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Shuiyin Jie - Trap Street
Anno: 2013
Regista: Vivian Qu;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Cina;
Data inserimento nel database: 27-09-2013


“Devi essere il mio angelo custode.” Da Hong Kong arriva un grande fratello versione cinese. È la regista Vivian Qu a raccontarcelo in Shuiyin Jie - Trap Street. Il giovane Li studia topografia, si diverte a creare la sua mappa della città. Lavora pure in una società d’installazione di telecamere satellitari e per loro svolge un’altra mappatura. In un incrocio incontra una bella ragazza. Esso s’infatua, e la aspetta nello stesso posto molte volte. Essa lavora in un laboratorio nella stessa via: vicolo della foresta! Nei confronti del ragazzo appare molto titubante, è interessata ma qualcosa la spaventa. Li si accorge dell’inesistenza di vicolo della foresta nelle mappe cittadine. È una via fantasma. Ha chiaramente scoperto un evento strano e inquietante e per Li inizieranno tanti guai e problemi. È un film cinese riflessivo, pensieroso, angosciante, perché Li si ritrova prigioniero di un’assurda società segreta, dalla quale si trova invischiato fisicamente. Hong Kong compare colorata, gentile, allegra, ci sono tanti campi lunghi, spettrali inquadrature agli angoli della strada. Li è rinchiuso metaforicamente da linee delle vie, dei muri, dei palazzi. È una Cina moderna dove i ragazzi passano il tempo con i video giochi ma poi appare un livello superiore misterioso, legato al partito. Certo alla regista gli ci vuole un po’ di tempo per spostare la camera, la lentezza è ingigantita, però il film conquista un ritmo con il rapimento del ragazzo. Ma per la toponomastica la calma è un essenziale pregio. La pellicola è interessante, acconsente a una globalizzazione del controllo umano e apprendiamo quanto possiamo essere minuscoli.