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11 settembre 1683
Anno: 2012
Regista: Renzo Martinelli;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 08-08-2013


“Abbracciate la vera fede e pagate il tributo.” Non è difficile intravedere le grandi azioni lobbistiche che guidano la comunicazione mondiale. Le lobby stanno con chi ha i soldi, inventano una main stream di pensiero, concepiscono un fanatico politicamente corretto impedendo a chiunque di elaborare una tesi contraria a causa dell’assedio mentale provocato. In Italia le leggi comandate dalle lobby sono tante, alcune razziste e fasciste al limite del ridicolo. Per questi motivi è difficile elaborare un pensiero conforme e libero, nonostante la connotazione minoritaria di tante politiche dominanti. Alcune menti libere cercano uno spazio con tanti ostacoli. Pensiamo alle difficoltà avute da Oriana Fallaci a esprimere un affrancato pensiero contro le totalizzanti lobby petrolifere. Appartenente al Pantheon delle giornaliste coraggiose e indipendenti fu trattata come una pazza isterica. Oriana Fallaci nel libro La forza della ragione, (Rizzoli International Publications, Inc. New York quinta edizione aprile 2004) racconta l’assedio di Vienna: "Il loro sogno di stabilire lo Stato Islamico d'Europa si sarebbe bloccato soltanto nel 1683 quando il Gran Visir Kara Mustafa mise insieme mezzo milione di soldati, mille cannoni, quarantamila cavalli, ventimila cammelli, ventimila elefanti, ventimila bufali, ventimila muli, ventimila tra vacche e tori, diecimila tra pecore e capre, nonché centomila sacchi di granoturco, cinquantamila sacchi di caffè, un centinaio tra mogli e concubine, e accompagnato da tutta quella roba entrò di nuovo in Austria. Rizzando un immenso accampamento (venticinquemila tende più la sua, munita di struzzi e di fontana) di nuovo mise Vienna sotto assedio. Il fatto è che a quel tempo gli europei erano più intelligenti di quanto lo siano oggi, ed esclusi i francesi del Re Sole … tutti corsero a difendere la città considerata il baluardo del Cristianesimo. Tutti. Inglesi, spagnoli, tedeschi, ucraini, polacchi, genovesi, veneziani, toscani, piemontesi, papalini. Il 12 settembre riportarono la straordinaria vittoria che costrinse Kara Mustafa a fuggire abbandonando anche i cammelli, gli elefanti, le mogli, le concubine sgozzate, e …" (Pag. 50) Renzo Martinelli gioca sulle date, rispetto a quanto scritto dalla Fallaci c’è un giorno di differenza, perché l’11 iniziò la battaglia, alquanto rapida perché finì il 12. Il film 11 settembre 1683 compie un parallelismo fra la fine dell’assedio di Vienna del fortissimo esercito ottomano del Sultano, guidato dal Gran Visir Kara Mustafa, e i noti avvenimenti accaduti l’11 settembre 2001 a New York. La similitudine è evidente e non è solo pubblicitaria. La pellicola uscita nelle sale è una parte di quella più estesa di 200 minuti. Raccontare un accadimento del genere avrebbe richiesto più tempo e più denaro. La produzione è limitata e forse adatta più a fiction televisiva. Martinelli non si nasconde, la partecipazione è diretta e per nulla celata, le simpatie prevaricano al racconto. Il frate Marco d'Aviano è un religioso con un grande seguito. Tantissimi frequentano le sue apparizioni pubbliche poiché lo credono capace di compiere dei miracoli. In realtà rifugge da queste attenzioni. Il personaggio di Marco è alternato con il Gran Visir cui tanti anni prima aveva salvato la vita. Il musulmano è rappresentato in una vasca da bagno lavato da tante bellissime donne. Arriva la prima moglie la quale osserva indifferente: il pensiero del regista è evidente i musulmani sono tutti degli infedeli e trattano le donne come oggetto. Il Gran Visir vive in una falsa Istanbul, descritta con pochezza, e con intento denigratorio. Con uno stacco si arriva a Venezia, all’epoca una potenza economica e militare. Al suo interno gli interessi commerciali prevalgono perciò cristiani ebrei musulmani riescono a convivere: “È la prova che possiamo vivere insieme.” Il seguito è storia. Il regista predilige un tono soft, ambienti scuri, luce di candele, fonti dirette al viso. È il suo modo per predisporre un adattamento storico. Sceglie il primo piano forzatamente, perché con esso nasconde le pecche scenografiche. Poiché non è in grado di organizzare una costruzione spettacolare delle battaglie e dell’assedio, perciò costringe i personaggi in lunghe chiacchiere, fino a essere troppe e ridondanti. Così è esagerata, ad esempio, la scena di una notte a Santa Sofia, con un imam cieco e tantissime luci di candele. Troppo formalismo. Il pensiero storico e culturale di Martinelli è certo, influenzato da un tono populista e disarmonico. Abbiamo il frate Marco timido e riluttante allo sfarzo della corte di Vienna. Rifiuta l’invito a cena del re, e accetta appena un po’ di pane. Il regista opprime l’imperatore austriaco facendogli indossare parrucca e baffi, caricando la sua immagine in contrasto con quella povera e ingenua del frate, il quale però appare esagerata e dalla recitazione drammatica e tesa: “Io sono un povero frate ignorante.” “Io mi sento a disagio nelle corte principesche.” Da Vienna si passa al fronte turco. Il Gran Visir recita sentenze come in un libro di Cohelo: “Solo le donne e gli eunuchi piangono.” Per sopperire avrebbe bisogno d’immagini di grande respiro, non avendo la possibilità s’inventa inquadrature a volo di uccello su dei modellini. Ma non è solo una mancanza di produzione. C’è una difficoltà di racconto e di linguaggio: la storia si spezza come un’incompiuta. Anche se ci fosse stata quell’ora mancante, la sceneggiatura e la cifra stilistica, con il difetto di mancanza di anelito emotivo avrebbero limitato comunque il pathos. Non bastano le frasi a effetto: “Abdul è un musulmano” o “Abdul è un uomo”. E un finale simbolico, mentre il figlio del Gran Visir, sotto la neve, esce dalla scena, sullo sfondo appare una grande croce. La vittoria è dei cristiani.