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L'odio - La haine
Anno: 1995
Regista: Mathieu Kassovitz;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Francia;
Data inserimento nel database: 02-12-2004


La grande guerra

L’odio. Mathieu Kassovitz. 1995. FRANCIA.

Attori: Vincent Cassel, Hubert Kounde, Said Taghmaoui, Karim Balkhadra, Edouard Montoute, François Levantal, Mathieu Kassovitz

Durata: 97’

Titolo originale: La haine

 

Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro il tizio per farsi coraggio ripete “Fino a qui tutto bene…fino a qui tutto bene…” ma il problema non è la caduta, è l’atterraggio. Una bomba molotov infiamma il pianeta Terra. Parigi. Said va a casa di Vinz e dopo poco tutti e due passano a prendere l’amico Hubert. Discutono di rivolte politiche e pestaggi polizieschi fino a che non sentono alla televisione che un manifestante, loro amico, è in coma, pestato dalla polizia durante la manifestazione del giorno prima. Dopo aver preso una pistola, i tre vanno in ospedale per vedere l’amico ma dove invece si scontrano con i poliziotti. Said viene arrestato e l’arrivo di un poliziotto in borghese allontana gli altri due dall’ospedale. Tutti e tre vanno in questura a prendere Said, fratello di un amico del poliziotto in borghese. Una volta fuori anche Said, i ragazzi riprendono il loro giro per le strade dei quartieri, fino a che uno scontro a fuoco con la polizia non dà il via ad una retata. Sfuggiti ai poliziotti vanno a casa di un cocainomane e ritirare dei soldi che questo deve a Said. Vinz tira fuori la pistola per il solo gusto di mostrarla, e quello gli dimostra che non è in grado di usarla. All’uscita dal palazzo Said e Hubert vengono fermati da alcuni poliziotti in borghese mentre Vinz riesce a fuggire. In questura i due sono picchiati come dimostrazione per una giovane recluta. I tre si rincontrano verso sera alla stazione della metropolitana e vanno ad una lussuosa festa dove ne escono insultando i partecipanti. Provano a rubare l’auto di un ubriaco, ma non ci riescono e finiscono la serata in un centro commerciale che sta chiudendo, dove vedono sui maxi schermi della morte del loro compagno pestato dalla polizia. Raccolgono un naziskin per strada e lo massacrano di botte. Al mattino si dividono, Vinz lascia la pistola al più responsabile Hubert ma fatti pochi passi vengono fermati da un poliziotto che punta la pistola alla testa di Vinz. Gli parte il colpo e Vinz muore. Hubert gli punta la sua pistola in faccia, così come risponde il poliziotto. Said chiude gli occhi. Qualcuno spara. È la storia di una società che cade e che si dice fino a qui tutto bene….

Dopo aver esordito con il film Metisse (1993) il regista Mathieu Kassovitz per un certo verso si ripetere per consolidare uno stile che lo possa far definire dalla critica come lo Spike Lee di Francia, e con questo lavoro decisamente supera la maggior parte delle opere giovani del regista afroamericano, perdendosi però proprio da questo momento in poi. Stimolato dal tema delle differenze, soprattutto culturali, il regista scende fra i sobborghi di una Parigi rivoltosa ed arrabbiata, alternativa e affascinante ma al tempo stesso rancorosa e superba, per descrivere una più ampia condizione della società (la molotov che incendia il mondo) ed alla quale nessuno è più estraneo. Poliziotti violenti e manifestanti arrabbiati si danno guerra in strada, sui tetti, fra le case, da un’alba all’altra, mietendo vittime senza nemmeno cercare scuse. Il destino del mondo è il conflitto sembra voler dire il regista, e quando parla di conflitto lo descrive come inalienabile dai contrasti sociali (Hubert che alla fine è costretto ad usare la pistola), quasi necessario, anche se a volte esso si scaglia contro gli stessi compagni, fratelli. La pietà di Hubert non serve a nulla perché il manifestante pestato muore e Vinz, sebbene abbia fatto di tutto per cercare di mettersi nei guai, comunque non merita di morire, almeno non in quella maniera. L’odio sociale si diffonde nella vita ordinaria intaccando ogni meccanismo, di modo che anche un buongiorno assume i contorni di una casa dove ci si sgrida alla minima incomprensione. I protagonisti non parlano, urlano tutto quello che hanno dentro, s’impettiscono come galli, corrono come lepri, fanno a botte come oranghi in uno zoo sociale senza gabbie effettive (se non la città stessa, una gabbia di per sé) ordinato secondo regole capovolte (la polizia dovrebbe proteggere i manifestanti, ma chi protegge i manifestanti dalla polizia?). Efficace la distribuzione della tensione (Vinz che gira armato è una miccia pronta ad esplodere in qualsiasi momento) che termina con un suono, il nero ed il rumore di uno sparo che preannuncia un omicidio, un’esecuzione, o forse l’ennesimo suicidio cui porta la diffusione dell’odio. Girato con un interessante bianco e nero ed ottimamente interpretato da tutti gli attori, per Vincent Cassel (feticcio del regista) è la consacrazione come attore, peccato invece per il regista (che interpreta il ruolo dello skinhead picchiato) al quale, forse, l’eccessivo successo di questo film (migliore regia a Cannes) ha reso più difficile tutto il proseguo del suo lavoro.

 

 

Bucci Mario

        [email protected]