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El topo
Anno: 1971
Regista: Alejandro Jodorowsky;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Messico;
Data inserimento nel database: 01-04-2004


La grande guerra

El topo.  Alejandro Jodorowsky. 1971. MEX.

Attori: Alejandro Jodorowsky, Mara Lorenzio, David Silva, Brontis Jodorowsky

Durata: 123’

 

 

Deserto. El topo è un pistolero vestito di nero che, al settimo compleanno del figlio, gli chiede di seppellire il suo primo pupazzo ed il ritratto della madre.  Entrambi giungono in un villaggio dove tutti sono stati impiccati, ma non riescono a sapere dall’unico sofferente sopravvissuto chi è stato a compiere questa violenza. Sulla loro strada incontrano tre pistoleri che provano ad aggredirlo, ma egli li uccide tutti e tre. Arriva nel covo del Colonnello, custodito da banditi che violentano frati tenuti in ostaggio. Sfida l’uomo in un duello e dopo avergli pugnalato il sesso, quello si toglie la vita davanti alla folla raggiante. Lascia il figlio con i frati e scappa con la donna del Colonnello, che lo convince a sfidare i quattro Grandi Maestri per diventare lui il più grande di tutti. Vagando nel deserto, insegna alla donna a creare uova dalla sabbia ed a far sgorgare acqua dalla roccia. Trovano una torre nel deserto dove li attende il primo Grande Maestro, un magro uomo che lascia trapassare la carne dalle pallottole. Per vincerlo, la pistolera convince el topo a tendergli una trappola. Nel duello, infatti, il Maestro cade in una fossa ed il pistolero riesce a sparargli alla testa. Anche il suo aiutante (composto da due uomini, uno al quale mancano le gambe ed uno al quale mancano le braccia) cade per mano di el topo. Più in là, mentre lui e la pistolera riposano in un’oasi, giunge un uomo con due cavalli che gli dice dove trovare la prossima sfida. Giungo così  su un altopiano dove lo attende il secondo Grande Maestro con sua madre chiromante. Per rispetto a lui, la donna gli concede di sfidare suo figlio, la cui forza è nella precisione. Sconfitto da quello, gli è concessa ugualmente una seconda possibilità ed el topo lo giustizia, assieme alla madre. Profeti. Ancora nel deserto, la pistolera, dopo essere stata frustata, ha un rapporto lesbo con il suo alter ego. Seguendo un coniglio, giungono al terzo Grande Maestro che vive in un recinto con conigli bianchi e neri. All’arrivo di el topo, i conigli incominciano a morire ed il Maestro decide di accettare la sfida. La sua forza è di mirare al cuore. El topo, coprendoselo con una placca di metallo, simula di essere rimasto colpito, e poi giustizia il Maestro (“Troppa perfezione è un errore”). Con i conigli morti seppellisce il Maestro. Giunge infine dal quarto, un anziano che ha deciso di non combattere e che per dimostrarglielo si toglie la vita. El topo è confitto perché non è riuscito a vincerlo. Torna sui luoghi dove ha ucciso gli altri. Su un ponte sospeso, duella con la pistolera e soccombe. Un gruppo di uomini mutilati e storpi trascina il suo corpo ferito in un corteo funebre. Salmi. Sottoterra, biondo, el topo si ritrova in una caverna custodita da mutilati, nani e storpi. Incontra l’anziana del luogo che, dopo avergli fatto mangiare della carne di scarafaggio, lo trasforma in una specie di guida del popolo degli storpi. In un paese pieno di immagini del simbolo di Osiride, alcuni uomini ricchi e dei banditi si divertono marchiando a fuoco ed uccidendo uomini schiavi. Assieme alla nana che lo ha accudito quando era nella caverna, completamente cambiato in bonzo, el topo fa ingresso nella città per chiedere l’elemosina ed inscena uno spettacolino. In un bordello di vecchie signore sfatte, uno schiavo di colore prima è violentato da quelle e poi accusato del contrario. Viene giustiziato in pubblico. El topo e la nana decidono di trovare un altro luogo dove far migrare il loro popolo, ma per scavare il tunnel hanno bisogno di denaro. Tornati così in città, gli viene offerto di lavare i bagni in un carcere gestito da due omosessuali. Alla funzione della messa, il prete chiama al miracolo quando la gente non muore con la roulette russa. Il chierichetto però, quando tocca a lui, sostituisce il proiettile a salve con uno vero e dopo essere scampato alla morte fa girare la pistola ancora fra i credenti. Vittima rimane un bambino. Apocalisse. Il prete decide di lasciare la chiesa ed il chierichetto, strappando il grande pannello con l’occhio di Osiride, sostituisce il simbolo con quello della croce. Alla ricerca ancora di denaro, el topo e la nana si lasciano convincere ad avere un rapporto davanti a tutti in un sottocala. La donna rimane incinta e i due decidono di posarsi. Vanno in chiesa, ma il chierichetto, che in realtà è il figlio che el topo aveva abbandonato con i frati, aggredisce l’uomo e diventa anch’egli in un pistolero. La donna convince quello a risparmiare il padre e la sua morte è così rimandata a quando quello avrà finito di scavare il tunnel per liberare tutti gli storpi. Continuano così a lavorare in città, facendo i lavori più faticosi ed umilianti per pagarsi la dinamite per scavare il tunnel. La coppia riesce anche a convincere il figlio pistolero a dare una mano, e quando riescono a sfondare anche l’ultima parete, quello decide di non ucciderlo più e di risparmiarlo. La nana corre ad avvertire tutti gli altri che la strada è pronta, contro la volontà di el topo che ritiene invece la città non ancora pronta ad accettarli. Tutti, infatti, muoiono uccisi dagli abitanti e quando arriva el topo, nessuno è stato risparmiato. La nana partorisce un bambino mentre el topo, dopo aver ucciso gli abitanti, si suicida dandosi fuoco. Il figlio, pistolero prete, la nana ed il neonato, si rimettono in cammino.

