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Copland Anno: 1997 Regista: James Mangold; Autore Recensione: Andrea Caramanna Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 19-01-1998
Rambo è andato in
pensione e Stallone, cerca di riciclarsi in altri ruoli. Nei
panni del poliziotto tontolone Freddy Heflin, ciccione,
perdutamente innamorato della donna che ha salvato
dall'annegamento e per la quale ha perso anche l'udito di un
orecchio, si aggira tra le strade di Garrison, New Jersey,
con aria da cane bastonato. Le sue frustrazioni lo
guideranno alla riscossa finale, la fine dell'utopia di una
comunità abitata da poliziotti, nella quale l'ordine
pubblico e la giustizia sono tutt'altro che garantiti.
Il giovane regista Mangold dopo il bellissimo "Heavy", ha
smarrito un po' di talento. Sicuramente non sarà
stato facile dirigere tanti blasonati attori. Dall'altra
parte il soggetto del film scoppia di ingredienti il cui
ordinamento, in sede di montaggio, deve aver causato non
pochi problemi. Gli effetti di questo disordine sono
visibili: la trama è sfilacciata, alcuni elementi si
legano poco al tema principale. Il ruolo dell'investigatore
Mo Tilden, interpretato da De Niro, è abbastanza
oscuro, le scene d'azione ammiccano fin troppo a certi
action movie, per cui Stallone in alcune movenze sembra
tornato il muscolare Rambo.
"Copland" ha comunque dei pregi. È un film
dall'andatura sonnambula che eliminando la linearità
del racconto condensa le vicende per farle esplodere
nell'infocato climax finale. L'atmosfera di morbosa
ambiguità, di fatale corruzione, è la parte
migliore del film. Al contrario, i momenti in cui è
suggerito il riscatto morale ad opera dell'eroe Stallone
appaiono debolucci. Quello che manca è
l'approfondimento delle psicologie dei personaggi. Il loro
dolore emerge parzialmente, non coinvolge più di
tanto, rimanendo intrappolato sulla superficie dello
schermo. E non basta un epilogo da western classico, dove
Bene e Male si affrontano in duello in una sparatoria muta
al ralenti, nella sequenza più bella del
film.
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