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Come non detto
Anno: 2012
Regista: Ivan Silvestrini;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 01-10-2012


“Adesso sei tu l'uomo di casa.” A volte il nostro peggior nemico che abbiamo siamo noi stessi. Con l’immaginazione ci vediamo come le innocenti streghe di Salem, circondati da persone terribili, mentre stanno per gettarci sul rogo. Invece siamo noi che desidereremmo finire sulla pira, sarebbe il modo per liberarci dei nostri smisurati sensi di colpa. È la storia di Mattia, un ragazzo romano, con un fidanzato spagnolo Eduard. La famiglia di Mattia non è un tipico esempio da mulino bianco. Tutti i membri sono agitati e con un atteggiamento sopra le righe. Altrettanto possiamo dire dei suoi amici. E’ evidente, Mattia agogna di essere normale e per questo non ha mai confessato i propri struggimenti sessuali alla sua pazza famiglia. La conservazione del segreto a tutti i costi è il susseguirsi delle vicende del film. Le complicazioni sono tante e infinite. Il regista Ivan Silvestrini, al suo primo lungometraggio, è bravo. Però non sa resistere. La tentazione è grande e la debolezza smodata, perciò riempie la storia di giochi e lazzi conformisti sulle abitudini degli omosessuali: i rituali motti, scherni, battute alla Il vizietto. La scena girata alla Mucca Assassina ci fa rimpiangere Michel Serrault. Ma quando hanno scritto i dialoghi a cosa pensavano? Poi il regista si rigira su se stesso e altera la realtà. Sicuramente il suo fine è la creazione di una favola sentimentale, perciò getta il suo sguardo cinematografico utilizzando un sentimentalismo diabetico. L’incontro fra Mattia e Eduard è falso e impossibile ma descritto come se fosse un vero incontro romantico. Esalta la situazione con i primi piani dei due protagonisti, scelti per il loro viso pulito e da bravi ragazzi. Se abbandoniamo i due finti ragazzi abbiamo la bella famiglia di Mattia, e sono la porzione migliore della pellicola. Loro sono verosimili: isterici, nevrotici, esagerati. La nonna è un personaggio delizioso, caratteristico. In un’Italia di disoccupati a 83 anni cerca lavoro: “Accetto anche uno stage.” Combatte, lotta per ottenere realizzare il suo folle sogno. Ha un alleato nella sua battaglia: il disinfettante. Lo compra in dosi industriali, lo getta nelle mani di tutti. Silvestrini la utilizza con abilità, alternandola con piacere, per dare un tono soffice. La camera stacca su di lei e la storia emarginata riprende valore. Purtroppo mi ci vorrà del tempo per rimuovere il ricordo della scena dell’arruffato coming out. Costruito con un montaggio disordinato, male interpretato da tutti è il regno della confusione cinematografica. Non so quante volte è stato girato, ma certo qualcosa non quadra. “Perché ti vergogni di te stesso” è il senso del film. Bisogna esaminare se stessi prima di trovarsi dei nemici. Il regista sa tenere la rotta, divertendo e sognando la normalità a tutti i costi.