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Roma. Quattro episodi raccontano l’amore secondo Giovanni Veronesi: l’innamoramento, la
crisi, il tradimento e l’abbandono. Nel primo episodio, nel
quale emerge solo Francesco “Nongiovane” Mandelli, il regista trascina il personaggio di Tommaso
verso l’innamoramento, quasi tirandolo per i capelli, fino ad un abbraccio
notturno dal sapore anni ottanta (commedie scolastiche per intenderci); nel
secondo episodio, gli ex coniugi nella vita Sergio Rubini e Margherita Buy portano sullo schermo la crisi di una coppia che non
riesce più a trovare un modo per comunicare, per ricominciare; nel terzo, la
brava (e strana) coppia Abbrescia-Littizzetto riporta
in scena una lite dal sapore vissuto (nel senso cinematografico de L’ultimo bacio (2000) di Gabriele Muccino) ma con qualche piccola variante (le scritte sui
muri) e poco più; nell’ultimo episodio invece, il sempre sfortunato Carlo
Verdone impasta le mani nella commedia italiana del tradimento (con tanto di
fuga sul balcone) strappando qualche sorriso a chi forse non era riuscito a
farlo prima dell’ultimo episodio. Il ciclo si chiude, Goffredo (Verdone)
come Tommaso (Muccino), e l’amore ritrovato, un happy end al quale Veronesi non rinuncia. Il film in sé non
è così brutto come può apparire dalle mie battute, se non fosse
che il bombardamento mediatico e pubblicitario al
quale siamo stati tutti sottoposti durante il lancio della pellicola, ci ha
fatto sentire presi in giro una volta terminata la visione. Lanciato in sordina
e con meno fanfare, probabilmente il film avrebbe disatteso meno le aspettative. Su tutti la coppiaAbbrescia\Littizzetto, brava lei a rinunciare a tutta la
sua carriera televisiva, finalmente interpretando un ruolo cinematografico, e
bravissimo lui, dotato di una modestia e di una semplicità davvero rare per il
cinema. Musiche di Franco Battiato (tutte covers) contribuiscono a completare il mio parere: un film
che non ha niente di nuovo, che ramazza nel passato
senza aggiungere niente. Strappa qualche sorriso, non si può mentire, ma le
riflessioni cui punta il regista, il manuale d’amore al quale fa riferimento
sin dal titolo, è scontato, superficiale e soprattutto rivolto ad un pubblico
adolescenziale. L’idea sommaria è che si venga presi
in giro.