La talpa (el topo) è un animale che scava sottoterra e che quando arriva in superficie e vede il sole, diventa cieco. Scritto e diretto dall’attore, regista, scrittore e mago Alejandro Jodorowsky, El topo è forse il primo esempio di western surreale nella storia del cinema, a metà strada tra il viaggio mistico e l’ascesa messianica. Diviso per capitoli (Profeti – Salmi – Apocalisse) che segnano l’atto dello scavare della talpa per emergere verso la superficie (i fotogrammi su cui appaiono i titoli sono quelli di mani che scavano la terra), il film è un complicato ed a volte inestricabile crogiuolo di citazioni, rimandi religiosi, allegorie e metafore, diviso in realtà in due tronconi: quello che vede il cammino borioso e presuntuoso del pistolero e l’ascetica rinascita dal sottosuolo, la sua resurrezione alchemica. Tutta la prima parte, fino al duello con il colonnello, è una metafora della crescita sessuale del fanciullo che, dopo aver incontrato la pistolera, viene abbandonato. I primi tre banditi, infatti, fanno tutti esplicito riferimento al sesso: uno è appassionato di scarpe femminili, uno taglia con la sua spada una banana (che poi mangia) mentre l’ultimo ha un rapporto con una donna disegnata con tanti piccoli sassolini. Lo stesso suicidio del colonnello, il cui carattere evidente è quello maschilista, avviene dopo che el topo lo ha ferito al sesso. Punto di partenza, assolutamente, è però quello della diversità (di pensiero e rappresentazione, così come di uomini veri e propri). Cinema dei diversi, che ha origine nella deformità umana di Freaks (1932) di Tod Browning, e che prosegue nella passione del regista per il circo: evidente nel terzo Grande Maestro, in uno scenario fatto di chiromanti, leoni ed una carrozza da circo, e negli spettacoli con la nana (da giovane il regista aveva lavorato come clown proprio in un circo). Sacro, devoto ma dissacrante nella scelta di mescolare tutte le influenze religiose (l’assassinio del pistolero nella pozza d’acqua, una specie di battesimo della morte; la morte per mano della donna, che lascia stimmate sui piedi di el topo; l’esperienza mistica con la carne di scarafaggio; la messa suicida; il corpo che prende fuoco nel finale buddista), anche politico (violenze/rapporti omosessuali tra i quattro preti ed i banditi del colonnello) El topo è un insieme di metafore (il passaggio del frutto tra le due donne ed il rapporto con l’uomo) e rimandi simbolici (lo specchio della donna infranto, il mito di Narciso distrutto da el topo; l’occhio di Osiride come marchio a fuoco) che a volte hanno però il carattere di assoluto ed affascinante non sense di natura surrealista e poetica. Il deserto, metafora del percorso interiore del protagonista, è spazio senza tempo. Trattandosi di un genere abbastanza preciso, non pochi sono i riferimenti al western di Sergio Leone, dal quale trae ispirazione per i duelli, ed a quello di Monte Hellman, autore di contaminazioni crepuscolari ed esistenziali: il tema del doppio nella figura del pistolero era stato utilizzato ad esempio in La sparatoria (1966). Il regista, appassionato dello spaghetti western, si è rifatto al Django (1966) di Sergio Corbucci nella scelta degli abiti scuri del personaggio principale. Citazione anche per Ombre rosse (1939) di John Ford (la Lega delle Donne Degne che controlla la morale dei mariti ricorda quella che allontanò la prostituta dal paese nel film con John Wayne). Molto bella la fotografia di Rafael Corkidi, assoluta l’uscita del colonnello dalla torre a cono, seguito da decine di maiali. Le musiche sono state composte dallo stesso regista-attore, assieme alla direzione di Nacho Mendez; interessante l’uso dei suoni off ed il frequente scambio di voci tra i due sessi. La scena sul ponte fu girata senza ausilio di lacci o funi, ad oltre novecento metri d’altezza (commento scritto contenuto negli extra inseriti nella versione edita dalla RaroVideo). Il villaggio utilizzato nel film, una specie di Sodoma e Gomorra del regista, è il set che Glen Ford utilizzò per la pellicola The law of Tombstone (Massimo Monteleone, autore del libro “La talpa e la fenice. Il cinema di Alejandro Jodorowsky”). El topo è, come afferma lo stesso regista, un santo senza Dio, un santo laico come il miglior rivoluzionario possibile, il messia del west (Massimo Monteleone, autore del libro “La talpa e la fenice. Il cinema di Alejandro Jodorowsky”). 

 

 

Mario Bucci

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