Velluto
blu. David Lynch. 1986. USA.
Attori: Kyle MacLachlan,
Isabella Rossellini, Dennis Hopper, Dean Stockwell, Laura Dern, Hope Lange,
Jack Nance, Brad Dourif.
Durata: 120’
Titolo
originale: Blue
Velvet
North Carolina. USA. Lumberton, il posto dove la gente
sa di quanti tronchi è fatto il pasto di un castoro. Il signor Tom Beaumont
è colto da un infarto. Jeffrey, suo figlio, di ritorno dalla visita in ospedale
trova, in un prato, un orecchio umano. Il ragazzo lo porta all’investigatore
Williams. Mosso dalla curiosità, la stessa sera ritorna a casa Williams per
offrire al detective il suo contributo. Conosce Sandy, la figlia, che dice a
Jeffrey di aver ascoltato il padre parlare dell’orecchio e di una donna, la
cantante Dorothy Vallens. La mattina Jeffrey dopo torna da Sandy e le chiede di
aiutarla ad introdursi nell’appartamento di quella. Travestito da
disinfestatore riesce a farsi aprire la porta ed approfittando dell’arrivo di
un uomo in abito giallo, riesce a sottrarle un mazzo di chiavi in cucina. Quella
sera i ragazzi vanno allo Slow Club, il locale dove la donna si esibisce
contando il brano Blue Velvet. A metà canzone decidono di tornare
nell’appartamento di lei, utilizzando le chiavi che Jeffrey ha sottratto. Sandy
lo attende in auto facendo da palo. Poco dopo Dorothy Vallens torna a casa e
Jeffrey non riesce a sentire il richiamo di Sandy. È costretto a nascondersi
nell’armadio da dove vede la cantante svestirsi e ricevere una telefonata che
la sconvolge. A causa di un rumore è scoperto da quella che lo costringe a
denudarsi e a finire con lei sul divano. Sono interrotti dall’arrivo di Frank
Booth. L’uomo la picchia ed abusa di lei, consenziente. Quando se ne va,
Jeffrey esce dall’armadio e la donna chiede anche a lui di picchiarla. Il
ragazzo lascia l’appartamento ma prima di andarsene, sbirciando una fotografia
che quella tiene nascosta sotto il divano, scopre che la donna è sposata e con
un bambino. La mattina dopo Jeffrey racconta le sue impressioni a Sandy:
l’orecchio che ha trovato è del marito della cantante e sia lui che il figlio
sono ostaggi di Frank Booth, un uomo cattivo che abusa della cantante con
questo ricatto. La sera Jeffrey torna a casa di Dorothy e poi la va ad ammirare
al locale dove canta. Qui si accorge della presenza di Frank e decide di
pedinarlo all’uscita dal locale. Il ragazzo scopre dove abita e per un paio di
giorni scatta alcune fotografie. Torna a vedere Sandy per metterla al corrente
su quanto ha scoperto: l’uomo vestito di giallo s’incontra con Frank Booth, e
poi con un altro uomo che sembra collegato all’omicidio di uno spacciatore.
Sandy è preoccupata ma lui, dopo averla baciata, è convinto di andare fino in
fondo. Torna ancora una volta a casa di Dorothy che questa volta riesce a
convincerlo a fare l’amore picchiandola. Quando sta per uscire
dall’appartamento di lei sopraggiunge Frank con tutta la banda. L’uomo porta
Dorothy ed il ragazzo a casa dell’amico Ben, in un ambiguo appartamento dove è
nascosto il figlio della cantante. Dopo averglielo fatto vedere se ne vanno.
Fermi in un parcheggio, Frank vuole possedere Dorothy e Jeffrey lo colpisce.
Frank e la banda lo pestano abbandonandolo sul posto. La mattina dopo Jeffrey
chiama Sandy per riferirle quanto accaduto e quella gli consiglia di raccontare
tutto a suo padre. Jeffrey va a cercarlo nel dipartimento di polizia dove
scopre che l’uomo in giallo è un poliziotto. La sera va direttamente a casa del
detective Williams e gli consegna le fotografie che ha scattato sotto casa di
Frank. Trascorrono un paio di giorni ed il ragazzo torna dai Williams per
uscire con Sandy. Quella sera scopre che il detective è amico dell’uomo vestito
di giallo. I ragazzi vanno a ballare ad una festa e si baciano. All’uscita sono
però inseguiti da Mike, il ragazzo al quale Jeffrey ha soffiato Sandy. Il
ragazzo vuole picchiarlo ma sopraggiunge Dorothy nuda e piena di lividi. Il
ragazzo si reca nel suo appartamento e scopre il cadavere del marito di lei e
dell’uomo vestito di giallo. L’arrivo di Frank costringe ancora una volta
Jeffrey a nascondersi nell’armadio ma quando quello lo scopre e vuole
ucciderlo, è Jeffrey a sparargli in fronte. Il ragazzo si sveglia fuori da casa
propria, chiamato da Sandy. Suo padre si è rimesso dopo l’infarto e Dorothy
riabbraccia suo figlio. Un pettirosso sul davanzale della casa tiene in bocca
uno scarafaggio.
