Daunbailò. Jim Jarmush. 1986. USA.
Attori: Tom Waits, John Lurie,
Roberto Benigni, Ellen Barkin, Nicoletta Braschi
Durata: 107’
Titolo
originale: Dawn
by law.
Louisiana. USA. Carro funebre parcheggiato sul marciapiede
di un cimitero. Jack, magnaccia, dorme con una ragazza di colore. Non appena
l’abbraccia questa apre gli occhi. Zack, dj con il nome Lee Baby Slimms, da
un’altra parte della città, torna da Laurette che sta dormendo ma che apre gli
occhi nel sentirlo entrare. Titoli. Laurette è infuriata con Zack che, seduto
sul letto, lascia che quella si sfoghi rovesciando tutta la sua roba dalla
finestra. Non appena gli butta giù anche le scarpe, Zack dichiara finita la
loro storia. Jack, riceve una telefonata da Gig che lo vuole incontrare.
Accetta e questo gli propone una ragazza da prendere sotto la sua protezione
che lo attende in una camera d’albergo. Jack, una volta dentro la stanza, si
ritrova in un’imboscata della polizia che lo accusa di sfruttamento della
prostituzione. Mentre Zack è in strada ad ubriacarsi, compare uno strambo
italiano che non riesce ad instaurare un dialogo con quello. Sopraggiunge poco
dopo un uomo di colore che gli offre 1000$ per portare una Jaguar da una parte
all’altra della città. Zack accetta, ma quando viene fermato dalla polizia, gli
viene trovato un cadavere nel portabagagli. Sia Jack che Zack finiscono nella
stessa cella all’Orleans Parish Prison. I due subito non si piacciono e
non scambiano che poche parole per giorni fino a che, stressati dalla noia, si
picchiano per nulla. L’arrivo nella cella di Roberto, lo strambo italiano
accusato di aver ucciso un uomo con una palla da biliardo, avvicina i due
uomini, fino a che non riescono tutti e tre ad evadere. Addentratisi nella
palude, cacciati dai cani lanciati al loro inseguimento, finalmente trovano
riparo in una casa abbandonata. Dopo giorni di digiuno, in cui i rapporti tra
Jack e Zack sembrano peggiorare, giungono finalmente su una strada, al confine
con il Texas, che li porta ad una casa solitaria. Qui Roberto conosce
Nicoletta, un’italiana trasferitasi da poco in America e che ha avuto quella
casa da uno zio, e decide di fermarsi con lei mentre i due compagni si separano
sulla strada scambiandosi i giubbotti.
Esistono tre personaggi e una serie di luoghi, più che
una storia (il Morandini – Dizionario dei film 2003), ed, in effetti,
quella che Jarmush mette in scena, con largo margine d’improvvisazione circa il
testo contenuto nella sceneggiatura, può apparire come un patchwork di stili e
situazioni. In realtà, qualche sottotesto c’è, ed è evidente. Come negare,
infatti, che Jack e Zack siano la medesima persona, i due lati di una persona,
due aspetti umani che litigano fra loro, che si dividono, ma che non fanno a
meno uno dell’altro e che possono coesistere solo grazie a quell’assoluta e
folle ingenuità che è del terzo compare, Bob. Entrambi, ancora, sono uomini
silenziosi che non hanno dialogo con le rispettive donne, non le ascoltano,
misogini e maschilisti, al contempo deboli, ma da queste amate (la ragazza di colore,
infatti, non riesce ad uccidere Jack, sebbene abbia la sua pistola). Entrambi
si assumono una colpa che non è loro (“E’ la mia fidanzata” dice Jack; “E’
la mia macchina” dice Zack) al contrario proprio di Bob, il bonaccione, che
invece è davvero un assassino (?). Daunbailò è così forse qualcosa di
più di un esercizio d’amalgama di stili e personaggi, è una felice elaborazione
di poli che si attraggono e che si respingono, di positivi e negativi (in
questo anche la scelta per il bianco e nero). Per Irene Bignardi, Daunbailò
è un insieme di costruzioni deliziosamente artefatte premeditatamente
eccentriche (I.Bignardi – Il declino dell’impero americano – Feltrinelli).
Quello con cui gira Jarmush è invece più di questo, è sguardo disilluso
(l’ambigua protezione del poliziotto alla minorenne) a volte malinconico (la
separazione tra Jack e Zack) a volte comico (le assurde motivazioni che
spingono Nicoletta ad andare in America o la stanza della casa abbandonata, che
è uguale a quella della prigione) ma assolutamente freddo nella capacità di
rappresentazione. Non ci sono movimenti di camera e la regia sembra
completamente assente: la scena si costruisce su istantanee nelle quali si
muovono i personaggi, o grazie a lunghi carrelli (la maggior parte che scorrono
verso sinistra) o dissolvenze. Geniale l’evasione: poche battute e poi
direttamente la fuga (tutta la fase di preparazione è solo immaginata grazie
all’esplicito riferimento che fa Roberto al cinema d’azione carcerario
americano). Nessun attore è fuori ruolo, molto bravi tutti, compreso Roberto
Benigni al quale tocca il felice compito di creare giochi linguistici
toscano-americani. Per dirla come Ghezzi (in realtà molto critico con il primo
Jarmush, al quale appartiene questa pellicola), bisogna riconoscere che Daunbailò
è un film che ha la sua forza proprio nella contaminazione (s)regolata che
subisce dal trio di attori che vi partecipa. Cosicché si può dire che oltre Daunbailò,
anche Jarmush è John Lurie (…), è Benigni finalmente e Tom Waits (E.Ghezzi –
Paura e desiderio – Bompiani). Musiche composte e curate dallo stesso Tom
Waits. Splendida e funzionale la fotografia in bianco e nero di Robby
Muller.
Mario Bucci
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