Gli
ultimi fuochi. Elia
Kazan. 1976. USA.
Attori: Robert De Niro, Tony Curtis, Robert Mitchum, Jeanne Moreau, Ingrid
Boulting, Jack Nicholson, Donald Pleasence, Theresa Russell, Dana Andrews, Ray
Milland, John Carradine, Anjelica Huston
Durata: 125’
Titolo
originale: The Last Tycoon
California. USA. Anni ’30. Un
anziano custode porta un gruppo di turisti a visitare gli studios di una
grossa produzione cinematografica. Una sera un grosso terremoto distrugge le
tubature idrauliche di un set. Accorso sul luogo, Munroe Stahr, capo rampante
della produzione, rimane affascinato dalla presenza di un’intrusa che
assomiglia alla sua defunta moglie. Ordina allora alla segretaria di
rintracciarla mentre Cecilia, la figlia del magnate d’origine irlandese Pat
Brady, collega anziano di Munroe, riesce a farsi promettere un ballo alla
prossima serata di gala. Ad una riunione con i più grandi ed anziani
rappresentanti della casa di produzione, anche Munroe sembra contrario a venire
a patti con il nascente sindacato degli scrittori e degli sceneggiatori, mosso
da una rivendicazione di tipo comunista. Rintracciata intanto la donna, non
riesce ad approfondire la sua conoscenza. Il giorno dopo, alle prese con una
pellicola dalla difficile gestazione, affianca allo sceneggiatore principale
due collaboratori, dopo aver insegnato a questo il cinema secondo la sua
particolare teoria del nichelino. Alla serata di gala incontra
nuovamente la donna e dopo aver danzato con lei, riesce ad ottenere un
appuntamento per la mattina dopo. Munroe porta Kathleen, questo il suo nome, a
visitare un appartamento in costruzione sulla scogliera, di sua proprietà. La
donna si concede. Trascorso del tempo, Munroe riceve una sua lettera nella
quale ella lo informa d’essere pronta al matrimonio con un altro uomo. Cecilia,
innamorata di Munroe, discute con lui nel suo ufficio della serata di gala e
poi scappa in lacrime nell’ufficio del padre dove lo scopre con una donna
nascosta nell’armadio. Dopo l’ennesima insoddisfazione della pellicola che
stanno producendo, Munroe riceve una telefonata ed un nuovo appuntamento da
Kathleen, ancora una volta per mettere fine alla loro brevissima relazione.
Alla sera della prima della pellicola, Munroe torna alla casa sulla scogliera
con Cecilia, senza approfittare di lei. Kathleen, in risposta ad una lettera
scritta di pugno da Stahr, torna a farsi sentire ma dopo aver preso
appuntamento per l’intero weekend, gli invia un telegramma nel quale gli
annuncia di essersi appena sposata. A casa della famiglia Brady, Stahr incontra
il rappresentante del nascente sindacato degli sceneggiatori, il comunista di
New York, Brimmer, con il quale, dopo essersi ubriacato, cerca di battersi dopo
una partita a ping pong. Brimmer lo stende con un pugno e lui si addormenta
ubriaco fra le braccia di Cecilia. A mezzogiorno della mattina dopo è convocata
un’assemblea straordinaria dei grandi nella quale lo informano che è sostituito
nella contrattazione con N.Y. e gli consigliano di godersi una vacanza. Munroe,
preso atto delle decisioni del gruppo, torna nel suo ufficio e rivede la teoria
del nichelino come se fosse egli stesso a parteciparvi e Kathleen la donna
protagonista. Fuori, mentre vaga solo tra i desolati set della produzione,
scompare nell’ombra di uno di questi.
Dal romanzo incompiuto The
Last Tycoon (1941) di Francis Scott Fitzgerald, un bell’esempio di teoria
del cinema. Dotato di un montaggio superlativo (di Richard Marks) ed al quale
ruolo spesso si fa riferimento nel film (la morte del montatore dopo l’esempio
del nichelino fatto da De Niro), l’ultimo lavoro del regista di origini
turche (chiamato a sostituire Mike Nichols) ha alle spalle una solida
sceneggiatura scritta da Harold Pinter ed un’ottima fotografia diretta da
Victor Kemper (il cui punto più alto è nella partita a ping pong tra De Niro e
Nicholson), nonché una manica di grandi professionisti perfettamente calati nei
panni dei protagonisti. Il probabile declino di un impero rappresentato dal suo
m miglior rampollo, Munroe Stahr, un personaggio modellato su Irving Thalberg
(1899-1936), giovane genius della MGM [1].
Sarcastico (“Che genere di rivoluzione vogliono i finocchi?” “Una comunista,
naturalmente!”), cinico (la breve scena della morte del montatore “Forse
non voleva disturbarci…”), sintetico e schietto (“Ho sempre desiderato
toccare dieci milioni di dollari” Brimmer dopo aver colpito Munroe), Gli
ultimi fuochi è un film che si costruisce su se stesso (la vita di Munroe e
la pellicola che si sta producendo, la doppia scena del nichelino, il cinema
nel cinema ovviamente), moltiplicando così i diversi piani d’interpretazione
delle immagini, mantenendo sempre una contestualità narrativa costante. Per il
critico Antonio Costa, l’intera scena in cui Munroe spiega allo scrittore
Boxley che cosa è il cinema, rappresenta una perfetta sintesi del
linguaggio cinematografico legato al suo scopo. Per l’intero dialogo sono state
sfruttate più di quaranta cambiamenti d’inquadratura, con uso di tutte le
variazioni di scala e angolatura possibili in quel determinato ambiente [2].
Ottimo l’incastro tra la cronaca maccartista, l’ambiguo intreccio sentimentale,
e la coraggiosa intenzione di svelare il cinema dal suo interno, dalle viscere.
In questa pellicola Robert De Niro è doppiato da Luigi Proietti; comparsata per
Theresa Russell (è la ragazza che sbuca dall’armadio). Chi è l’uomo che
abbraccia Kathleen nella seconda ricostruzione di Munroe? È Pat Brady? Un altro
uomo? O il nichelino?
Bucci Mario
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