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Gone Baby Gone
Anno: 2007
Regista: Ben affleck;
Autore Recensione: Fulvio Faggiani
Provenienza: Usa;
Data inserimento nel database: 20-04-2008


GONE BABY GONE è il film che segna l'esordio alla regia di Ben Affleck, attore perennemente stroncato dalla critica e considerato pressoché il bamboccione di Hollywood (mica come l'amico fraterno colto e raffinato e poliedrico Matt Damon!!!). A prescindere dal fatto che, per il sottoscritto, uno che si è trombato Jennifer Lopez e Jennifer Garner merita almeno una óla da stadio, bisogna sottolineare il fatto che il ragazzo ha un futuro promettente dietro la macchina da presa.
Il film è tratto da un romanzo di Dennis Lehane e, proprio per questo, non può non ricordare palesemente Mystic River: la stessa Boston della periferia, lo stesso tema del rapimento(e) dell'infanzia. La cosa sorprendente è che Ben Affleck si comporta alla regia come Clint Eastwood.
Dirige un film perfetto, assolutamente (a)morale in cui la coralità dei personaggi perfetti ruota attorno alla faccia cardine di Casey Affleck (il fratello già killer di Brad Jesse James Pitt), detective del sottobosco delinquenziale alla ricerca di Amanda, la bambina di 4 anni scomparsa da casa. Nessuno è innocente.
Ancor più che nell'ultima prova di Lumet - in cui il delitto e castigo non raggiunge tutti i colpevoli (e a me sta assolutamente sul cazzo che Ethan - bel faccino ma stronzo incapace fottimoglie del fratello - Hawke possa farla franca...) - in Gone Baby Gone lo spettatore è costretto a partecipare attivamente alle scelte morali dei protagonisti: è un continuo richiamo al Do the right thing.
Ma qual è la cosa giusta da fare? è giusto uccidere un uomo? è giusto uccidere un pedofilo? a chi spetta il compito? è giusta la ricerca del benessere dell'altro? e cosa si è disposti a fare per raggiungere lo scopo? Il sistema ha fallito?
Un film che si avvale dei volti significativi di Ed Harris (di cui io tendo a fidarmi sempre meno dopo A history of violence), Morgan Freeman (che - udite! udite! - non è né voce narrante né Dio), Michelle Monaghan (l'anti "pisellami!" di Ben Stiller) e John Ashton (sì sì, proprio il Taggart di Beverly Hills cop) che, seppur con alcune cadute di tono, conducono la storia al suo finale orrendamente banale e geniale.
Un altro film importante in questo 2008, secondo solo a quel capolavoro psichedelico-analitico che è Il Petroliere, e soprattutto una scoperta/conferma: se Sergio Leone diceva di Eastwood che era un attore con due sole espressioni: "con o senza il cappello", c'è ben da sperare per il futuro di Affleck.