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Bonsai
Anno: 2011
Regista: Cristián Jiménez;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Cile; Argentina; Portogallo; Francia;
Data inserimento nel database: 17-07-2013


“Scrivere è come prendersi cura di un bonsai.” Alla Mostra del Cinema Internazionale di Pesaro è stato presentato Bonsái, un film del 2011 del regista cileno Cristián Jiménez. È una pellicola smaliziata, nella quale si abbandona il realismo politico o quello sociale. Il racconto appartiene a un romanticismo simbolico, a una storia d’amore universale. Il simbolo è il bonsai. Per motivi storici e artistici, ancora molti accomunano il romanticismo con una dose massiccia di naturalismo; ecco l’utilizzo del bonsai come similitudine di amore. L’inizio è bucolico, con una ripresa su delle fronde verdi mentre una voce fuori campo svela il finale. Julio è uno studente universitario, disincantato, un po’ sfigato, ingenuo. Non comprende come affrontare il mondo. Segue le lezioni di letteratura, alla domanda del professore su chi abbia letto Proust, all’unisono le mani degli studenti si alzano. Solo la mano di Julio è traballante e si solleverà con un momento di ritardo, imbeccandoci una spudorata bugia. La scena successiva il regista ci presenta il carattere del personaggio in maniera divertente e completa. Julio si procura un libro di Proust e lo porta in spiaggia per leggerlo. Resiste per due o tre pagine e poi si addormenta al sole con il volume sul petto. Il risultato è un’abbronzatura totale salvo lo spazio del libro. Descritto poeticamente, c’è tutto il personaggio. Di seguito. Julio incontra, casualmente Emilia, compagna di studi. Tanto appare fesso Julio, tanto scafata vivace matura è Emilia. È evidente la differenza fra i due, l’ingenuità del ragazzo è stratosferica, quando Emilia lo bacia, gli toglie la maglietta e vede l’abbronzatura con il buco di Proust. Stacco temporale. Otto anni dopo. Nonostante Emilia lo abbia lasciato, Julio è ancora innamorato di lei, anche se ha un’altra ragazza. Il tempo non l’ha cambiato. Il regista ha lo stesso registro. Per mostrare la sua semplicità mette una ‘freccia’ per indicarlo mentre pedale in bicicletta. La nuova fidanzata è stralunata: legge un manuale tecnico di qualche marchingegno elettronico come se fosse una poesia. Sono giovani con delle lampanti delusioni. Julio per sfuggire alla realtà s’inventa una collaborazione per la stesura di un romanzo con un importante scrittore cileno. Il romanzo non esiste, o meglio, esiste perché lo scrive lo stesso Julio. L’argomento è una storia d’amore: un suicidio e un bonsai. Le disavventure continuano, e il film acquisisce la sua tematica: un’esaltazione della letteratura, un intreccio cinema e romanzo. Il tema letterario esiste sia per il racconto fintamente scritto da Julio, sia perché, ogni sera, i due ragazzi leggono ad alta voce un romanzo prima di dormire. Accade qualcosa di più profondo, la letteratura diventa parte essenziale della vita. Anzi si trasforma nella vita stessa, anticipando e predicendo gli avvenimenti. Il sesso, i corpi nudi, la lettura in comune, le parole intrecciano realtà e il finto romanzo di Julio. Questa volontà intellettualistica di Cristián Jiménez camuffa la storia insieme al pregnante simbolismo. Alla fine il risultato è troppo pretestuoso, un po’ snob, alza il livello senza riuscire a concludere. Nonostante il tenore troppo mentale abbiamo una storia con personaggi puliti, semplici, stravaganti. La forte differenza crea delle ambasce nella comprensione della storia. Ci sono delle belle scene, girate con attenzione indagatrice sui caratteri. Oltre le scene giovanilistiche iniziali, c’è la tensione sociale fra Julio e una ragazzina di ricca famiglia cui impartisce lezioni di latino. Lei ha altro per la mente, gli domanda il solito dubbio sul perché studiare una lingua morta. Ma Julio non ha risposte neppure per lui, tantomeno per la ragazza. Al suo posto pragmaticamente ci riesce la domestica, perché alla domanda della ragazzina di portargli qualcosa di buono e con poche calorie, la cameriera è categorica: “Devi scegliere: buono o caloroso?” Una filosofia della vita chiara e decisa. I dialoghi sono imperniati sulla letteratura ma sottraendo quella parte rimane un tono sostenuto: “Continuo a bere e non riesco a ubriacarmi” replica “Forse perché la birra è analcolica.”