Umberto
D. Vittorio De Sica. 1952. ITALIA.
Attori: Carlo Battisti, Maria
Pia Casilio, Lina Gennari, Ilena Simova, Elena Rea, Memmo Carotenuto, Lamberto
Maggiorani, Alberto Albani Barbieri
Durata: 89’
Roma. La guerra è finita da pochi anni e gli americani
sono ancora nella capitale. L’anziano Umberto Domenico Ferrari, funzionario per
trent’anni del Ministero dei lavori pubblici, vive con una misera pensione
nella casa di una ricca proprietaria. Suoi unici compagni sono il cane Flaik e
Maria, la serva della casa, giovane campagnola incinta di un militare. La
situazione nella pensione non gira certo a favore dell’anziano poiché è
interesse della padrona proprio quello di sfrattare l’uomo. Un giorno Umberto è
colto dall’influenza e viene ricoverato all’ospedale dove riesce a mettere da
parte qualche soldo risparmiando sul mangiare. Dimesso dall’ospedale torna a
casa dove la situazione con la padrona è peggiorata: i lavori di
ristrutturazione dell’appartamento hanno coinvolto anche la stanza dove viveva
Umberto, ma ciò che più gli preme è Flaik, il cane, che la padrona ha
volutamente fatto scappare via di casa. Umberto si rivolge allora al canile
dove riesce a trovare il piccolo bastardo dagli occhi intelligenti. In
difficoltà economiche, messo alle strette per il pagamento degli arretrati alla
padrona di casa, Umberto prova a chiedere l’elemosina, ma il suo carattere
orgogliosamente umile non riesce a fargli tendere la mano. Incontra qualche
vecchio collega di lavoro, ma dopo il primo rifiuto ad un’esplicita richiesta
d’aiuto, con il secondo collega evita di mostrarsi in difficoltà. Solo,
disperato, l’anziano Umberto medita il suicidio più volte ma la sua
preoccupazione principale rimane Flaik, che vorrebbe piazzare prima in una
pensione per cani, dove decide di non lasciarlo più a causa delle condizioni in
cui questi sono trattati, ed infine, giunto in un parco, prova a regalarlo ad
una bambina, ma senza successo. Stringendo il cane fra le braccia, decide
allora di suicidarsi lasciandosi travolgere da un treno ma il cane, scappato
dalle sue braccia, riesce ad allontanarlo dalle rotaie. Spaventato dal gesto
del suo padrone, anche Fliak sembra deciso ad abbandonarlo, ma alla fine,
proprio il cane, decide di mostrare comprensione nei suoi confronti. I due si
allontanano felici giocando con una pigna.
Sicuramente il miglior film di Vittorio De Sica, costruito
grazie alle ormai strette collaborazioni con Cesare Zavattini (autore del
soggetto e della sceneggiatura) e Graziati. R. Aldo (direttore della
fotografia), tutti e tre tra i principali artefici del neorealismo. Umberto
D. è la storia di una tragedia moderna sull’indifferenza di fronte alla
povertà, alla vecchiaia ed ai sentimenti genuini. Ai bambini ed alle famiglie
di Sciuscià (1946) e Ladri di biciclette (1948) (da molti
considerato ancora il migliore film del regista) subentra, infatti, nella cruda
rappresentazione della realtà italiana del dopoguerra, un anziano uomo capace
di mostrare umiltà e profondità d’animo (occhi che luccicano e chiamano
lacrime) forse mai più raggiunte nel cinema italiano. Inquadrature oggettive,
immobili, che osservano spietatamente una storia di miseria ed umiltà capace,
grazie proprio al suo rigore estetico, di scatenare le iraconde proteste
dell’onorevole democristiano Giulio Andreotti, all’epoca Sottosegretario allo
spettacolo. Derive della vita economica italiana e conseguente indifferenza da
parte di uomini, amici ed istituzioni che voltano le spalle e chiudono gli
occhi di fronte all’abisso sul quale si affaccia il pensionato Umberto, perdonato
solo dal suo cane Flaik. Impagabile a questo proposito l’interpretazione di
Carlo Battisti, glottologo docente dell’Università di Firenze, con questa
pellicola alla sua prima ed unica partecipazione cinematografica. Umberto D.,
un nome che non è nemmeno definito e completo, ma che diventa per il cinema
simbolo straziante di una condizione che senza compromessi s’incammina verso la
solitudine e la morte. Con questa pellicola si conclude il momento più creativo
del binomio Zavattini – De Sica [i]
. Il soggetto steso da Cesare Zavattini iniziava così: Che cosa è un
vecchio? I vecchi puzzano, disse una volta un ragazzo. Io temo che sui vecchi
non la pensino diversamente molti che questa frase crudele non hanno mai detto.
Esagero? Io voglio raccontarvi la storia di un vecchio e mi auguro alla fine
che non direte che l’ho inventata. Si chiama Umberto D. …[ii]
Bucci Mario
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