Il
vampiro. Carl
Theodor Dreyer. 1931. FRANCIA-GERMANIA.
Attori: Julien West (Nicolas de
Gunzburg), Henriette Gérard, Jean Hieronimko, Maurice Schutz, Rena Mandel,
Sybille Schmitz, Albert Bras, N. Babanini, Jane Mora
Durata: 83’
Titolo originale: Vampyr ou l'étrange aventure de David Gray
David Gray arriva in una
misteriosa cittadina. Prende una stanza in una piccola locanda ma ben presto si
accorge della presenza di alcune entità misteriose. Un uomo, infatti, s’introduce nella sua stanza di notte e gli
lascia un pacco sul quale scrive di aprirlo solo dopo la sua morte. Attirato da
alcuni strani rumori, David fa un giro attorno alla campagna ed alle
costruzioni che la circondano e scopre una serie di ombre che vivono di vita
propria. Seguendo il suo istinto arriva ad un grosso maniero dove assiste
all’omicidio dell’uomo che la notte era entrato nella sua stanza. Ne approfitta
allora per aprire il pacco che questo gli aveva lasciato e scopre un libro che
parla di una donna, la signora Chopin, Principessa delle tenebre, vampiro che
si nutre del sangue di giovani vittime diffondendo un’epidemia fra gli abitanti
della campagna. Ad aiutarla sono un anziano medico ed un uomo senza una gamba
che usano le figlie dell’uomo ucciso per fornire alla donna il sangue necessario
a sopravvivere. Corso in aiuto di una delle figlie tenuta legata in una stanza,
David vede la propria anima separarsi dal corpo e ritrova, vicino al luogo dove
questa è imprigionata, il suo corpo rinchiuso in una bara. In realtà si tratta
di un incubo. Quando si risveglia nota uno dei domestici che sta profanando una
tomba e gli dà una mano. Assieme uccidono il vampiro trafiggendogli il cuore e
liberando così l’anima dei posseduti. Il medico prova a fuggire ma, rifugiatosi
in un mulino, è sommerso dalla farina che lo soffoca mentre il suo aiutante
muore cadendo dalle scale.
Ispirato al racconto Carmilla
dell’irlandese Joseph Sheridan Le Fanu ed all’aria tetra di altri suoi racconti
racchiusi nella raccolta In the glass darkly, il regista Carl Theodor
Dreyer realizza, dopo il religiosissimo successo del precedente La passione
di Giovanna d’Arco (1928), una delle variazioni più significative ed
interessanti del genere vampiresco. Il film, infatti, inizia e prosegue
per tutta la sua durata come un incubo onirico nel quale il protagonista è da
subito inserito, messo in scena attraverso suggestive rappresentazioni del
maligno e dell’aldilà. Caratterizzato da un maggiore utilizzo degli spazi
aperti, non circoscritto quindi solo agli interni (dove comunque il regista è
perfetto nell’uso narrativo dei movimenti della m.d.p.), il film è tuttora
geniale per intuizioni narrative che lo rendono una tra gli horror più
sofisticati e raffinati mai realizzati. C’è aria del primissimo Bunuel in
questa pellicola, ed è l’aria che la contraddistingue come surreale ed onirica.
Ombre che si staccano dai corpi e vivono di vita propria, reverse movement,
recitazione sospesa degli attori (considerando il fatto che il sonoro era ormai
entrato nell’uso del cinema) e grande impatto delle immagini (la soggettiva di
Gray nella bara, che guarda da sotto lungo tutto il tragitto verso la
sepoltura) sono i pilastri di questo piccolo capolavoro di genere. Fu prodotto
dal barone Nicolas de Gunzburg, in arte Julien West ovvero il protagonista di
questa pellicola. Rispetto all’altro grande capolavoro realizzato sullo stesso
tema, Nosferatu il vampiro (1922) di Friedrich Wilhelm Murnau, siamo
però di fronte ad una scelta diametralmente opposta (e leggenda vuole dettata
da un inconveniente tecnico) che preferisce la luce del giorno (e quindi il
bianco cinematografico) rispetto alle oscurità notturne che caratterizzavano la
pellicola tedesca (con quindi una maggiore presenza di nero in fase di
realizzazione), pur rimanendo nella tradizione fantastica tedesca degli anni
venti, gli anni cioè dell’espressionismo (dal quale movimento però si
discosta moltissimo). Caso tecnico o scelta volontaria, l’effetto è comunque di
novità e dietro questa scelta c’è pur sempre Rudolph Maté, uno dei fotografi
più bravi del periodo. Nonostante il fatto che fu la prima pellicola
sonorizzata realizzata dal regista, fu girata muta e le furono aggiunti solo in
seguito i brevi dialoghi. La scelta fu dettata anche dal fatto che la
produzione aveva deciso di stamparne tre versioni in altrettante lingue:
francese, tedesco e inglese, il cui audio sarebbe stato quindi necessariamente
aggiunto in post-produzione. Fu purtroppo un insuccesso che costrinse il
regista ad una lunga inattività. Una versione originale e completa di questa
pellicola non esiste più e quella che è attualmente in circolazione è stata
ottenuta con le copie incomplete della versione tedesca e quella francese,
assemblate nel 1998 a cura della Stiftung Deutsche Kinemathek e della Cineteca
di Bologna, e riproposta in un’edizione tedesca con l’aggiunta del sottotitolo Der
Traum des Allan Grey [i].
Bucci Mario
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