My name is Tanino. Paolo Virzì.
2003. ITALIA.
Attori: Corrado Fortuna, Rachel
McAdams, Frank Crudele, Mary Long, Beau Starr, Domenico Mignemi, Jessica De
Marco
Durata: 100’
Castelluzzo.
Ragusa. Il giovane Gaetano Ammendola, detto Tanino, ha tanta voglia di cinema,
frequenta un ragazzo dalle idee di sinistra mentre i suoi amici fanno il bagno,
ma si lascia distrarre dalla giovane Sally, una ragazza americana in vacanza
proprio a Catelluzzo. Quando questa ritorna negli Stati Uniti, Tanino decide di
raggiungerla facendole una sorpresa. Ad attenderlo all’aeroporto di Boston c’è
una famiglia d’immigrati di Catelluzzo, la famiglia Li Causi, ma dai quali
Tanino fugge. Giunto a casa di Sally, che scopre fidanzata con un classico
ragazzo americano, Tanino deve affrontare diverse prove e difficoltà prima di
conoscere l’uomo che ha assassinato suo padre quando lui era ancora un
fanciullo, proprio Angelo Maria Li Causi, colui che lo aveva accolto in
America.
Il regista Paolo Virzì è un bravo
mestierante in grado di raccontare storie belline con uno stile chiaro e sempre
omogeneo, che però ha, anche in questa pellicola, il difetto di rimanere sempre
staccato dai fatti e dagli ambienti concreti, reali. Si potrebbe dire che la
differenza tra il cinema di Virzì ed il cinema davvero impegnato è come quella
che scorre tra una fiaba ed una favola, cioè tra un racconto che si serve
d’ambienti irreali (come l’America vista da Virzì) per descrivere un tema (la
formazione del giovane Tanino in questo caso), ed un racconto che invece
sceglie soggetti reali (anche se la fiaba utilizza gli animali, essi
appartengono comunque al mondo reale, e sono rappresentanti dell’animo umano).
Insomma, Virzì mischia le carte, fa finta di scendere fra le strade di
un’America in realtà ancora legata a vecchi prototipi cinematografici
(l’immigrato italiano, la famiglia borghese, il regista underground) e
ripete lo stesso meccanismo narrativo che gli aveva portato il successo con Ovosodo
(1997): prende un ragazzo un po’ instupidito, lo abbandona al mondo ed agli
eventi, lo salva nel finale. Non c’è vera amarezza nei suoi film, ma una
patinata e distante malinconia che da un lato è diventata quasi la firma del
regista, ma dall’altro potrebbe diventare anche un elemento fin troppo
ripetitivo nella sua filmografia, con il rischio di non riuscire mai più a
sorprendere il pubblico. In più, elemento da non sottovalutare, c’è molto
cinema indiretto in questo film (Tanino lo rincorre come sogno e trova il
regista underground Chinawsky a fare il barbone) ma è solo a scopo narrativo e
Virzì non sembra veramente intenzionato a confrontarsi con esso. Il giovane
attore Corrado Fortuna sembra bravo ma è anche aiutato da una sceneggiatura
(del regista con la collaborazione di Francesco Bruni e Francesco Piccolo) che
gioca forse troppo sui mistakes linguistici, e lo mette nella scomoda
condizione di perdere il confronto con Edoardo Gabriellini, più calato nella
parte di Ovosodo, e che dopo quel lavoro si perse immediatamente,
ripetendo lo stesso personaggio nello sciagurato B.B. e il cormorano
(2003) dove firmò anche la regia. Tra i figuranti del film c’è anche l’attore
Luca Cirasola (nel gruppo di baresi con i quali Tanino divide la casa), figlio
del regista pugliese Nico Cirasola. Alcune delle musiche del film sono state
eseguite dal gruppo Snaporaz. Un film leggero per il cinema, per un pubblico
astratto e da salotto.
Bucci Mario
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