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Piccolo Buddha - Little Buddha
Anno: 1993
Regista: Bernardo Bertolucci;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Italy; France; Liechtenstein; UK;
Data inserimento nel database: 27-06-2011


“Molto vuota. Molto bella.” Ma come ha fatto Bertolucci a passare dalla sua città di Parma alle montagne dell’Himalaya? I monaci di un monastero tibetano del Bhutan stanno cercando da tempo la reincarnazione del Lama Dorje morto nove anni prima. Poiché gli Stati Uniti devono essere i colonizzatori di ogni cultura; ogni mito, ogni storia, ogni tradizione appartenente anche al mondo più remoto, deve passare attraverso il loro filtro. Ecco: il nuovo Buddha è un ragazzino biondo americano di Seattle. Dalla tranquillità e semplicità del monastero si stacca sulle frenetiche strade americane. Doveva essere un confronto di culture, invece si trasforma unicamente una cannibalizzazione di cultura. La ricerca del Buddha è intramezzata alla storia del Siddharta. Narrata come un western, affidabile come una obbligazione greca, il Siddharta è un Keanu Reeves truccato come appena tornato da un gay pride. Ma non è sufficiente. Perfino nella ricerca del Bhudda ci vuole un po’ di libero mercato, di sana concorrenza. Allora Bertolucci si inventa, non uno ma ben tre nuovi possibili Bhudda, per instaurare una competizione fra loro. Il regista e bravo e il film è incredibile. Il ritmo, dai suoi primi film, è diventato americano, più veloce anche se certi tagli, certe sfumature sono quelle di autore dall’occhio attento. I rituali tibetani sono ben descritti. Il finale è una recitazione del Sutra del Cuore. Al film avrebbe giovato una pratica di vacuità. Invece di creare questo cartone animato avrebbe dovuto tagliare scene e liberare scenografie fino a creare un vuoto di immagine.