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La polizia ringrazia
Anno: 1972
Regista: Stefano Vanzina;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Italia; RFT;
Data inserimento nel database: 27-09-2005


La grande guerra

La polizia ringrazia. Stefano Vanzina (Steno). 1972. ITALIA-RFT.

Attori: Enrico Maria Salerno, Mariangela Melato, Mario Adorf, Franco Fabrizi, Cyril Cusack.

Durata: 99’

 

 

Roma. Italia. Il delinquente Bettarini è scagionato contro il parere del commissario Bertone e l’ennesima rapina finita in tragedia sommuove i cittadini e infiamma il dibattito sulla necessità di pene più severe. Bertone ha un parere personale sui metodi utilizzati dalla giustizia italiana e per dimostrarlo organizza per alcuni giornalisti un tour notturno tra la delinquenza. Grazie ad una soffiata i suoi uomini vengono a sapere del ritrovamento della moto utilizzata dai rapinatori, ma scoprono anche che alcuni uomini hanno sequestrato già il ragazzo. Lo ritrovano giustiziato in riva al Tevere. Il commissario intuisce che non si tratta di uno stile malavitoso, soprattutto dopo che quelli uccidono anche Bettarini. Rende pubblica la sua idea ad una conferenza stampa: l’Anonima Anticrimine sta facendo giustizia da sé. Nessuno gli crede tranne l’ex questore Stolfi con il quale il commissario si va spesso a confidare al circolo Fidelitas. La stessa squadra di uomini intanto uccide prostitute ed operai dimostranti, lanciando un più chiaro messaggio circa le loro intenzioni, arrivando infine a minacciare lo stesso commissario. Un’altra soffiata avverte gli uomini della polizia del luogo in cui è nascosto l’altro rapinatore, con una ragazza sequestrata. Accorso con i suoi uomini, il commissario è bloccato dal sostituto procuratore della repubblica Ricciuti che accetta di trattare con il delinquente, consegnandogli un’auto sulla quale fuggire. Il ragazzo, in fuga poi su una motocicletta, si libera della ragazza che muore investita da un’auto della polizia. Intanto Bertone è riuscito a procurarsi alcuni documenti grazie ad una sua amica giornalista, e grazie ai quali scopre di una serie di finanziatori di un giornale di destra che avevano accennato alla pena di morte. Il delinquente della rapina, convinto di finire nelle mani di quelli, chiede di costituirsi ma solo nelle mani del commissario. Una volta trovato il rapinatore, sono affiancati dalle auto dell’Anonima, ma riescono a fuggire nascosti in una fattoria. Il commissario consegna il delinquente a Ricciuti ed anche le sue dimissioni per il giorno dopo. Va nel circolo di ex poliziotti dove s’incontrava con il suo confidente e lo dichiara in arresto, svelando il complotto politico ordito da lui e da facoltosi finanziatori fascistoidi. È ucciso ed il suo cadavere viene fatto trovare vicino al fiume. Ricciuti, nonostante il consiglio di un cardinale, decide di mettere in relazione la morte del commissario con l’Anonima e convoca l’ex questore il giorno dopo per un interrogatorio.

È difficile collocare questa pellicola di Steno nella consueta classificazione dei generi. Sebbene abbia risvolti assolutamente drammatici, infatti, essa è strutturata soprattutto sugli elementi del poliziesco (avendo un commissario come protagonista), dei film complottisti, ed elementi del cinema di denuncia alla Rosi, Damiani e Petri (accenno all’omicidio Pinelli, agli effetti della legge Merlin, la posizione negativa rispetto all’amnistia, l’uso del personaggio della giornalista) che contribuiscono alle definizione di un film torbido, politicamente in bilico sull’intero filone dei film poliziotteschi, dei quali in un certo senso è anche precursore. Al regista interessa però svelare la natura destrorsa della giustizia straordinaria, affidandosi ad un personaggio scomodo, un poliziotto borbonico, rude, ambiguo e ben retto da Enrico Maria Salerno. Alcune scelte o citazioni, elevano comunque la pellicola tra le sue simili, come quella di evitare scene di sesso fini a se stesse (la ragazza è fatta spogliare solo a fine narrativo, per non farla cioè fuggire) o di riprendere elementi classici del tema sulla giustizia che ricordano quelli di M - Il mostro di Düsseldorf (1931) di Fritz Lang. È comunque una pellicola coraggiosa, capace di accusare tutte insieme autorità politiche, ecclesiastiche ed economiche. Non da poco, visto il finale, in cui l’ex questore accetta di presentarsi nell’ufficio di Ricciuti, e dove aleggia l’aria d’impossibilità che avvolgerà Robert Redford qualche anno più tardi nel film I tre giorni del Condor (1975) di Sidney Pollack. Anche la scena in cui il commissario Bertone ed il delinquente si rifugiano in campagna ricorda per alcuni momenti quella del finale del più celebre Il braccio violento della legge (1971) di William Friedkin. Fanno un’ottima figura infine i commenti musicali di Stelvio Cipriani. Per come è scritto nei titoli di coda, il film è tratto da un romanzo omonimo pubblicato da Mondadori. Uscito nelle sale firmato con il nome vero del regista, per la prima ed unica volta, incassò un miliardo e settecento milioni di lire. Tra gli interpreti principali doveva comparire anche Lando Buzzanca, che rifiutò [i]. Il regista diresse di nuovo l’attrice Mariangela Melato un paio d’anni dopo in una parodia proprio di questa pellicola, con La poliziotta (1974).

          

 

Bucci Mario

        [email protected]



[i] Marco Giusti. Dizionario dei film italiani Stracult. Sperling e Kupfer.