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Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda
Anno: 1972
Regista: Mariano Laurenti;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 22-06-2006


La grande guerra

Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda. Mariano Laurenti. 1972. ITALIA.

Attori: Edwige Fenech, Pippo Franco, Karin Schubert, Umberto D'Orsi, Pino Ferrara

Durata: 91’

 

 

Olimpio, milite di ritorno dopo sei mesi dalla guerra, incontra sulla strada verso casa un frate il quale lo blocca dal possedere una contadina, possedendola egli stesso poco dopo. Tornato a casa Olimpio ritrova la sua compagna, Fiamma, la quale, nonostante la cintura di castità impostale dal marito, ha comunque la casa seminata d’amanti. La donna gli domanda di riappacificarsi con il vicino mugnaio, mastro Oderisi, il quale si è appena sposato con la bella Ubalda. Recatosi nel suo podere infatti, Olimpio rimane colpito dalla bellezza della moglie e, poiché Fiamma non gli si concede ancora, lo scalcinato milite si presenta al cospetto di Oderisi nei panni di un pittore famose che, su ordine del duca, è giunto  a casa del mugnaio per ritrarre la moglie nuda. Scoperto dal marito, Olimpio è costretto a fuggire e giunto in un’osteria incontra nuovamente il frate il quale gli suggerisce di inviare a casa di Oderisi un vero pittore di corte. Quando infatti giunge quello vero, Oderisi non gli crede e dopo averlo oltraggiato viene imprigionato. Approfittando della lontananza del marito, Olimpio torna nuovamente alla carica ma viene colpito da uno degli amanti di Ubalda e il suo corpo, creduto morto, viene gettato in un pozzo nero. Dopo aver pagato la sua libertà, Oderisi torna a casa e trovando l’armatura di Olimpio si fa dire la verità dalla moglie. Volendosi vendicare, il mugnaio prova a circuire Fiamma la quale a sua volta è difesa da un altro amante e Oderisi finisce nel pozzo nero. I due uomini decidono di scambiarsi di comune accordo le rispettive mogli. Dopo aver tirato un tranello uno all’altro, consegnando le chiavi sbagliate delle rispettive cinture di castità, i due, dopo che le mogli si sono concesse al frate di passaggio, decidono, all’insaputa uno dell’altro, di sostituire le cinture con delle tagliole. Entrambi i mariti, nel tentativo di possedere uno la moglie dell’altro, rimangono castrati. A messa i due ormai fanno parte di un coro di voci bianche mentre le mogli scambiano sguardi d’intesa con altri uomini, e con il frate.

A parte la struttura narrativa da bassa commedia, da farsa, e la volgarità delle battute, il film ottenne un grosso successo di pubblico (forse proprio per questi motivi) tanto che inaugurò un filone molto prolifico di commedia erotica in costume, definita boccaccesca. All’origine di questo grande successo c’è il percorso iniziato con L’armata Brancaleone (1966) di Mario Monicelli che inventò un nuovo linguaggio del quale subito si impossessarono le pellicole con un profilo più basso e proseguito poi con Il Decameron (1971) di Pier Paolo Pasolini, dal quale questo tipo di pellicole trassero solo l’audacia narrativa. Il film non merita altri approfondimenti oltre appunto quello di aver contribuito all’esplosione del fenomeno più ampio della commedia sexy italiana (il finale per esempio è ripetuto nella medesima maniera in tantissime altre pellicole anche di diverse ambientazioni) e all’aver lanciato definitivamente l’attrice Edwige Fenech (futura produttrice di successo per la televisione ed il cinema). Il regista Mariano Laurenti con questa pellicola ha contribuito, a modo suo, al processo di liberalizzazione dei costumi, sebbene con una lettura più approfondita emergano da questo film punti vista decisamente maschili, in controtendenza ai fenomeni politici e sociali che si erano prodotti nel paese durante lo stesso periodo: sunto della pellicola infatti potrebbe essere che è il possesso a caricare la virtù dell’uomo nella coppia, e che invece la liberazione del corpo femminile dalle regole del dominio, conduce alla castrazione definitiva del maschio, perché troppo legato alla propria gelosia. Nessuno spunto visivo degno di nota, nemmeno la lunga corsa della protagonista, nuda fra i campi in fiore, montata con larghissimo uso del rallenty (tendenza sviluppatasi a macchia d’olio in questo tipo di pellicole). Il personaggio di Fiamma, la biondissima moglie di Olimpio, è interpretato dall’attrice Karin Schubert, spesso impegnata anche in pellicole porno. Costato poco meno di cento milioni, il film incassò dieci volte tanto. Fatto indicativo della corrente politica degli anni Novanta, è che Veltroni (poi sindaco di Roma) elogiò il film, mentre ci si affrettava a realizzarne un remake, operazione effettuata con il tremendo Chiavi in mano (1996) diretto dallo stesso Mariano Laurenti.

 

 

Mario Bucci

        [email protected]