L’odio.
Mathieu Kassovitz. 1995. FRANCIA.
Attori: Vincent Cassel, Hubert Kounde, Said
Taghmaoui, Karim Balkhadra, Edouard Montoute, François Levantal, Mathieu Kassovitz
Durata: 97’
Titolo
originale: La
haine
Questa è la storia di un uomo che
cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un
piano all’altro il tizio per farsi coraggio ripete “Fino a qui tutto bene…fino a qui tutto bene…” ma il problema non è
la caduta, è l’atterraggio. Una bomba molotov infiamma il pianeta Terra. Parigi.
Said va a casa di Vinz e dopo poco tutti
e due passano a prendere l’amico Hubert. Discutono di rivolte politiche e
pestaggi polizieschi fino a che non sentono alla televisione che un
manifestante, loro amico, è in coma, pestato dalla polizia durante la
manifestazione del giorno prima. Dopo aver preso una
pistola, i tre vanno in ospedale per vedere l’amico ma dove invece si scontrano
con i poliziotti. Said viene arrestato e l’arrivo di
un poliziotto in borghese allontana gli altri due dall’ospedale. Tutti e tre
vanno in questura a prendere Said, fratello di un amico del poliziotto in borghese. Una volta fuori anche Said, i
ragazzi riprendono il loro giro per le strade dei quartieri, fino a che uno
scontro a fuoco con la polizia non dà il via ad una retata. Sfuggiti ai
poliziotti vanno a casa di un cocainomane e ritirare dei soldi che questo deve
a Said. Vinz tira fuori la pistola per il solo gusto
di mostrarla, e quello gli dimostra che non è in grado di usarla. All’uscita
dal palazzo Said e Hubert vengono fermati da alcuni
poliziotti in borghese mentre Vinz riesce a fuggire.
In questura i due sono picchiati come dimostrazione per una giovane recluta. I
tre si rincontrano verso sera alla stazione della metropolitana e vanno ad una lussuosa
festa dove ne escono insultando i partecipanti.
Provano a rubare l’auto di un ubriaco, ma non ci riescono e finiscono la serata
in un centro commerciale che sta chiudendo, dove vedono sui maxi schermi della
morte del loro compagno pestato dalla polizia. Raccolgono un naziskin
per strada e lo massacrano di botte. Al mattino si dividono, Vinz lascia la pistola al più responsabile Hubert ma fatti pochi passi vengono fermati da un poliziotto
che punta la pistola alla testa di Vinz. Gli parte il
colpo e Vinz muore. Hubert gli punta
la sua pistola in faccia, così come risponde il poliziotto. Said chiude
gli occhi. Qualcuno spara. È la storia di una società che cade e che si dice
fino a qui tutto bene….
Dopo aver esordito con il film Metisse (1993) il regista Mathieu
Kassovitz per un certo verso si ripetere per consolidare uno stile che lo possa
far definire dalla critica come lo Spike Lee di Francia, e con questo lavoro
decisamente supera la maggior parte delle opere giovani del regista afroamericano,
perdendosi però proprio da questo momento in poi. Stimolato dal tema delle
differenze, soprattutto culturali, il regista scende fra i sobborghi di una
Parigi rivoltosa ed arrabbiata, alternativa e affascinante ma al tempo stesso
rancorosa e superba, per descrivere una più ampia condizione della società (la
molotov che incendia il mondo) ed alla quale nessuno è più estraneo. Poliziotti
violenti e manifestanti arrabbiati si danno guerra in strada, sui tetti, fra le
case, da un’alba all’altra, mietendo vittime senza nemmeno cercare scuse. Il
destino del mondo è il conflitto sembra voler dire il regista, e quando parla
di conflitto lo descrive come inalienabile dai contrasti sociali (Hubert che
alla fine è costretto ad usare la pistola), quasi necessario, anche se a volte
esso si scaglia contro gli stessi compagni, fratelli. La pietà di Hubert non
serve a nulla perché il manifestante pestato muore e Vinz,
sebbene abbia fatto di tutto per cercare di mettersi nei guai, comunque non merita di morire, almeno non in quella maniera.
L’odio sociale si diffonde nella vita ordinaria intaccando ogni meccanismo, di
modo che anche un buongiorno assume i contorni di una casa dove ci si sgrida
alla minima incomprensione. I protagonisti non parlano, urlano tutto quello che
hanno dentro, s’impettiscono come galli, corrono come lepri, fanno a botte come
oranghi in uno zoo sociale senza gabbie effettive (se non la città stessa, una
gabbia di per sé) ordinato secondo regole capovolte (la polizia dovrebbe
proteggere i manifestanti, ma chi protegge i manifestanti dalla polizia?). Efficace la distribuzione della tensione (Vinz
che gira armato è una miccia pronta ad esplodere in qualsiasi momento) che
termina con un suono, il nero ed il rumore di uno sparo che preannuncia un
omicidio, un’esecuzione, o forse l’ennesimo suicidio cui porta la diffusione
dell’odio. Girato con un interessante bianco e nero ed ottimamente
interpretato da tutti gli attori, per Vincent Cassel (feticcio del regista) è la consacrazione come
attore, peccato invece per il regista (che interpreta il ruolo dello skinhead picchiato) al quale, forse, l’eccessivo successo
di questo film (migliore regia a Cannes) ha reso più difficile tutto il proseguo del suo lavoro.
Bucci Mario
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