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Mine vaganti
Anno: 2010
Regista: Ferzan Ozpetek;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 17-04-2010


“Spuntano come funghi”. Se qualcuno mi chiedesse quale è il film più brutto che ho visto nella mia vita gli risponderei senza nessun dubbio ed esitazione: Cuore Sacro e subito dopo Un giorno perfetto. Ozpetek è un regista limitato, molto stereotipato. Il suo occhio non riesce a spostarsi da casa sua e fa molta fatica ad adeguarsi ad altre culture, con cui non riesce ad interagire. Il suo è un piccolo mondo. Quel suo piccolo mondo se vuole lo sa raccontare bene. Ozpetek ritorna nel suo ambiente, nella sua nicchia, raccontando una storia con tanti personaggi omosessuali. L’omosessualità è diffusa, “spuntano come funghi” declama con delusione e giustificazione l’amante del padre Vincenzo. E’ questo il mondo di Ozpetek. Da qui non esce., fortunatamente. Tutte le volte che ci ha provato è stata una tragedia. Ovviamente non c’è nulla di vero in Mine vaganti. E’ un mondo finto, neppure pura fantasia è solo cliché e snobbismo. Come stereotipato e banale è un po’ tutto il cinema italiano. Mine vaganti è una cartolina, questa volta viene da Lecce e dalla Puglia. Ecco come funziona il meccanismo. Il cinema costa, questo è noto. I film italiani hanno poco pubblico in Italia e zero all’estero. Qualche soldo lo fanno con la televisione, ecco perché tanti personaggi televisivi. Allora arriva un assessore al turismo di una regione italiana che dal fondo spese pubblicitarie gli paga la location. In cambio vuole tante belle immagini, finte e convenzionali della loro terra. Ecco il regista di Mine vaganti: l’assessore al turismo della regione Puglia. Le varie regioni hanno iniziato a farsi concorrenza fra di loro ed i registi a pagare il loro debito girando tanti bei spot pubblicitari. Immagini pulite, bei fondali e scene accompagnate a tutto volume dal solito revival di canzoni italiane. Ecco Mine vaganti è un bel carosello. La trama e tutto il resto conta poco. Anche perché c’è poco. Importante che ci siano tanti omosessuali, ovviamente questa è la base. Poi il suo solito repertorio: cucine, cibo, delle belle e grasse mangiate . La nonna che muore uccidendosi mangiando dolci (non mi si racconti che è una citazione della Grande abbuffata che sarebbe da pubblica fustigazione). Qualche bella immagine c’è, qualche bella scena si trova. Come la posa scenografica, un siparietto tra il teatrale ed il balletto, in cui gli amici gay di Tommaso, appena arrivati, e le tante donne della famiglia si confrontano con un duello di sguardi e silenzi. Purtroppo poi i personaggi però parlano. E come parlano? Con un linguaggio inesistente, irreale e con massime ed aforismi: Luoghi comuni degni di un filosofo fumato. Gli attori sono ovviamente delle comparse, i loro personaggi sono tutti framezzati da cucine e cibo e da un linguaggio finto. Ne viene fuori poco, e anche loro ci mettono poco, salvo Scamarcio che ci mette meno di tutti.