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Boy's don't Cry Anno: 1999 Regista: Kimberly Peirce; Autore Recensione: Federica Arnolfo Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 01-09-1999
Untitled Document
Boys don't cry
Di Kimberly Pierce
Con Hilary Swank, Chloe Sevigny, Peter Sarsgaard, Brendan Sexton III, Alicia
Garanson
Si può sembrare ciò che non si è. Si può vivere
in un corpo che non si sente come proprio, in una realtà che non ci appartiene,
in un mondo che ci guarda, pronto a giudicare, come un "diverso",
quando l'unico vero desiderio lacerante che ci pervade è "esistere".
Il tema del travestitismo interessa da sempre il cinema (come del resto tutto
ciò che è doppio, che è ambiguo), mondo della (ir)realtà,
della finzione, dove tutto e tutti giocano ad essere qualcun altro, ad interpretare
un ruolo, incarnando ciò che non sono. Teena Brandon incarna ciò
che è: un ragazzo in un corpo di donna. E quel corpo vorrebbe annullare,
mortificare, "costringere", in un rifiuto consapevole di ciò
che sa di non essere, nella speranza forse impossibile di essere visto per ciò
che è dentro, per ciò che sente, e non per ciò che appare
(e che, se possibile, risulta ancora più difficile per una donna, svantaggiata
persino in questo).
Ma è davvero maturo il terzo millennio per accettare la diversità?
Lo sarà mai? L'antropologia ci insegna da sempre che il riconoscimento
dell'altro porta le civiltà ad evolvere, fa compiere passi in avanti
nell'evoluzione della specie. Ma certo guardando questo film così cupo
e pessimista, pensando che racconta con lucidità ed asciuttezza un fatto
di cronaca, assistendo al fallimento di Teena, violata e ferita proprio per
quella parte di sé che non voleva, è difficile essere ottimisti.
Così come forse è difficile non sentirsi un po' sporchi ed un
po' colpevoli tutti, in fondo...
Hilary Swank è bravissima. E' entrata talmente bene e talmente a fondo
nel personaggio da sembrare davvero un uomo. Come si muove, come cammina, come
parla, persino come sorride: lei è un uomo, si percepisce la differenza
solo sapendo e solo facendo estrema attenzione. Ma è poi giusto farlo?
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