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Bauyr – Little Brother
Anno: 2013
Regista: Serik Aprimov;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Kazakhstan;
Data inserimento nel database: 12-09-2013


“Sai che un debito significa un laccio al collo?” Il Kazakhstan ha degli enormi giacimenti di petrolio. Una ricchezza immensa, un prodotto interno lordo aumentato del 7,5% nel 2011, e del 5% nel 2012. Di fronte una crescita economica elevata, ai margini della società - la popolazione più debole delle città e quella delle campagne – continua a vivere in condizioni antiche, in attesa dell’arrivo degli investimenti nelle periferie del paese. I festival servono a mostrarci tante cinematografie marginali, altrimenti sconosciute. L’espansione del cinema asiatico è avvenuta con questo criterio, lungimiranti direttori di festival lo hanno profuso grandi quantità. A Venezia 2013, nella sezione Orizzonti, è stato presentato Bauyr – Little Brother del regista kazako Serik Aprimov. La pellicola è una sorpresa, perché ci racconta, con tatto, delicatezza, fantasia e ironia la vita di un bambino della campagna kazaka. Yerkin è un ragazzino bello, attivo, sveglio. Va a scuola, contemporaneamente lavora e si prende cura di se stesso e della casa. La madre è morta, il padre è andato a vivere con una nuova famiglia in un paese vicino e il fratello maggiore Aidos studia nella città. È un bambino solo, non sente la presenza della famiglia, perciò passa molto tempo ad aspettare inutilmente la corriera dalla città, nella speranza del ritorno di Aidos. Un giorno il fratello torna e il bambino sente la gioia di una presenza in una vita solitaria: “Ricordati che tutta la tua vita è nelle tue mani.” La storia mantiene un filo di tenerezza e di malinconia uniti a scene immaginarie e surreali. Ci sono tanti richiami alla storia del cinema, alcuni divertenti. Nella scena iniziale, in una classe di bambini, un professore recita una poesia, gli alunni dispettosi, come i ragazzini di tutto il mondo, si tirano palline con delle cerbottane. Una colpisce erroneamente l’insegnante e Yerkin è punito. È mandato dal direttore, ma prima trova il prof di ginnastica, il quale gli affibbia un castigo sotto forma di flessioni. Poi incontra il preside in una sequenza surreale. Sta tranquillamente giocando a biliardo con alcuni amici nel giardino della scuola. Lo punirà pure il direttore. Con entrambi il vivace bambino inizierà uno spiritoso mercanteggiamento sulle punizioni, e le conseguenze sono sempre allegre nonostante il dolore. Ritroviamo il direttore in seguito. Colpito da una strana malattia, il dottore l’ha sistemato sul biliardo con una flebo, non potendolo spostare Yerkin lo aiuta in attesa della moglie. Una sequenza ‘originale’, e inconsueta per la storia, è l’incontro con un carretto colorato guidato da un clown. Pieno di giochi e palloncini sta andando a una festa di un altro paese. È un incontro immaginario, frutto della fantasia del bambino, un tentativo di trovare una distrazione in una vita di abbandono. Un’altra scena rappresentativa accade quando i due fratelli vogliono andare al cinema. Nel villaggio esiste una sala sgangherata, come le nostre di un tempo. Il cinema è aperto ma non inizia a proiettare se non ha almeno sei spettatori. E poiché non c’è nessun altro, il bambino corre a chiedere alle persone se desiderano andare al cinema. È molto nostalgica, un richiamo al linguaggio italiano, ma divertente ed emozionante, anche perché il bambino – riuscito finalmente a dare il via alla proiezione - si addormenta. Ma il film lo aveva già visto altre cinque volte, ma chiede ugualmente al fratello come è finito. Stupito dalla richiesta, il ragazzino sogna un finale diverso. Possiamo conoscere un mondo lontano, inconsueto e ci emozioniamo di fronte alla bontà del bambino, la sua generosità, la smania di essere amato come tutti i ragazzini del mondo: “Non ricordo la mia infanzia.” Cerca l’amore dal fratello, ma anche lui è poco più di un ragazzo. Nella storia non c’è odio, Yerkin – ricoperto da tanti primi piani – riesce a rallegrarci, come nella lotta con una pecora testarda. Il regista non si perde d’animo e ci ricopre dei colori della natura, della scuola, del pagliaccio. Il film finisce con un campo lungo in una strada piena di polvere. Yerkin suona un’armonica, ritornando a casa sempre solo. Invece di spendere i nostri soldi, finanziando dubbi progetti di cinema, sarebbe utile migliorare il sistema distributivo, consentendo nelle nostre città di vedere film lontani, ma di grande sensibilità, come Bauyr – Little Brother. Purtroppo abbiamo un ricatto di cui non ci possiamo liberare in modo normale. I dati sul Kazakhstan sono fonte CIA Central Intelligence Agency Stati Uniti www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/kz.html