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The love of Siam - Rak haeng Siam
Anno: 2007
Regista: Chukiat Sakveerakul;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Thailandia;
Data inserimento nel database: 05-04-2012


“Maybe one day you can use a song to say something to someone.” Le sale cinematografiche di Bangkok sono traboccanti di romantici, vivaci, effervescenti adolescenti. Le persone di mezza età o mature sono assenti; loro sono educate ad altri aspetti culturali. I tantissimi giovani tailandesi frequentano i cinema, le strade, le discoteche ma affollano anche i templi buddisti e alcuni pure le scuole e le chiese cristiane. Le pellicole devono raggiungere il gusto, il sentimento, l'orientamento culturale e sociale dei ragazzi. Il target delle pellicole è quello giovanilistico, rappresentando storie di adolescenti. Passione, pulsioni, amori devono essere robusti, intensi; devono essere fulminanti ed efficaci come un calcio di Muay Thai, provocando un sommovimento all’interno del cuore, convivendo con l’ovvia immaturità della gioventù. Le scelte sono complesse, rapportarsi con il mondo per i giovani non è facile. La famiglia, gli amici, gli amori, la scuola, il lavoro dovrebbero essere dei punti fermi nella vita sentimentale. Invece durante l’adolescenza diventano traballanti come durante un terremoto giapponese. Il film The love of Siam (titolo originale Rak haeng Siam) del regista Chukiat Sakveerakul è uscito nel 2007. La pellicola s’impose immediatamente raggiungendo incassi elevati e fenomeni di massa collaterali. La ragione del successo sta nell’aver radunato all’interno tutta la rappresentazione del mondo adolescenziale tailandese. Il genere scelto dal regista è quello di un musical sui generis. Tutto si svolge intorno a una canzone e a una band musicale. Tong e Mew sono due bambini e vivono in un paese. Sono amici, giocano insieme, hanno un profondo sentimento. Mew vive con la nonna, in una casa elegante ma piena di segni del tempo passato. Le pareti sono ricche di fotografie della sua vita, centrini ricamati adornano i mobili e un piano segna il ricordo di un mondo lontano. Il legame fra la nonna e il nipote è simbolicamente rappresentato dall’esecuzione a quattro mani sul pianoforte di casa; le mani sono riprese armonicamente muovendosi all’unisono. Tong è cattolico. Vive con i genitori e la sorella maggiore. Durante un’escursione al nord della Thailandia la sorella – come in un film di Apichatpong Weerasethakul – sparisce nella giungla. Nonostante le ricerche nulla si saprà più di lei. Il tragico avvenimento porta alla disperazione la famiglia. Il padre si sente colpevole di aver autorizzato alla figlia il viaggio e sprofonda nella depressione: piange di fronte alla bottiglia di whisky. I due amici ancora bambini si separano, entrambi si trasferiranno. A questo punto, per segnare la partizione temporale, partono i titoli di testa. Dopo lo stacco i due, oramai adolescenti, studiano e vivono a Bangkok. Un giorno vagando per strada si rincontrano, regalandosi un sorriso celestiale. Riprendono a frequentarsi e il sentimento fra loro ha un cammino, un’evoluzione. Per avere un’efficacia cinematografica l’amicizia, l’amore adolescenziale deve essere contrastato e nello stesso tempo infinito. Il film ha lo svolgimento del musical. Tutto gira intorno ad una canzone. Mew e la sua band cominciano ad avere successo. Sono seguiti da un discografico, il quale è contento della loro musica ma non trova adatti i testi. Il suggerimento per avere una diffusione nazionale è scrivere canzoni d’amore: “It’s only natural for a man of your age to be inspired to write love song.” La reazione dei giovani musicisti è attonita, di sorpresa: perché dovrebbero essere semplice per loro parlare di amore? Eppure il discografico ha ragione. Quando l’amore sembra irraggiungibile, inaspettato può arrivare un cambiamento, può arrivare l’amore e con l’amore la canzone di successo Gun lae gun. Il regista Chukiat Sakveerakul ha studiato presso una scuola cattolica, così come i due attori principali: Mario Maurer (Tong) e Witwisit Hiranyawongkul (Mew). Perciò la pellicola è colma di crocefissi, antichi e moderni, appesi alle pareti, al collo e tante icone cristiane. Il Natale assume un’importanza figurata. La sorella di Tong era attesa a casa per festeggiare la vigilia insieme alla famiglia, invece arriverà la tragica notizia. Anni dopo una ragazza assomigliante è attesa a celebrare il Natale, ma anche lei non si presenterà. Questa sua condizione, avere una cultura cattolica in un paese buddista, gli consente una regia molto delicata nei particolari, perché con la diversità religiosa può esprimersi esaltando il suo essere minoritario. Perciò la storia è ricca di collegamenti e di sfumature. Mai la camera è violenta o furiosa. Tutto è molto leggero, lieve consentendo alla tenerezza, alla dolcezza – che gli spettatori di Bangkok si aspettano – di prevalere e di esprimersi in maniera garbata. Ecco alcuni esempi. La copertina del quaderno della ragazza ha un’immagine del Piccolo Principe. Lo scrittore Antoine de Saint- Exupéry sparì misteriosamente durante un viaggio aereo. Le fotografie appese nella moderna e allegra camera della ragazza dell’innamorata di Mew, si collegano con quelle più antiche della nonna oppure quelle ancora conservate dai i due amici. È una regia dei dettagli, della calma, dell’amore per la propria nazione. La Thailandia è un paese giovane, vivace, passionale, educato: l’amica supplica, s’inginocchia, piange di fronte al negoziante per accontentare l’amico e avere un piccolo pezzo di un pupazzo. Le vie, i centri commerciali della capitale sono il luogo d’incontro dei ragazzi. Bangkok desidera esprimere la sua partecipazione alla vicenda. È generosa l’immensa città. La madre di Tong cerca il figlio sparito da casa dopo un litigio nelle strade e nei locali. Con dieci milioni di abitanti, una vita notturna continua, migliaia e migliaia di locali, bar, discoteche, go go bar è bizzarro cercare chiunque in una notte. Nel finale le storie s’intrecciano. Assistiamo a un crescendo romantico, sempre gestito con pacatezza e con una miriade di dettagli. La solitudine della famiglia, il dolore del padre, l’angoscia della madre “But what choise do I have?”s’incrocia con la passione frustrata del figlio Tong. L’amore arriverà, e con esso anche la canzone: Mew dal palcoscenico canta con il cuore, canta l’amore per l’amico; finalmente ha capito il significato della frase del discografico riguardo all’amore. Con scelta di tempo il regista nel finale si esalta trovando una nuova metafora. Il pupazzo regalato da Tong a Mew quando erano bambini, è senza naso, perso e distrutto durante la consegna. Questa incompletezza è come la loro amicizia: manca qualcosa. Con una rocambolesca supplica, Tong riuscirà a trovare il naso e a consegnarlo all’amico nella notte di Natale (la festa della cristianità ritorna.) Ora il pupazzo è completo e pure i due amici sono completi "I can't be your boyfriend, but that doesn't mean I don't love you." In un film costruito sui minuziosi particolari, studiato in ogni dettaglio appare la gioia di tutto il cast nella sua realizzazione. Al termine i giovani tailandesi applaudono. Loro sono uguali a Tong e Mew, s’identificano, hanno le stesse difficoltà, gli stessi problemi e la stessa voglia di amare.