Per molti, non a torto, il miglior film di David Lynch, da
lui anche sceneggiato prima dell’insuccesso di Dune (1984) e prodotto da
De Laurentis. Velluto blu è una canzone [1],
un tessuto liscio che lega un mondo oscuro, a metà strada fra il sogno e
l’incubo. È il lato oscuro delle cose, il masochismo dell’amore di fronte al
suo fascino (l’incubo di Jeffrey dopo il primo incontro con Dorothy “è buio”
+ “picchiami” = nero masochismo), è il cammino incerto di Jeffrey, che
ha scelto di addentrarsi nel cuore delle tenebre (“Fino a dove vuoi arrivare
Jeffrey?” gli chiede Sandy), in un appartamento in cui scopre la violenza
ed il sesso, l’oscurità e la follia. Il suo cammino, infatti, che indugia,
incassa e fantastica, non si sa se soddisfa la sua curiosità come fosse un
detective o un pervertito. David Lynch costruisce, grazie all’uso dei suoni
off di Alan Splet, di dettagli oscuri, e all’ambiguità dei messaggi, una storia
originale senza manierismi o strizzatine d’occhio. Velluto blu è un noir
masochista sui generis, alla Lynch insomma. È lo sguardo che entra, che
approfondisce, che simula, che ascolta (l’ingresso nell’orecchio mozzato,
simbolo di un equilibrio perso) che partecipa al fatto entrando nella stanza
del mistero, intrufolandosi nell’appartamento, come non riusciva a fare
invece James Stewart in La finestra sul cortile (1954) di Alfred
Hitchcock, bloccato sulla sua sedia a rotelle da una gamba ingessata
(dall’eccessivo rigore del suo regista) senza riuscire a soddisfare
personalmente il suo voyeurismo. Disse a tal proposito il regista “Ho sempre
desiderato intrufolarmi nella stanza di una ragazza per guardarla di notte e
forse, a un ceto punto, vedere qualcosa che fosse un indizio in un caso
d’omicidio” [2]. Velluto
Blu è la pellicola che meglio di tutte le altre mette in chiaro le scelte
tematiche del regista: mostrare il lato oscuro della provincia americana,
spesso descritta nel cinema come idilliaca e gentile. Il risultato è il
contrasto dei modelli e dei mondi apparenti, in superficie, nascosti,
soffocati, ambigui come è ambigua la stessa figura di Jeffrey che di fronte
all’amore, al volo dei pettirossi che Sandy racconta di aver sognato,
preferisce avanzare nell’incubo di un gruppo di folli, preferisce immaginare un
insetto nero che l’amore stringe come preda, sceglie di condividere la sua
malattia con quel mondo (“Adesso la tua malattia è in me” dice Dorothy
dopo il rapporto con Jeffrey), assolutamente uno strano mondo, come
convengono i ragazzi al bar mentre discutono di quello che Jeffrey man mano
scopre, un mondo nero dove ciascuno è succubo di qualcun altro [3].
Superbi Dennis Hopper (premiato al Festival di Montreal) ed Isabella Rossellini
(dark lady priva di appeal erotico, fattasi corpo), involontari partner di un
incubo nel quale si trova coinvolto come terzo incomodo il ragazzo, il feticcio
Kyle MacLachlan, davvero adatto per questo ruolo. Tutta la parte in cui lui
s’intrufola nell’appartamento e subentra Dennis Hopper per violentare la
Rossellini è costruita sul rapporto tra sguardo e sottomissione dei personaggi:
lui che guarda, mentre sia la cantante che lo psicopatico chiedono di non
essere guardati. Molto accurata è anche
la fotografia scura e pastosa di Frederick Elmes, e la prima collaborazione con
Angelo Badalamenti, compositore del commento musicale in stile jazz.
L’appartamento di Ben, nel quale è tenuto nascosto il figlio di Dorothy e dove
Frank porta Jeffrey per fargli assaporare il giro del piacere, mostra
parte delle influenze cinematografiche del regista: da Federico Fellini a Roger
Corman, senza perdere di vista le diversità congenite del cinema di Tod
Browning. Velluto blu è il primo film di Lynch in cui non c’è bisogno
di corpi mostruosi, in cui la mostruosità è una costante divaricazione del
reale, della norma e non dalla norma [4]
e che presto si trasformerà nel serial televisivo Twin Peaks. Di questo
film si è detto molto, soprattutto che non fu selezionato al Festival del
cinema di Venezia perché l’allora direttore Gian Luigi Rondi ritenne osceno il
corpo di Isabella Rossellini [5]
nei confronti dei genitori Ingrid Bergman e Roberto Rossellini. La pellicola
ottenne ugualmente una nomination all’Oscar come miglior regia, vinto
quell’anno da Oliver Stone con Platoon (1986).
Bucci Mario
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