NearDark - Database di recensioni

NearDark - Database di recensioni

Africa

Godard Tracker


Tutte le
Rubriche

Chi siamo


NearDark
database di recensioni
Parole chiave:

Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!


4:44 Last Day on Earth
Anno: 2011
Regista: Abel Ferrara;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: USA ;
Data inserimento nel database: 16-09-2011


“Moriremo tutti. Siamo già morti.” Quale sarebbe la nostra reazione sapendo che alle 4,44 a.m. il mondo scomparirà e tutti gli abitanti della terra moriranno nello stesso istante? Abel Ferrara, regista schizofrenico con apparizioni noir, tenta questa avventura provando ad illustrarci questa fantascientifica reazione. Ambienta la scena in un appartamento in una città degli Stati Uniti, dove una coppia Cisco – uomo maturo – e la sua giovane amante sono in erotica attesa. Hanno una panoramica sul mondo e sulla città, grazie alla televisione e alla visione dal terrazzo del suo palazzo. Nonostante il tema, il film non è angosciante, perché tutto traspare accettato e addirittura quasi aspettato. Ferrara, tra le righe, pronuncia quella antipatica frase: “Io te lo avevo detto …” capace di procurare una orticaria fastidiosissima come poche. Il linguaggio è da video clip: musica, camera mossa, luce allucinante; questi elementi linguistici gli consentono di descrivere una fine, altrimenti impossibile con altri mezzi. Per tutto il film, le relazioni umane sono intrecciate con un senso di colpa dell’uomo in continuo crescendo. L’uomo è colpevole perché non ha ascoltato le cassandre ambientali. Il regista a questo punta: a farci sentire colpevoli. In questo sincretismo pagano, le religioni sono parte integrante. Rappresentativa è la scena dove l’intera inquadratura comprende un Dalai Lama ecologista, intervistato alla televisione, e un primo piano di Willem Dafoe. Durante lo spettacolo si individua la mano e l’occhio visivo di Abel Ferrara, il quale, purtroppo, ricade facilmente ed inevitabilmente in un moralismo da fine del mondo. Il tema è ampliamente sfruttato, non si aggiunge nulla di nuovo. Già in passato futuristi da strapazzo avevano pronosticato la fine del mondo. Nella storia si possono trovare molte presunte scomparse del mondo, basti pensare nel Medioevo all’avvento dell’anno 1000; o ai testi religiosi come l’Apocalisse di San Giovanni, o alle profezie dei testimoni di Geova. L’idea della calamità imminente non giunge nuova; la visione paranoica del regista la aggancia sviluppando ed aggiungendo l’elaborazione del senso di colpa. Il prodotto riesce in parte incompiuto, per la volontà di accrescere incommensurabilmente il senso di colpa, accompagnato da una paranoica analisi religiosa, sinceramente sgradevole per incapacità di prendere posizione.