NearDark - Database di recensioni

NearDark - Database di recensioni

Africa

Godard Tracker


Tutte le
Rubriche

Chi siamo


NearDark
database di recensioni
Parole chiave:

Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!


13 assassini - Jûsan-nin no shikaku
Anno: 2010
Regista: Takashi Miike;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Giappone;
Data inserimento nel database: 28-12-2011


“E’ il tremore del guerriero pronto alla battaglia.” Takashi Miike è un vero samurai senza paura. Non si spaventa dei luoghi comuni, delle banalità pseudo culturali, ma come un fiero samurai affronta tutti i tipi e generi di nemici. La sua carriera è traboccante di film, capace di possedere tutte le categorie cinefile in circolazione, arrischiando miscugli incestuosi. Miike ha la passione del cinema, è un fruitore infervorato, un intenditore fanatico. 13 assassini è stato presentato alla Mostra del cinema di Venezia del 2010. Nello stesso anno portò a Venezia anche i due divertenti episodi di Zebraman. Nulla di più diverso e di più efficace, dimostrazione di un innamorato del cinema, eccitato fino all’orgasmo. 13 assassini è un film in costume sull’epopea dei samurai. La storia è torbida come il periodo storico degli Shogun, ma nello stesso tempo semplice e costruttiva. Interpreti; il cattivo Naritsugu, fratello dello Shogun; ed il buono, il samurai Shinzaemon Shimada. Il compito del samurai è ucciderlo perché con la sua crudeltà sta causando problemi all’Impero. Non può agire apertamente, deve compiere il suo dovere muovendosi di nascosto, raccogliendo intorno a sé un gruppo speciale e riservato di samurai. Nel giorno della battaglia, lo scarso gruppo di guerrieri si trova ad affrontare un reparto di duecento selezionati e impavidi soldati di scorta a Naritsugu. La struttura del film si basa su dei periodi classici: 1. La costruzione del gruppo, con persone valenti ma di carattere diverso. 2. La maturità del gruppo e amicizia fra i membri. 3. Il villaggio, la casa che i samurai non hanno, luogo dello scontro. 4. La battaglia, colma di coraggio e di generosi atti di altruismo. 5. La catarsi finale I richiami sono ovvi e assolutamente citati, a partire dai Sette samurai di Kurosawa. La battaglia non ha un significato morale. L’esaltazione della giustizia serve a legittimare la vanagloria dei samurai e il loro desiderio di arricchirsi di un dovere fine a sé stesso. La richiesta di protezione e di giustizia dei contadini del villaggio di Kurosawa, consentono a dei guerrieri consumati ed indeboliti, a ritrovare il senso dell’onore perso negli sfaceli della storia. I contadini sono solo una banale giustificazione per recuperare la loro storia, la loro gloria dissipata. Ma il passato non ritornerà, la leggenda è irrimediabilmente esaurita e questi combattimenti suicidi servono unicamente a loro stessi. Stesso concetto è ricalcato da Miike, anzi affrontato con maggiore ironia per la presenza di Koyata un boscaiolo rozzo, ignorante, ma astuto e furbo combattente, e con una parola genuina capace di tagliare la verità; sarà lui a dare voce alla spietata verità:. Hanbei Kitou: Who are you? You're no samurai. Koyata: So what? Do only samurai matter in this world? I thought samurai would be fun but you bore me. You're useless, even more useless in great numbers. Lord Naritsugu Matsudaira: [stabs him] This man speaks the truth. His reward is my short sword. La prima parte del film si svolge nell’oscurità, all’interno di case giapponesi rischiarate solo da fioche candele, con divisori sottili a rendere ancora più notturno e buio le varie trame di potere intrecciate all’interno. Questa oscurità ha corrispondenza con la crudeltà di Naritsugu; le tenebre della sua mente e del suo nefasto cuore, sono rispecchiate nell’apparizione pietosa della donna deformata, la quale ciondola come una bambola rotta. Il passo successivo della struttura è quella della costruzione del gruppo, con 13 caratteri diversi, alcuni primari, altri secondari, ma tutti solitari ed isolati. Il gruppo si forma intorno all’essenza del dovere, ancora più possente e vigoroso per il sentimento di affrontare una battaglia suicida. Come nei Sette samurai, dopo le prime scaramucce, l’unione e l’amicizia nasce intorno ad un villaggio, perché il villaggio rappresenta la casa, la famiglia, la sicurezza che i samurai non hanno. La seconda parte è solare, chiara, limpida: è quella della battaglia fra i buoni e i cattivi. Gli scontri sono cruenti, micidiali ma anche scaltri. Il tutto ripreso con una velocità notevole, con un gioco di effetti speciali divertente. I tanti soldati di Naritsugu corrono impazziti come formiche spaventate, con un esito quasi comico a causa dei loro Jingasa svolazzanti. La conclusione è un dominio incontrastato del rosso sangue. Il coraggio, l’ardimento, l’eroismo hanno una postura scultorea nel momento della morte, i sentimenti più profondi si esaltano. L’attimo successivo al trapasso è un secondo di pausa, dove come in una Pietà giapponese il samurai è ricordato e compianto. La catarsi finale è il massacro, con un germoglio di vita per il futuro del Giappone, ancora vittima nel secolo successivo di contrasti e carneficine. La via dei samurai è finita. La Katana e la Wakizashi sono deposte definitivamente. Gli eredi di questa stirpe sapranno dominare altre arti; uno di questi samurai post litteram è Takeshi Miike capace di manovrare una camera come un samurai una Katana.