Terrore
nello spazio. Mario Bava. 1965. ITALIA-SPAGNA.
Attori: Barry Sullivan, Norma
Bengell, Angel Aranda, Evi Marandi, Massimo Righi
Durata: 90’
In un imprecisato futuro,
due astronavi in spedizione nello spazio sono attirate dal pianeta Aura. Dopo
aver toccato il suolo, l’equipaggio di una di queste è colto da un’aggressività
inconscia che mette uno contro l’altro. L’unico a non avere lo stesso
atteggiamento è il capitano dell’astronave il quale riesce a recuperare gran
parte del suo equipaggio. Raggiungendo l’altra astronave scoprono che i membri
di questa sono tutti morti. I superstiti provvedono a seppellire i loro corpi
mentre si cerca di riparare il reattore dell’astronave per abbandonare il
pianeta, a prima vista disabitato. Il comandante dell’astronave intuisce che
sul suo equipaggio agisce qualcosa non appena c’è un abbassamento della
volontà, durante il sonno dunque è facile che i superstiti siano colti ancora
una volta da atteggiamenti involontari ed aggressivi. Poco dopo, i morti
seppelliti ritornano in vita con l’intenzione di aggredire i superstiti. Sul
pianeta nel frattempo sono trovati i resti di un’altra astronave all’interno
della quale rinvengono scheletri di umanoidi giganti, anche questi
deceduti forse per la stessa aggressività. Dopo aver ispezionato l’astronave
dei giganti, il resto dell’equipaggio ritrova due componenti dell’altra
astronave che erano spariti. Entrambi sono riportati a bordo dell’astronave
sulla quale si lavora per ripartire. In realtà i due superstiti sono posseduti
dagli abitanti del pianeta Aura, esseri senza sostanza che necessitano di corpi
per abbandonare il pianeta, ormai prossimo a diventare per loro invivibile. Con
un estremo gesto eroico il capitano dell’astronave riesce ad impossessarsi del
deviatore di meteore rubato dagli zombi ed a ripartire, ma anche il suo corpo è
ormai sotto la volontà degli alieni. La destinazione che scelgono è il pianeta
Terra.
Forse il primo esempio nel
cinema italiano di zombi spaziali, direttamente ispirato al racconto Una
notte di 21 ore di Renato Pestriniero. Il film, che vide la collaborazione
nella stesura della sceneggiatura anche dello scrittore Alberto Bevilacqua e
del critico Callisto Cosulich, oltre allo stesso regista, affronta al tempo
stesso sia l’idea del contagio e del possesso e gestione della mente (volontà)
che quello più ampio della colonizzazione, alla quale si oppone il comandante
ed i membri dell’astronave. Girato in evidenti ristrettezze economiche, tanto
che per gli scenari il regista dovette riciclare sempre le stesse pietre lunari
sottratte ad un altro set cinematografico [i]
, il film riesce ugualmente ad appassionare per la vivace rappresentazione
scenografica organizzata da Carlo Gentili e per quei movimenti della m.d.p.
(carrelli e piani sequenza) che hanno reso celebre lo stile del regista. La
geniale intuizione di realizzare gli scheletri umanoidi giganti per
rappresentare un’evoluzione del sistema e quindi definire una realtà spaziale
ormai priva di tempo e completamente assorbita nell’idea del futuro (tempo che
manca e quindi corpo che manca), oltre ad essere efficace al contesto narrativo
diventa anche il momento più inquietante della pellicola quando di questi alieni
se ne sente anche la voce registrata su un apparecchio che il comandante della
spedizione aziona inconsapevolmente. Assolutamente terrificante il risveglio
degli zombi, di semplice realizzazione (fumo, cellophane e rallenti) ma
d’altissima efficacia. Terrore nello spazio è anche la prima pellicola
dove il figlio del regista, Lamberto, si applica come aiuto regia. Per pochi
istanti, quando è sollevato il metallico coperchio delle bare, l’immagine sullo
schermo ricorda il monolite nero de 2001: odissea nello spazio (1968) di
Stanley Kubrick. L’idea dello scheletro mostruoso sarà ripresa anche in Alien
(1979) di Ridley Scott [ii].
Recentemente ne è stato realizzato se non un sequel, almeno un plagio, ad opera
di un altro grande maestro del cinema di genere ancora attivissimo negli Stati
Uniti: Fantasmi da Marte (2001) di John Carpenter.
Bucci Mario
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