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M - Il mostro di Düsseldorf - M.
Anno: 1931
Regista: Fritz Lang;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Germania;
Data inserimento nel database: 01-04-2004


La grande guerra

M - Il mostro di Düsseldorf. Fritz Lang. 1931. GERMANIA.

Attori: Peter Lorre, Otto Wernicke, Gustav Gründgens, Theo Lingen

Durata: 117’

Titolo originale: M.

 

 

Un pericoloso pedofilo ed assassino terrorizza la città di Dusseldorf. Sono già otto le piccole vittime e la polizia brancola nel buio da altrettanti mesi. La piccola Elsie Beckmann si lascia avvicinare da un signore in cappotto che le compra un palloncino da un cieco venditore ambulante. La voce della madre la chiama inutilmente dalla finestra di casa: Elsie è la nuova vittima del mostro. Sull’assassino incombe una taglia di 10.000 marchi e mentre in città si diffonde la cultura del sospetto, lo stesso mostro scrive alla stampa. La lettera è analizzata dalla polizia senza però indizi effettivi e riscontrabili. Le continue retate dell’autorità, soprattutto negli ambienti della malavita, rendono più nervosa una situazione che man mano si fa insostenibile. I capi delle Organizzazioni Unite, una sorta di grande assemblea della truffa, s’incontrano per cercare una soluzione mentre nello stesso tempo si tiene un’altra riunione, quella delle Autorità. Queste ultime decidono di aumentare i controlli mentre le Organizzazioni unite scelgono invece di assoldare tutti i mendicanti della città per controllare ogni angolo di strada. Spulciando la lista delle persone rilasciate dopo una cura psichiatrica, la polizia giunge a casa di Franz Becker, un indiziato assente in quel momento nel suo appartamento. L’ufficiale si preoccupa di raccogliere ugualmente più indizi possibili. In strada intanto, il mostro prova a seguire una bambina sola, ma rinuncia quando questa raggiunge la madre. Il cieco venditore di palloncini invece, riconosce il suo modo di fischiettare e lo fa seguire da un vagabondo che, per non perderlo di vista, gli segna il cappotto con una M. Per una scatola di sigarette Ariston ritrovata nel suo appartamento, la polizia si convince di aver trovato l’uomo giusto ma nel frattempo il mostro è in strada, pedinato dai vagabondi della città. accortosi di essere seguito, il mostro fugge e si nasconde in un grande palazzo di uffici e vi rimane anche dopo l’orario di chiusura. L’Organizzazione decide allora di entrare nel palazzo e di aprire con ogni metodo qualsiasi porta, pur di acciuffarlo. E’ finalmente scoperto in soffitta, mentre tentava di farsi una chiave per aprire una serratura. Il guardiano del palazzo riesce ugualmente a chiamare la polizia la quale, pur sopraggiungendo tardi, riesce comunque ad arrestare uno dell’Organizzazione. Il commissario Lohmann, incaricato della caccia al mostro, riesce a farsi dire il motivo di quel grosso ingresso nel palazzo e scopre così che l’Organizzazione ha trovato il mostro e che lo tiene nascosto in una vecchia distilleria abbandonata, dove il popolo della strada lo sta giudicando e condannando a morte. Questa volta, l’arrivo tempestivo della polizia riuscirà a consegnare il mostro ad un tribunale ordinario.

Prima pellicola sonora per Fritz Lang che coglie, nel passaggio dal muto, le principali regole del nuovo cinema sonorizzato (montaggio delle immagini sulle voci fuori campo, suoni contestuali agli ambienti). Girato sfruttando ancora il bianco e nero di taglio realistico, la pellicola di Lang si avvale di inquadrature più plastiche (il compasso sulla cartina che segna il campo d’azione delle indagini) che però sentono ancora dell’esperienza espressionistica del regista, soprattutto nel dar vita al personaggio del mostro (in particolar modo durante la confessione finale). Lungo falso piano sequenza, una delle cose più interessanti, nella mensa dei mendicanti, con pausa sulla lavagna dove viene riscritto il menù, e che termina invece al piano superiore, dove i mendicanti sono assoldati dalle Organizzazioni Unite. Con M. Lang s’interroga sui due lati della giustizia, quella ordinaria e quella privata, che spesso non coincidono fino ad ostacolarsi, e sul rapporto tra l’umana tendenza al crimine e la disumana tendenza invece all’ordine (rappresentata dallo stesso tribunale di malviventi). Ironicamente però il mondo della malavita appare molto più rassicurante ed efficiente di quello rappresentato dalla legge. Becker è un mostro come potrebbe esserlo chiunque, caratterizzato da una normalità agghiacciante e che si mostra incontrollabile al richiamo dell’omicidio (“Non è colpa mia!” grida disperato alla fine, di fronte al tribunale). Quella di M. però, non è solo la storia di un’anormalità mostruosa, ma è soprattutto quella di una società che si sente normale (qualsiasi cosa essa faccia) e che per questo cerca di difendere la propria condizione, estirpando il male che M. rappresenta. Vivo e partecipato il lavoro di Peter Lorre, primo serial killer della storia del cinema affetto da sindromi patologiche sessuali, oscillante tra suasiva aggressività e isterica debolezza [1]. Se esiste un’immagine indimenticabile nella lunga filmografia di questo regista, è proprio il volto, la faccia gommosa di questo attore, raccolta nel riverbero dei coltelli esposti nella vetrina, e che vive a poco a poco i tratti di una tormentosa ossessione, di un istinto omicida dolorosamente impossibile da controllare [2]. Ispirato ad un fatto di cronaca, all’assassino Peter Kurten, conosciuto dal pubblico anche come il vampiro di Dusseldorf, il film è stato scritto dal regista assieme alla collaborazione della moglie Thea von Harbou, e fotografato da F.A. Wagner. Il tema dell'assassino è tratto dal Peer Gynt di E. Grieg ed è fischiettato da F. Lang, perché Peter Lorre non sapeva farlo. L’idea del tribunale dei criminali deve qualcosa al Brecht di “L'opera da tre soldi” [3]. Originariamente il film doveva chiamarsi “Gli assassini sono tra noi” o “Una città cerca un assassino” [4]. L’opera di Lang rimane comunque una metafora antinazista scopertissima [5]. Ne è stato fatto un remake nel 1951, diretto da Joseph Losey, ed ambientato a Los Angeles.

 

 

Mario Bucci

        [email protected]

 



[1] Leonardo Quaresima su Alfonzo Canziani. Cinema di tutto il mondo. Mondadori

[2] M.Borroni – articolo pubblicato sul settimanale di cinema FilmTv

[3] Morando Morandini. Dizionario dei film 2004. Zanichelli

[4] Contenuti extra nella versione DVD edita dalla Hermitage

[5] Massimo moscati. Breve storia del cinema. Bompiani