei primi piani per accentuare le psicologie dei personaggi. Campi medi nei dialoghi bizzarri e surreali. Mori in una scena mostra il libro Time. Racconta l’inesistenza del tempo come concepita da noi occidentali. Il tempo è reale solo come una nostra struttura mentale. Questa è la motivazione filosofica del montaggio discontinuo utilizzato dal regista. Ma la gioia è la semplicità dei caratteri, i loro umani confronti nella guest house, nel bar o al ristorante. La storia ricca costruita con zero mezzi ma tanta intelligenza e conoscenza umana.