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Belye nochi pochtalona alekseya tryapitsyna - The Postman’s White Nights
Anno: 2014
Regista: Andrei Konchalovsky;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Russia;
Data inserimento nel database: 10-09-2014


“È annegato, poveraccio, per la vodka.” La regione della Russia dell’Arkhangelsk è situata al nord e confina con il Mar Glaciale Artico. In 587.400 kmq abitano circa unmilioneduecentomila persone. Un grande territorio, un paesaggio con una natura preponderante. La popolazione vive in simbiosi con l’ambiente circostante, devono adeguarsi perché sono minoritari. In quest’area è collocata una delle basi spaziali della Russia. Nel lago di Kenozero c’è un piccolo villaggio abitato da poche persone; qui il regista Andrei Konchalovsky gira il poetico Belye nochi pochtalona alekseya tryapitsyna - The Postman’s White Nights, Leone d’Argento alla Mostra del cinema di Venezia. Non esiste una trama, non esiste un cinema classico, ma esclusivamente l’occhio visivo di un autore capace di proporre le stesse emozioni quotidiane della vita nel villaggio. Così il regista stabilisce il suo linguaggio: “ … in questa pellicola non ci sono interpretazioni, c’è solo lo scorrere della vita …” (www.indie-eye.it/cinema/news/the-postmans-white-nights-di-andrei-konchalovsky-la-conferenza-stampa-a-venezia-71.html) Il film è un lungo e appassionato viaggio di qualche giorno all’interno di uno spaccato di vita, con persone ricche di lirismo. Possiamo individuare due linee, entrambe finiscono con il coincidere perché ambedue determinanti. Da una parte l’imponente lago e la conseguente maestosa natura, dall’altra la variegata umanità contenuta nelle case intorno al lago. Mentre lontano centinaia di chilometri c’è la nuova e potente Russia e le sue città. Nel borgo tutto è minimalista, prevalgono i colori tenui, invernali. Domina il freddo, la scintillante acqua del lago. Su questo bacino, tutti i giorni, il postino prende il motoscafo e si reca nella vicina città. Ritira le lettere e ritorna per la consegna. È più di portalettere, è uno di loro, e aiuta tutti con piccole commesse. Osservare il postino percorrere solitario il lago, ci spiega l’isolamento, la solitudine in cui vivono, ma nello stesso tempo possiamo apprezzare la pace della natura, imponente ma mai maligna. È l’uomo a essere ostile, come quando gli rubano il motore al motoscafo. La televisione è l’unico elemento del distante mondo moderno. Presente in tutte le case, sentiamo la sola voce dei programmi. Una delle scene più belle è il montaggio degli interni delle case la sera. I vari personaggi sono mostrati, in alternanza, nella loro lontananza, nel silenzio indulgente della zona. Esiste un unico suono esterno, quello della televisione. Tutti stanno nello stesso momento guardano lo stesso programma, e la voce riempie lo schermo, mentre i diversi abitanti sono presentati per qualche istante mentre aspettano di andare a letto. Nelle case oltre la televisione sono sempre presenti le icone e la vodka; tanta vodka. Troppa. La dipendenza da alcol appartiene a tutti, solo il postino ha smesso da poco. Ha provocato delle disgrazie: “Non ricordo dove stavo andando.” Bere è una necessità. È l’arma con la quale ci si protegge dalla solitudine: “Mi passa solo quando mi ubriaco.” La vita dura, le complicazioni della vodka rendono le donne e gli uomini sgraziati. Non mancano tuttavia le attrazioni fisiche, come l’amore per la ex compagna di scuola, ritornata con il figlio nel paese natio. Perfino la parte sessuale si accende nella pellicola. Il regista non nasconde la masturbazione della donna mentre l’amico la sbircia di nascosto con voluttà. Altre due momenti caratterizzano la storia. Il rapporto paterno fra il postino e il figlio dell’amica, un vivace bambino “Il fumo uccide. Non fa niente” senza coetanei con cui giocare. Se quel mondo è pesante per gli adulti, per i bambini lo è ancora di più. Bellissima e umana è la scena di quando sono a pescare e il ragazzino inizia un pianto commovente per la paura. Altro momento è la nostalgia. Il postino ricorda il tempo andato. È l’epoca dell’URSS, coincidente con la sua giovinezza, e con una comunità più vigorosa e attiva. Egli entra nelle vecchie case abbandonate, dove ci si radunava, cammina con malinconia e rimpianto mentre l’inno della Russia è la colonna sonora della scena. La conclusione è d’obbligo. Nonostante le difficoltà, la città è inadeguata per loro. La giornata si ripete immancabile, a volte le relazioni fra loro sono problematiche, però loro rappresentano l’unico mondo, il solo mondo possibile. La regia è lucida, integrata con il territorio e l’umanità dei personaggi. Interviene pochissimo, come egli afferma, lascia che il mondo proceda con le sue leggi. Egli si limita con abilità a collocare la camera, come nella scena in cui la posiziona a livello del pavimento, ovvero nelle surreali apparizioni del gatto. Usa un manierismo di classe come nelle riprese degli insetti, degli animali, nell’ascolto del vento e soprattutto del silenzio. Ci consegna pure degli elementi ironici. Un uomo eternamente arrabbiato, il quale lancia minaccia spropositate e vuote: “oggi ammazzo qualcuno.” Ovvero la divertente citazione della storica pellicola Un uomo, una donna di Claude Lelouch. Alcuni residenti parlano del film, trasmesso alla sera in televisione: “un altro film porno.” Il finale è il simbolismo di due mondi opposti, contrastati. Uno uscirà inesorabilmente sconfitto ma perdere non vuol dire non essere nel giusto. Tutti gli abitanti sono insieme, stanno chiacchierando, convivono fra loro in un momento di calma e sullo sfondo osserviamo il segno del rinato prestigio russo: il missile spaziale è lanciato nello stesso momento dalla vicina base aerea per la conquista dello spazio. Un mondo passato e uno futuro.