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Tokyo godfathers – I padrini di Tokyo
Anno: 2003
Regista: Satoshi Kon & Shogo Furuya;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Giappone;
Data inserimento nel database: 25-04-2005


Tokyo godfathers

Tokyo godfathers – I padrini di Tokyo. Satoshi Kon & Shogo Furuya. 2003. GIAPPONE.

Attori: animazione

Durata: 91’

Titolo originale: Tokyo godfathers

 

 

Giappone. Tokyo. Vigilia di Natale. Tre barboni stanno litigando e mentre due di loro, un uomo ed una ragazza, si azzuffano, tra l’immondizia s’alza il pianto di una neonata abbandonata. Preoccupati della sorte della piccola, i tre si mettono in cerca dei genitori che l’hanno abbandonata. Tra sicari ed ambulanze che infrangono vetrine, tra pestaggi fascisti e passati assopiti che riemergono, madri psicolabili e locali per spogliarelliste, i tre barboni riusciranno sia a riportare la bambina ai genitori cui era stata sottratta, sia a ricongiungersi con il proprio passato.

Tokyo godfathers è un esempio di cinema d’animazione che non si accontenta di piacere a se stesso, di godere cioè delle possibilità infinite che il cinema animato è in grado di produrre, ma che invece sapientemente sa finire sul grande schermo con le stesse potenzialità di una qualsiasi pellicola dallo stile narrativo di chiara ispirazione letteraria. Il film diretto da Kon & Furuya, infatti, rapisce, affascina e commuove come una pellicola europea per metà francese (il tema dei barboni e del disagio esistenziale) e per metà diretta da Almodovar (il personaggio omosessuale ed il senso materno), diverte come una pellicola del cinema comico classico (l’inseguimento finale), sorprende come un film di Quentin Tarantino (l’omicidio al ricevimento o l’incidente dell’ambulanza), ammalia come il teatro classico orientale (il sogno di Hana raccontato con le maschere) e gioca, scherza e prende in giro senza offendere il pubblico più esigente ed attento. È una storia di Natale dai canoni capovolti (la famiglia scomposta della società occidentale che si ricompone di fronte alla nascita) ma dagli stessi effetti toccanti e poetici (il raggio di sole che salva la bambina) che non scadono mai nel mieloso. La realizzazione è altissima, niente è lasciato al caso, e la cattiveria che viene sommersa dalla neve continua a serpeggiare fino all’ultimo momento in cui a schiarire le tristi avventure dei tre (quattro con la piccola) è un solo, unico raggio di sole che striminzito cerca i protagonisti tra i gelidi palazzi della capitale. Certo, tutti i nuclei famigliari che si erano sfasciati sembrano ricomporsi, ma il passato tragico di ognuno ha un tale spessore da lasciare ugualmente l’amaro in bocca, quando si pensa ad una società come la nostra (che il Giappone ultra rappresenta) gravida di picchiatori, folli, assassini e indifferenza. Proprio quest’ultimo aspetto è quello che meglio vien fuori da questo film, in cui le persone benestanti passano in fretta sullo schermo diventando a loro volta fondali, massa popolosa sul quale si poggiano le disavventure dei barboni. Crudo e dolce, come pochi film d’animazione riescono ad essere, adatto soprattutto ad un pubblico adulto che non ha solo voglia di divertirsi.

 

 

Bucci Mario

        [email protected]