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My name is Tanino
Anno: 2003
Regista: Paolo Virzì;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 12-11-2004


La grande guerra

My name is Tanino. Paolo Virzì. 2003. ITALIA.

Attori: Corrado Fortuna, Rachel McAdams, Frank Crudele, Mary Long, Beau Starr, Domenico Mignemi, Jessica De Marco

Durata: 100’

 

               

Castelluzzo. Ragusa. Il giovane Gaetano Ammendola, detto Tanino, ha tanta voglia di cinema, frequenta un ragazzo dalle idee di sinistra mentre i suoi amici fanno il bagno, ma si lascia distrarre dalla giovane Sally, una ragazza americana in vacanza proprio a Catelluzzo. Quando questa ritorna negli Stati Uniti, Tanino decide di raggiungerla facendole una sorpresa. Ad attenderlo all’aeroporto di Boston c’è una famiglia d’immigrati di Catelluzzo, la famiglia Li Causi, ma dai quali Tanino fugge. Giunto a casa di Sally, che scopre fidanzata con un classico ragazzo americano, Tanino deve affrontare diverse prove e difficoltà prima di conoscere l’uomo che ha assassinato suo padre quando lui era ancora un fanciullo, proprio Angelo Maria Li Causi, colui che lo aveva accolto in America.

Il regista Paolo Virzì è un bravo mestierante in grado di raccontare storie belline con uno stile chiaro e sempre omogeneo, che però ha, anche in questa pellicola, il difetto di rimanere sempre staccato dai fatti e dagli ambienti concreti, reali. Si potrebbe dire che la differenza tra il cinema di Virzì ed il cinema davvero impegnato è come quella che scorre tra una fiaba ed una favola, cioè tra un racconto che si serve d’ambienti irreali (come l’America vista da Virzì) per descrivere un tema (la formazione del giovane Tanino in questo caso), ed un racconto che invece sceglie soggetti reali (anche se la fiaba utilizza gli animali, essi appartengono comunque al mondo reale, e sono rappresentanti dell’animo umano). Insomma, Virzì mischia le carte, fa finta di scendere fra le strade di un’America in realtà ancora legata a vecchi prototipi cinematografici (l’immigrato italiano, la famiglia borghese, il regista underground) e ripete lo stesso meccanismo narrativo che gli aveva portato il successo con Ovosodo (1997): prende un ragazzo un po’ instupidito, lo abbandona al mondo ed agli eventi, lo salva nel finale. Non c’è vera amarezza nei suoi film, ma una patinata e distante malinconia che da un lato è diventata quasi la firma del regista, ma dall’altro potrebbe diventare anche un elemento fin troppo ripetitivo nella sua filmografia, con il rischio di non riuscire mai più a sorprendere il pubblico. In più, elemento da non sottovalutare, c’è molto cinema indiretto in questo film (Tanino lo rincorre come sogno e trova il regista underground Chinawsky a fare il barbone) ma è solo a scopo narrativo e Virzì non sembra veramente intenzionato a confrontarsi con esso. Il giovane attore Corrado Fortuna sembra bravo ma è anche aiutato da una sceneggiatura (del regista con la collaborazione di Francesco Bruni e Francesco Piccolo) che gioca forse troppo sui mistakes linguistici, e lo mette nella scomoda condizione di perdere il confronto con Edoardo Gabriellini, più calato nella parte di Ovosodo, e che dopo quel lavoro si perse immediatamente, ripetendo lo stesso personaggio nello sciagurato B.B. e il cormorano (2003) dove firmò anche la regia. Tra i figuranti del film c’è anche l’attore Luca Cirasola (nel gruppo di baresi con i quali Tanino divide la casa), figlio del regista pugliese Nico Cirasola. Alcune delle musiche del film sono state eseguite dal gruppo Snaporaz. Un film leggero per il cinema, per un pubblico astratto e da salotto.  

 

 

Bucci Mario

        [email protected]