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Essi vivono - They live
Anno: 1988
Regista: John Carpenter;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: U.S.A.;
Data inserimento nel database: 12-11-2004


La grande guerra

Essi vivono.  John Carpenter. 1988. U.S.A.

Attori: Roddy Piper, Keith David, Meg Foster, Raymond St. Jacques, Peter Jason, Jason Robards III

Durata: 97’

Titolo originale: They live

 

 

Los Angeles. U.S.A.. Un disoccupato e vagabondo arriva in città in cerca di lavoro e lo ottiene come muratore. Sul posto fa la conoscenza di Frank, un altro operaio che lo porta in una baraccopoli dove molti altri disoccupati o precari del lavoro sopravvivono. Qui l’operaio, dopo che una retata della polizia ha distrutto la baraccopoli e ha dato fuoco alla chiesa, scopre un cartone pieno d’occhiali indossati i quali è in grado di vedere un altro mondo davanti ai suoi occhi. Molte delle persone che all’apparenza sembrano normali, infatti, appaiono come sono, alieni, e la maggior parte delle scritte che lo circondano sono in realtà messaggi subliminali che inducono al consumo ed alla sottomissione. L’operaio così ingaggia dapprima una sua battaglia personale fino a quando non riesce a convincere anche Frank a guardare il mondo da dietro le lenti. Entrambi, decisi a capire meglio le cose, sono rintracciati dal vecchio responsabile della baraccopoli ed invitati ad una riunione segreta dove altri cittadini che hanno scoperto dell’esistenza di questi alieni, si stanno organizzando per respingere la loro colonizzazione. L’ennesima retata della polizia distrugge i piani dei ribelli ma grazie ad un particolare orologio in dotazione agli alieni, l’operaio e Frank riescono ad entrare nel sistema principale dove gli alieni s’incontrano, si organizzano e da dove trasmettono il segnale che istupidisce gli umani e li piega al consumo, un’emittente televisiva. Entrambi danno l’assalto all’emittente ma, una volta raggiunto il tetto dove è posizionata l’antenna, sono traditi da Holly, una ragazza che l’operaio aveva conosciuto pochi giorni prima. L’operaio è costretto ad ucciderla ed interrompendo il segnale permette, prima di essere ucciso da altri alieni, di smascherare i colonizzatori con le loro vere apparenze.

Ad un passo dalla caduta del muro di Berlino, ma saturo d’esperienza reaganiana, John Carpenter scrive e dirige forse il suo film più politico, e comunque uno dei più interessanti della sua filmografia. Abbandonate le violenze truculente che avevano caratterizzato la più vicina produzione, il regista sceglie la strada dei fatti mettendo in secondo piano quella degli effetti (sebbene siano davvero convincenti i suoi alieni) ed omaggiando un certo tipo di cinema che grazie alla fantascienza riusciva a parlare del presente e soprattutto della condizione politica ed economica. Capostipite del genere era stato sicuramente L’invasione degli ultracorpi (1956) di Don Siegel, e Carpenter non si discosta molto dal prototipo, ma gli anni sono diversi, e piuttosto che cercare di mettere contro i due principali monumenti dell’economia, il pensiero comunista contro quello capitalista, il regista sceglie la strada più coraggiosa e diretta, quella interna al sistema, la strada del cittadino americano, operaio e vagabondo, che apre gli occhi e critica il modello che lo circonda: un intrigo interplanetario gestito da alieni sfruttatori e umani smaniosi di lusso e ricchezza. Con i giusti dosaggi, quasi si trattasse di vera alchimia, Carpenter riesce a trasformare una pellicola convenzionale in un ridotto manifesto marxista contro il consumo (a tratti brigatista). Purtroppo qualche cedimento della struttura narrativa si avverte forse un po’ troppo spesso (sceneggiatura scritta da Frank Armitage, in realtà pseudonimo dello stesso Carpenter), ma molte idee suppliscono ai difetti maggiori (notevole quella di mostrare i messaggi subliminali nascosti in ogni angolo della nostra vita). Molti invece gli innesti cinematografici per un film che inizia con una scritta su un muro (“Essi vivono” che ricorda un po’ la scritta “Noi siamo ovunque” in Cruising (1980) di William Friedkin) e si apre come Rambo (1982) di Ted Kotcheff, con un uomo solitario che cerca lavoro e si scontra con una realtà sociale dura e respingente, prosegue come Videodrome (1983) di Cronenberg, sulla critica al messaggio televisivo (ma anche come Scanners (1981) con la riunione assaltata dai cattivi) e si muove per il resto del tempo come fosse uno zombie movie alla George A. Romero (al quale sottrae anche il topos del prete) intriso per giunta di moniti dickiani. Nonostante tutto, la pellicola si lascia vedere, non annoia, e conserva ancora qualche fascino (sicuramente non quello degli attori, terribili come quasi sempre è capitato nei film di Carpenter). Punto più alto del film, l’operaio che nel finale punta la pistola contro l’obiettivo della m.d.p. e dice “Ora tocca a voi!”.

 

 

                                                                                                                      Bucci Mario

                                                                                                          [email protected]