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Motorpsycho! - Motorpsycho
Anno: 1965
Regista: Russ Meyer;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: U.S.A.;
Data inserimento nel database: 12-11-2004


La grande guerra

Motorpsycho!. Russ Meyer. 1965. USA.

Attori: Haji, Alex Rocco, Stephen Oliver, Holle K. Winters

Durata: 74’

Titolo originale: Motorpsycho

 

 

Stato della California. U.S.A. Un trio di motociclisti aggredisce una coppia in riva ad un fiume. Poco dopo importunano una ragazza ma l’intervento di Curry, il suo uomo, la sottrae alle offese. Il giorno dopo, mentre lui è a curare alcuni cavalli affascinato dalle procaci intenzioni di una bionda, il trio di balordi s’introduce nell’appartamento e violentano la ragazza. Al ritorno a casa Curry trova già la polizia ed un’ambulanza sulla quale la ragazza è stata caricata. Poco dopo una coppia a bordo di una jeep è costretta a fermarsi nel deserto per aver bucato una gomma. A coglierli è il trio di balordi che aggrediscono lui senza motivo e lo sparano involontariamente, uccidendolo. Anche la donna, datasi alla fuga, è sparata. I tre abbandonano le moto e s’impossessano della jeep. A trovare la scena è Curry, che trova la donna ancora viva. I due si mettono in strada con l’auto di Curry e poco dopo ritrovano i tre a bordo della jeep, appena fuggiti dopo aver fatto il pieno all’auto senza pagare. Costretti a ripararsi dietro un albero poiché quelli gli sparano addosso, Curry è morso da un serpente e la donna lo salva succhiando via il veleno dalla gamba. Intanto il gruppo diminuisce perché uno di loro uccide il compagno che aveva deciso di allontanarsi. Trascorsa la notte, durante la quale Curry e la donna si amano, la mattina dopo uno dei due della banda riesce a trovarli e prova ad abusare di lei. La ragazza riesce a difendersi pugnalandolo. Rimessisi in strada trovano il capo, l’ultimo rimasto, in cima ad una collina dalla quale spara con il fucile. Trovata della dinamite, Curry riesce a farlo saltare in aria.

Film di violenza e sensazionalismo (il morso del serpente non è nemmeno ambiguo), il cinema di Russ Meyer si mostra in tutte le sue prospettive, lasciando intendere facili derive a posteriori. Cinema corporeo, fatto di carne e movimenti, di battute rafferme e dialoghi consequenziali, il tutto rappresentato da una buona fotografia in bianco e nero ed un plastico gusto per le inquadrature (Russ Meyer è infatti anche direttore della fotografia), a maggioranza dal basso. Uomini che aggrediscono le donne, che ingaggiano duelli, che ascoltano la radio distrattamente e che cavalcano motociclette nel deserto come fossero fantasmi di vecchi banditi ai tempi del far west. Il cinema di Russ Meyer guarda le derive e gli eccessi dell’America e ricostruisce tutto nel deserto vuoto, abbandonato dai mitici cowboy e popolato da innocui agricoltori e procaci donne. A parte il gusto per la caricatura e per la musica radiofonica, Russ Meyer ricorda a tratti il Monte Hellman del western esistenziale, anche se è davvero difficile marcare una linea di contatto tra i due. Godibile, sicuramente meno strambo e sfilacciato di gran parte dei film che lo seguiranno. Nell’iperbolica rappresentazione della violenza come effetto dell’americanismo, è sicuramente in anticipo rispetto a I Selvaggi (1966) di Roger Corman ed al più grande Arancia meccanica (1971) di Stanley Kubrick (anche se quest’ultimo evita la base di partenza America, sostituita con l’Autorità).

 

 

Bucci Mario

[email protected]