Le
mani sulla città. Francesco
Rosi. 1963.
ITALIA.
Attori: Rod Steiger, Salvo
Randone, Marcello Cannavale, Angelo D'Alessandro, Carlo Fermariello
Durata: 105’
Napoli. Italia. In un quartiere popolare, il palazzo in
vico S. Andrea crolla facendo una vittima ed un ferito grave. L’episodio
avviene a pochi mesi dalle elezioni comunali e per l’imprenditore edile Eduardo
Nottola, responsabile dell’azienda costruttrice e assessore nella giunta di
centrodestra, cominciano i problemi. L’opposizione, grazie all’interessamento
del consigliere Da Vita, ottiene che sia istituita una commissione d’inchiesta
per valutarne le responsabilità, ma senza che questa approdi ad una valutazione
politica in merito al conflitto d’interessi. La maggioranza chiede a Nottola di
non ricandidarsi alle elezioni imminenti per non provocare danni al partito.
Nottola decide allora di far costituire il figlio come responsabile
dell’accaduto, in quanto ingegnere dell’azienda, e di schierarsi con un partito
di centro litigando con i colleghi di destra. Una volta ottenuta di nuovo la
maggioranza al Comune però, per interesse di tutti, le cose tornano come prima
e Edoardo Nottola può continuare a costruire palazzi profittando della sua
posizione.
Nel panorama italiano Francesco
Rosi è una di quei registi che si è sempre saputo differenziare per una
produzione improntata sui film denuncia, spesso ascrivibili alla più specifica
schiera di pellicole docu-fiction memori della lezione neorealista. Con
questo film però, sempre attuale nelle sue tematiche viste le costanti
caratteristiche del sistema politico italiano, Rosi contribuisce a raccontare
soprattutto uno spirito opportunistico ed antimoralista che inficia la politica
a tutti i livelli e gradi. Sulla tragedia di un popolo, come quello napoletano
degli anni sessanta, ignorante e soffocato da esigenze concrete di
sopravvivenza, un gruppo di uomini costruisce le proprie fortune e litiga per
la distribuzione di un potere già acquisito. Senza mancare un colpo, Rosi
aggredisce il pubblico fino alle ultime immagini, sulle quali fa scrivere un
insolito monito per una pellicola “I personaggi e i fatti sono immaginari,
ma autentica è la realtà che li produce”. La scena del crollo del palazzo
invece, introdotta da pochi fotogrammi di vita quotidiana popolare sulla quale
si abbatte la tragedia, è una delle realizzazioni meglio riuscite nel nostro
cinema, un’ottima prova di ricostruzione, riuscita soprattutto grazie al
montaggio di Mario Serandei. La sua forza non sembra inferiore a quella di un
treno che entra in sala… Sceneggiato dal regista in collaborazione con Raffaele
La Capria (entrambi autori anche del soggetto) e con Enzo Forcella ed Enzo
Provenzale, ha il suo punto di forza in dialoghi mai banali e scambi serrati di
battute, accuse, interessi, che aiutano il film a mostrare un linguaggio nuovo
rispetto alla normale produzione di pellicole-inchiesta. Il destino di
una città è nelle mani del popolo, vorrebbe gridare il film, ma la vita, così
come il finale scelto da Rosi, dimostrano che è l’interesse di partito (così
come quello personale di potenti e spregiudicati speculatori) ad avere invece
in mano il destino di un popolo. Critica al potere politico ed alle falde dl
sistema democratico italiano che, quando raggiunge una maggioranza contrattata
sulla base degli interessi economici, perde di vista la sua natura per
trasformarsi in un’oligarchia che insabbia legalità e morale politica. Nessuno
escluso da responsabilità oggettive sullo scempio partenopeo: maggioranza ed
opposizione (tutte e due assieme nella corsa elettorale), popolo e chiesa (la
benedizione dell’arcivescovo ai nuovi lavori di Nottola). Fotografia di Gianni
Di Venanzio e musiche del grande Piero Piccioni. La pellicola ottenne
giustamente il Leone d’Oro a Venezia, suscitando ovviamente polemiche nel mondo
politico.
Bucci Mario
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