Il
sorpasso. Dino
Risi. 1962. ITALIA.
Attori: Vittorio Gassman,
Jean-Louis Trintignant, Catherine Spaak, Claudio Gora, Luciana Angelillo, Luigi
Zerbinati, Franca Polesello, Linda Sini, Mila Stanic, Bruna Simionato
Durata: 104’
Roma. Ferragosto. Bruno Cortona,
in giro con la sua auto Lancia Aurelia sport, irrompe verso mezzogiorno
nell’appartamento di Roberto, studente di giurisprudenza, al quale domanda di
fare una telefonata. Non trovando gli amici con i quali avrebbe dovuto
trascorrere la giornata, chiede al ragazzo di fargli compagnia e questo
accetta. Trascorrono allora quel che resta della mattinata girando con l’auto
di Bruno: prima seguono due tedesche fino ad un cimitero, poi si fermano a
vedere un incidente stradale, poi sostano ad un distributore di benzina e danno
un passaggio ad un contadino, fino a che non decidono di andare a pranzo in
un’osteria. Qui Bruno si fa dare anche una stanza per provarci con la cameriera
e Roberto, sentendosi di troppo, si avvia alla stazione degli autobus per tornare
a Roma. Poiché l’avventura di Bruno con la cameriera è finita prima ancora di
incominciare, l’uomo lo va a riprendere alla stazione e lo accompagna dagli zii
in campagna, dove il ragazzo aveva detto di essere diretto pur di sfuggire al
comportamento eccessivamente “romano” dell’uomo. Giunti a Grosseto Roberto
capisce di come quando era fanciullo le cose fossero diverse da come gli
appaiono ora: tra i suoi parenti infatti si sono consumati tradimenti e
soprattutto questi sono più affettuosi con Bruno che con lui. Ripartono verso
il tramonto e vanno a Castiglioncello, in un night, Il cormorano. Qui Bruno ci
prova con la moglie di un commendatore ma proprio sul più bello scoppia una
rissa che li coinvolge. Roberto si ubriaca e tutti e due vanno da Gianna a tarda
notte, l’ex moglie di Bruno. Poco dopo ritorna a casa anche la figlia Lilli,
fidanzata con un uomo più grande di lei. A notte Bruno prova a risaldare alcune
confidenze con l’ex moglie ma sentendosi rifiutato sveglia Roberto e decide di
andare a dormire in spiaggia. Al mattino, svegliati dalla folla di bagnanti,
ritrovano sia Gianna che Lilli ed il suo uomo. Roberto si fa coraggio e decide
di chiamare Valeria, una ragazza della qual è innamorato e che sa in vacanza a
Viareggio, ma non la rintraccia. Dopo aver trascorso la giornata sul motoscafo
del fidanzato di Lilli, i due decidono di raggiungere Valeria. Roberto è
elettrizzato e chiede a Bruno di spingere sull’acceleratore. Ad una curva però
l’auto sbanda e cade in un burrone. Bruno è salvo, ma per Roberto non si può
far più nulla.
Classico della commedia
all’italiana, intriso di un sapore melanconico e critico di fronte al boom
economico che il paese stava affrontando. L’auto sportiva di Bruno infatti,
oggetto sin dal titolo del film (per una metafora abbastanza semplice) è
un’auto con qualche ammaccatura, una macchina che non ha garanzie, e sulla
quale entrambi accelerano, per scoprire un destino diverso da quello che si
erano immaginati (l’incidente accade proprio sulla strada verso Valeria, il
sogno mai posseduto del giovane Roberto). Costruito sul terreno del confronto,
tra due modelli inconciliabili dell’Italia degli anni Sessanta, quello del
bullo e quello del dotto, dell’uomo aperto e dell’uomo chiuso, adattati ai
personaggi di Bruno, un uomo aggressivo, volgare e ribelle almeno quanto un
ragazzino, e di Roberto, un indeciso (voce fuori campo) all’apparenza maturo
(ma spesso paragonato dal regista a fanciulli che passano sulla scena), il film
allarga il suo sguardo al più ampio panorama di soggetti e caratteristi, tanto
da diventare una delle pellicole più resistenti al fascino dei tempi, proprio
per la capacità mostrata di disegnare personaggi e situazioni ancor oggi, se
vogliamo, moderne. Il senso del progresso (che è anche la metafora del sorpasso)
è affidato dunque al confronto tra questi due modelli, ed il regista inserisce
qui la propria visione, con il tragico finale in cui ciò che ne poteva essere
del futuro del Paese può apparire simile solo ad una macchina distrutta
appartenuta ad un bullo dallo stile provinciale, ed al quale non rimane altro che
guardare l’auto continuare a distruggersi nella sua caduta verso il basso.
Molto astute alcune riflessioni (come quella sull’infanzia, l’età più bella
perché nessuno se la ricorda) capaci di avere un senso così sottile da essere
percepito solo grazie al difficile finale. È una storia on the road durante la quale i due protagonisti (ma in realtà è su
Bruno che si concentrano gli autori della sceneggiatura, alla partecipò anche
il regista Ettore Scola) incontrano gli oggetti della nuova Italia (la musica,
le sigarette al distributore, i frigoriferi, il traffico, lo spoglio delle
campagne) e attraverso questi si perdono, non si riconoscono più. Non mancano
alcuni confronti tra registi, come nell’episodio in cui i due parlano de L’eclisse (1962) di Michelangelo
Antonioni (che bruno commenta on “Bel
film, io ci ho dormito!”) e soprattutto alcune partecipazioni illustri come
quella del giornalista John Francio Lane (nel ruolo del cugino Alfredo), del
futuro produttore Vittorio Cecchi Gori (ragazzino tra il pubblico durante la
sfida a ping pong tra Bruno e il fidanzato di Lilli). Molto interessanti sono
anche le musiche realizzate da Ritz Ortolani (e che molti anni più in là
scriverà uno dei più grandi contrasti tra immagine e musica del cinema italiano,
Cannibal Holocaust (1979) di Ruggiero
Deodato). La critica all’epoca non apprezzò il finale tragico (considerato
eccessivamente moralista) ma il film ottenne un tale successo di pubblico
(grazie anche ai brani musicali adottati per le scene di ballo, tra i più
popolari dell’epoca) da essere considerato ancora oggi uno dei film simboli
della filmografia italiana. Impagabile l’interpretazione di Vittorio Gassman,
sempre sopra le righe (spesso improvvisando) subentrato ad Alberto Sordi (per
il quale il regista aveva fatto la sua prima scelta) ed al quale carattere
forte (e colpevole, visto l’epilogo) è giustamente messo come contrappeso un
più quieto (e per questo molto valido) Jean-Luis Trintignant, attore che aveva
già lavorato in Italia con Estate
violenta (1959) di Valerio Zurlini. Rivisitazione in chiave contemporanea di
questo film è stata la pellicola Mio
cognato (2002) di Alessandro Piva, con Luigi Lo Cascio e Sergio Rubini.
Bucci Mario
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