NearDark - Database di recensioni

NearDark - Database di recensioni

Africa

Godard Tracker


Tutte le
Rubriche

Chi siamo


NearDark
database di recensioni
Parole chiave:

Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!


The Iron Lady
Anno: 2011
Regista: Phyllida Lloyd;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: UK; Francia;
Data inserimento nel database: 06-02-2012


“Sei diventata insopportabile.” Margaret Thatcher fu primo ministro del Regno Unito dal 1979 al 1990. Il suo carattere inflessibile, volitivo e la particolare animosità con cui ha abbattuto i rigidi conformismi del sindacato, ha contribuito a creare un personaggio mitico per alcuni, un demone per altri. Nonostante sia ancora viva, la sua figura ha alimentato sia il cinema sia la letteratura. Nella letteratura ricordo solo La linea della bellezza dello scrittore Alan Hollinghurst. Lo spirito di Margaret Thatcher aleggia in tutto il testo per poi svelarsi una sola volta durante una festa, come la vera protagonista di tutto il libro. Perché la Thatcher è così: uno spirito, libero e ribelle. Fu odiata dalla sinistra di tutto il mondo, per il suo decisionismo, per essere politicamente un seguace di Machiavelli. Ma i suoi nemici erano anche da altre parti. Esecrata pure dal suo partito conservatore: rompeva i classici schemi dell’ottusità reazionaria e tradizionalista. Fracassava i paradigmi due volte: perché donna, circondata da un nugolo di maschi e perché “figlia di un droghiere”, quindi una piccola borghese. Phyllida Lloyd segue un tema molto evoluto nel cinema attuale: la biografia umanizzata di personaggi pubblici e famosi. È il caso ultimo di Clint Eastwood con J. Edgar. Si prende un personaggio popolare e controverso e lo si catapulta nel suo ambiente familiare e sociale. La parte pubblica, collettiva e politica definiscono delle diverse chiavi di lettura dell’uomo o donna; il successo serve per analizzare la crescita psicologica. Se in J. Edgar, Hoover era innamorato e umilmente sottomesso alla madre, Margaret nella sua adolescenza è ripresa con occhi dolci, pieni d’ammirazione, quando osserva il padre – politico locale – parlare di fronte alla platea di sostenitori del partito. Il film si struttura su un tempo presente, quello della Thatcher ammalata e scioccata da una vita passata. Il tempo attuale s’intreccia con i flash back della sua giovinezza e la sua scalata al potere. Elemento conduttore è il marito Denis, morto da tempo. La Thatcher, nella sua solitudine e ai suoi primi approcci di malattia, si confronta ancora con lui. Il marito si trasforma in un clown, mostrandosi in tutta la sua follia. Con questo binario, il linguaggio si perde prevalentemente nella sua accentuazione psicologica. Della passione umana per il padre, il regista concede alcuni primi piani della giovane Margaret, il suo amore per lui rafforza la sua futura personalità. L’ammirazione per il padre è evidente, Margaret afferma: “preferisco la compagnia maschile.” I suoi avversari politici sono i laburisti, ma la pellicola si sofferma all’interno e alle battaglie contro il paludoso partito conservatore. Di nuovo la regista ci concede l’alcune inquadrature forti. Gli snob e vecchi membri del partito vedono di cattivo auspicio – per la loro polverosa aristocrazia – l’arrivo di una donna. E come se non bastasse una donna figlia di un droghiere, un piccolo borghese di provincia. I suoi maschi colleghi politici diventano delle caricature, volti deformati, con ghigni irridenti. Ostentano la loro derisione per una volonterosa donna. Non c’è una tensione politica; una scelta voluta, perché la Thatcher. come J. Edgard Hoover, sono personaggi discussi, disprezzati dalle potenti lobby di pensiero. Tutte le frizioni politiche sono attenuate, viste da lontano. La scelta prevalente è l’introspezione psicologica. Il matrimonio con un uomo innamorato, due figli gemelli. Eppure tutto passa in secondo piano. Quando è eletta in parlamento la regista ci presenta una scena significativa. Poche donne guidavano, ma lei parte con la macchina per raggiungere Londra. Al volante è ripresa superba, altera, insensibile per i due figli che corrono dietro la auto supplicandola di non andare. La scena raccoglie entrambe i due elementi psicologici. La decisione sulla sua vita non è mai messa in dubbio; il marito ed i figli sono importanti, però saranno successivi alla sua volontà di assomigliare al padre. A Londra inizia la sua ascesa brillantissima, azzuffandosi con la vecchia nomenclatura del partito conservatore. La confusione, nell’Inghilterra di quel periodo, è sovrabbondante. La struttura economica è antica, destinata al fallimento per la dominanza di forze reazionarie e classiste, impegnate per salvaguardare uno status quo imperdonabile nella distruzione degli ultimi barlumi di economia Per uscire dalla situazione ci vuole un carattere nuovo e decisivo. La rottura deve essere fondamentale e sterminatrice. Una donna di carattere, piccola borghese ed inconsueta per determinazione è proprio la persona giusta. La sua scelta è definita: essere la leader, e per riuscirci è accompagnata da esperti di comunicazione. Il loro entusiasmo è dimostrato dai loro sforzi per renderla una donna modello, usando anche la gestualità e pronuncia. Si tratta di lavorare una pietra pregiata liberandola dalle sporcizie esteriori. Una volta liberata dalle scorie, la Thatcher appare in tutta la sua bellezza umana. Il filo conduttore continua. La struttura è certa, nonostante il comportamento ridicolo del marito morto. Arriva la apoteosi del successo politico. Guida il governo con risolutezza. Tante le simbologie usate. La sua rivincita contro gli uomini del suo partito, si rivolge a loro come se fossero dei bambini, sgridandoli per degli errori grammaticali. La donna non ha paura di affrontare tanti uomini. La storia finisce. Le dimissioni sono inevitabili. La Thatcher dopo undici anni scende le scale di Downing Street. La donna ha il suo giusto trionfo. La regista la premia con una poderosa Maria Callas – un’altra donna strepitosa - e con tanti petali di rosa gettati ai suoi piedi. Lei è la prima donna, di successo, famosa ma pur sempre una donna. Sulla strada la luce accecante dei flash dei fotografi conclude la sua carriera. Rimane il declino fisico, la malattia, il destino inclemente per una donna volitiva. C’è un collegamento con il corpo sfatto del Hoover morto di Eastwood. E si ritorna alla pagina strappata del suo libro dell’inizio della storia. Il suo nome non esiste più. Inoltre un piccolo accenno alla moralità del politico Thatcher. Il figlio Mark, abita con la moglie ed i figli in Sud Africa. Non si può permettere di venire a trovare la madre perché i biglietti aerei per la famiglia sono troppo costosi. Il film è dominato dalla stupenda bravura della Meryl Streep. Forse troppo brava. Un carattere simile a quella della Thatcher: dominatrice. Alla linearità di pensiero della regista rimane troppo poco, se tutto è risucchiato dall’attrice. Nonostante alcuni difetti dovuti alla volontà di esagerare nella ricerca della perfezione e alla dominazione del tratto psicologico rispetto a quello estetico, il film si gode come un riscatto infinito.