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Sherlock Holmes
Anno: 2009
Regista: Guy Ritchie;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 08-01-2010


“Non sposerebbe mai un dottore che non sa riconoscere un vivo da un morto.” Non è facile il compito di Guy Ritchie, regista con polso fermo, di portare sullo schermo un nuovo Sherlock Holmes. Il sito di imdb ci segnala 223 personaggi diversi a partire dal 1905. Un lavoro molto difficile che gli riesce raccontandoci un personaggio Holmes e Watson liberamente, molto liberamente, tratti dai romanzi di Arthur Conan Doyle. I nostri Sherlock Holmes e Dottor Watson sono però sempre loro. Parossistico Holmes fino all’inverosimile. Inquieto, nevrotico e depresso. Le sue doti deduttive sono al culmine, ma sempre isteriche ed illusorie. Non sbaglia un colpo ma crea intorno a se diffidenza e paura. Il dottor Watson è totalmente diverso. E’ calmo, intelligente, capace, bello con un’affascinante promessa sposa. Ha però il vizio del gioco d’azzardo, un vizio forte. Soprattutto è totalmente soggiogato dall’abilità e dal fascino di Holmes. Partendo da questa premessa e da due grandi attori: Robert Downey Jr. e Jude Law, il film ottiene una potenza ed un’intensità notevoli. Veloce ed ironico. Le immagini corrono da ogni parte. Ci troviamo a vedere delle scene da tutte le posizioni. Le inqudrature a volo d’uccello ci fanno anche conoscere una Londra nera, sporca, cattiva. Il positivismo di Doyle, eroe di una ragione che non ci lascia mai anche nei momenti difficili, è però ridotto ai minimi termini. La ragione non possiede tutta questa sicurezza e i nostri personaggi sono dilaniati da una profonda turbativa interna. Il loro cane è la loro vittima preferita. Ecco che il confronto con il male ed il cattivo è sempre un dilemma. Il male è sconfitto, ma sconfitti sono anche loro per le tante confusioni psicologiche. A volte possiamo trovarli sopra le righe, esagerati, la loro ragione non è una ragione vera. C’è molta fisicità ed abilità manuale, ma anche tanta sorte e tanta incredulità nella casualità con cui si esce dagli eventi. Ecco quindi che il positivismo nel film vola via come il corvo nero che precede sempre la morte. Non vediamo l’ora del sequel per ritornare convinti nell’emozione filmica che ci ha accompagnato per due ore. Vogliamo risentire l’ironia che ha accompagnato il film. Mi sono divertito. Ho sofferto per qualche caduta di stile della sceneggiatura per i troppi accadimenti stile ‘’codice da vinci’’, come i punti dei delitti sulla mappa di Londra. Nulla però è statp tolto al ritmo e alla storia sempre viva.