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Crocevia per l'inferno - Normal life
Anno: 1996
Regista: John McNaughton;
Autore Recensione: l.a.
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 06-03-1998


Normal Life (Crocevia Per L'inferno), di John McNaughton. Sceneggiatura, P. Haller & B. Schneider. Con L. Perry, A. Judd. Usa, 1996. Dur.: 1h e 48'.

La quotidianità secondo John McNaughton

CROCEVIA PER L'INFERNO

John McNaughton realizza il suo primo lungometraggio nell'86 "Henry: Portrait of a Serial Killer"; il film viene distribuito solo nel 1990; in Italia appare sugli schermi nel 1992 con il titolo "Henry - Pioggia di Sangue". Con un taglio semi-documentaristico ed uno sguardo lucido che non cede a compromessi con spettacolarismi ed estetizzazioni, delinea il ritratto di un serial killer ispirato alla figura (reale) di Henry Lee Lucas: grande apprezzamento della critica, immediatamente cult per l'esiguo pubblico che è riuscito a vederlo nelle poche sale in cui viene distribuito a singhiozzo. Nel 1991, con un budget altrettanto minimale, McNaughton ritorna sul tema dell'assassinio seriale con "The Borrower" (Il Cacciatore di teste): un alieno che, caduto sulla terra, deve continuamente cambiare testa (umana) per poter sopravvivere è al centro di questa operazione sospesa tra science-fiction, grottesco e splatter, ambientata nei bassifondi e tra i derelitti che la popolano. Nel 1992 il regista è alla sua prima prova con una major: finalmente un budget polposo e un cast altrettanto ricco. Robert De Niro, Bill Murray e Uma Thurman vestono rispettivamente i panni de "Lo Sbirro, il Boss e la Bionda" (Mad Dog and Glory): il primo salva la vita al secondo ed ottiene come dono una settimana con la "donna del boss", la Bionda. Le conseguenti complicazioni sentimentali sono al centro di questa (black-)comedy con la quale McNaughton si allontana dagli scenari di violenza e follia che erano al centro delle due opere precedenti. Il regista, il box-office ed il consenso viaggiano comunque separati. E McNaughton si trova nuovamente con fondi ridotti all'osso ed un'altro soggetto "inspired by a true story" (ispirato a una storia vera) come nel suo film d'esordio: nel 1996 realizza "Normal Life" (Crocevia per l'Inferno). Chi l'ha visto? Credo praticamente nessuno. Testato in alcune "anteprima", circolato in pochi circuiti minori nel periodo estivo, "Crocevia..." è passato direttamente al mercato home-video. Libero dalle pastoie e dai condizionamenti impliciti nei rapporti con le case di produzione maggiori - situazione nella quale, comunque, il regista si è destreggiato bene - McNaughton torna al taglio quasi documentaristico delle prime prove: lo spazio dell'azione è nuovamente la periferia della città; la fotografia è fredda, asettica; il coinvolgimento del regista sembra essere ridotto al minimo; la sensazione che trasmette allo spettatore è di disagio. Un sapore di (triste) verità permea le vicende dei due protagonisti: un poliziotto si innamora perdutamente di una giovane dall'equilibrio instabile; le crisi depressive della ragazza divengono sempre più frequenti, e toccano vertici di disperazione totale quando cerca di combatterle con alcool e pasticche; i problemi economici che già gravano sugli sposini peggiorano in conseguenza dell'assoluta mancanza di senso della realtà della ragazza che indebita se stessa e il marito per una piccola-grande fortuna; lui, intanto, perde il lavoro per eccessivo zelo, lei per i continui ritardi... non resta che procurarsi il denaro con metodi poco ortodossi per tentare una nuova vita, per conquistare la "normalità". Perdizione di uno per amore dell'altra; incapacità di accettare la realtà ed illusione di poter ricostruire un sogno assemblandone i cocci; abbrutimento come autodistruttiva prova d'amore...: un amore che è un gorgo che inghiotte, annulla, asfissia, acceca. Dramma della follia e film di rapina si mescolano senza soluzione in un film nero in cui il senso di ineluttabilità, di tragedia immanente (ed imminente) grava su ogni sequenza, ed emotivamente lascia stremato lo spettatore. Le soluzioni formali sono dettate dagli stati d'animo della ragazza in un sempre più frenetico alternarsi di stati di esaltazione euforica ed entusiastica e di depressione cupa e senza sbocchi: due poli d'attrazione tra i quali i protagonisti vengono sballottati oltre il limite delle forze fisiche e psicologiche. Gli estremi infine si annullano, ricongiungendosi: "né con te, né senza di te", amour fou. Ma McNaughton non cede al semplice melò: come in un effetto di profondità di campo lo sfondo è visibile, a fuoco, decifrabile, quanto lo è ciò che è in primo piano. E da questo sfondo emerge una realtà i cui elementi costitutivi sembrano essere l'alienazione, l'ipocrisia, l'omologazione, la brutalità. Se la protagonista deve trovare un paradiso, o un barlume di felicità, non lo cerca nel piatto scenario di villini a schiera con giardinetto che si distende (troppo) ordinatamente attorno al proprio villino standard, né i modelli risiedono negli interni di quelle mura prefabbricate; se deve ipotizzare un punto di fuga è lontano da questo mondo, in qualche altra galassia, tra le stelle che non smette di scrutare con il proprio telescopio, delle foto delle quali tappezza le pareti di casa. Lo sfondo del dramma dei due protagonisti è solo un sipario dietro al quale (lascia intendere lo sguardo freddo di McNaughton) si celano altre storie simili: troppo ordinato, silenzioso, immobile, lunare, non può che generare paranoie e follia. Il titolo originale "Normal Life", vita normale, è indicativo ed ironico: per McNaughton la normalità, ovvero la realtà più frequente, ha queste caratteristiche: un tragico ed inscindibile melange di violenza e tenerezza, di amore e morte, di confusione e silenzi ed accecanti abbagli ed eco, di passione ed apatia, di depressione ed euforia: una realtà che rispecchia la mente umana. Una realtà fatta dagli uomini, a loro misura ed immagine.