Reazione
a catena (ecologia del delitto). Mario Bava. 1971. ITALIA.
Attori: Claudine Auger, Luigi
Pistilli, Claudio Volonté, Laura Betti, Leopoldo Trieste, Isa Miranda, Giovanni
Nuvoletti
Durata: 84’
La contessa Federica
Donati, anziana donna su una sedia a rotelle, viene uccisa nella sua casa con
un finto il suicidio per impiccagione. L’assassino è il suo compagno Filippo,
che però viene pugnalato alle spalle poco dopo ed il suo corpo buttato fra le
acque della baia. Una settimana dopo l’entomologo Paolo Fossati ne parla ancora
con Simone, il guardiano del luogo, mentre l’architetto Ventura discute al
telefono con un onorevole sulle sorti del posto da destinare a ricco e lussuoso
night club. Due coppie di giovani arrivano nella baia mentre Anna, la moglie
chiromante di Paolo preannuncia altro versamento di sangue. Dei ragazzi tre
provano ad introdursi nella villa mentre una decide di fare il bagno nella
baia. La bionda tedesca scopre un cadavere affiorare dall’acqua e si dà alla
fuga rincorsa da un assassino che, dopo averla raggiunta, la sgozza. Mentre
l’altra coppia amoreggia in una stanza della casa, l’amico viene colpito da una
falce in pieno volto e l’assassino trafigge poco dopo gli amanti con una
lancia. Alberto e Renata, una coppia con figli che vive in una roulotte, si
reca dai Fossati per avere ulteriori dettagli sul testamento lasciato dalla
contessa. Renata è la figlia di Filippo, e scopre che Simone è il figlio
naturale della contessa, nonché l’unico beneficiario del testamento, e che colui
che potrebbe sapere meglio come stanno le cose è proprio l’architetto Ventura.
Questi due infatti, Simone e Ventura, si trovano nella baracca del primo a
discutere e si separano quando vedono i coniugi arrivare. Renata chiede
informazioni del padre a Simone e ne scopre il cadavere emerso dall’acqua.
Mentre Alberto prepara la macchina, Renata va in villa alla ricerca
dell’architetto e scopre in bagno i cadaveri dei quattro ragazzi. Viene
aggredita dall’architetto armato di ascia, ma riesce a ferirlo con delle forbici
ed a fuggire. Al suo ritorno Alberto si accorge di Paolo in fuga dalla casa e
Renata gli dice di inseguirlo poiché si è accorto di quanto accaduto. Alberto
strangola Paolo intento a chiamare la polizia e poco dopo è proprio Renata ad
occuparsi della moglie Anna, uccidendola con un colpo di accetta alla testa. I
due capiscono che l’ultimo ostacolo per impugnare il testamento della contessa
è proprio Simone. Nel frattempo giunge sul posto la segretaria (e amante) di
Ventura la quale, scoperto il suo uomo ferito in terra, va nella baracca a
chiamare Simone. Il ragazzo però, al corrente del fatto che era stata lei a
convincere il padre di Renata ad uccidere sua madre Federica, prova ad
ucciderla ma questa gli confessa che era stato Ventura a dirle di comportarsi a
quel modo. Simonie strangola ugualmente la segretaria ma, una volta fuori dalla
baracca, viene ucciso da Alberto con una lancia nello stomaco. Tornati nella
villa, la coppia viene aggredita dall’architetto, ma al buio, Alberto riesce ad
uccidere l’uomo. Sicuri ormai di avere l’eredità in pugno, Alberto e Renata
fanno ritorno alla roulotte dove però i due figli, per gioco, gli sparano
contro con un fucile. I bambini sono felici di andare in riva al lago.
Se I vampiri (1957) di Riccardo Freda (dove Mario Bava aveva lavorato
come direttore della fotografia, girandone anche il finale) è considerato il
primo film dell’orrore prodotto e girato in Italia, Reazione a catena è sicuramente il primo slasher movie con le
stesse caratteristiche. Spinto da un pretesto ecologista infatti (si tratta in
sostanza di una faida tra chi vorrebbe destinare la baia ad un uso commerciale
e chi vorrebbe preservarne la sua bellezza naturale), Mario Bava costruisce (a dire il vero molto
frettolosamente) una storia che semina cadaveri (ben 11) quasi ogni dieci
minuti e che soprattutto si caratterizza per l’efferatezza degli omicidi,
questa volta portati sullo schermo senza indugio (colpo di falce in pieno volto
del ragazzo). Anticipando dunque un filone che in America farà la fortuna del
mercato home video (primo fra tutti Venerdì
13 (1980) di Sean S. Cunningham) il film gioca molto sull’uso della
soggettiva criminale (che poi diventerà caratteristica di pellicole come Halloween: la notte delle streghe (1978)
di John Carpenter) e sullo scambio di sguardi tra i protagonisti, seminando
indizi che alla fine si risolvono con un “infantile” colpo di fucile. Partendo
da un interessante soggetto di Dardano Sacchetti, la sceneggiatura ne mostra
invece un carattere molto esile, anche per il genere, ma poiché come si è detto
è l’efferatezza degli omicidi ad emergere, non è nella sua struttura narrativa
che vanno cercati gli elementi principali di questo lavoro. Per inserire lo
spettatore in questo contesto altamente allucinato infatti, il regista fa un
sovrabbondante uso di lenti dalla focale larga e distorta, addirittura
incominciando il film con la soggettiva di un insetto. Memorabile è sicuramente
tutta la prima sequenza, con l’omicidio dell’anziana che si risolve in tre
inquadrature (piedi, viso e dettaglio della ruota) montate tra loro con il
giusto dosaggio della tensione (e sulla quale interviene subito il secondo
omicidio). Realizzato con davvero pochi fondi (l’uso della sfocatura per il
montaggio ne è un esempio, laddove potevano essere girate inquadrature di
raccordo) rimane un film importante per lo sviluppo del genere, e come si è
detto non solo in Italia. Come la maggior parte dei lavori del maestro Mario
Bava, anche questo è stato diligentemente scopiazzato e citato: per esempio il
colpo in faccia quando si apre la porta verrà utilizzato per l’omicidio della
veggente di Profondo rosso (1975) di
Dario Argento (anche se Argento ha il buon gusto di farle cadere il colpo sulla
spalla) ma soprattutto nel film americano L’assassino
ti siede accanto (1981) di Steve
Miner (secondo episodio della saga di Jason) che plagia anche la scena della
coppia trafitta a letto da una lancia. Tra i crediti di Reazione a catena, oltre l’ottima interpretazione di Laura Betti nel
ruolo della chiromante Anna, compare il figlio di Mario, Lamberto Bava, come
aiuto regista, Stelvio Cipriani come compositore delle musiche (che sfrutta il
ritmo incalzante delle percussioni per tutte le fughe), Claudio Volontè
(fratello del più solido Gian Maria) nel ruolo di Simone e Leopoldo Trieste (interprete
de I vitelloni (1953) di Federico
Fellini) nel ruolo dell’entomologo Paolo Fossati. Il film uscì in sala con il
divieto ai minori di diciotto anni.
Bucci Mario
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