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Daunbailò - Down by law
Anno: 1986
Regista: Jim Jarmush;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 01-04-2004


La grande guerra

Daunbailò.  Jim Jarmush. 1986. USA.

Attori: Tom Waits, John Lurie, Roberto Benigni, Ellen Barkin, Nicoletta Braschi

Durata: 107’

Titolo originale: Dawn by law.

 

 

Louisiana. USA. Carro funebre parcheggiato sul marciapiede di un cimitero. Jack, magnaccia, dorme con una ragazza di colore. Non appena l’abbraccia questa apre gli occhi. Zack, dj con il nome Lee Baby Slimms, da un’altra parte della città, torna da Laurette che sta dormendo ma che apre gli occhi nel sentirlo entrare. Titoli. Laurette è infuriata con Zack che, seduto sul letto, lascia che quella si sfoghi rovesciando tutta la sua roba dalla finestra. Non appena gli butta giù anche le scarpe, Zack dichiara finita la loro storia. Jack, riceve una telefonata da Gig che lo vuole incontrare. Accetta e questo gli propone una ragazza da prendere sotto la sua protezione che lo attende in una camera d’albergo. Jack, una volta dentro la stanza, si ritrova in un’imboscata della polizia che lo accusa di sfruttamento della prostituzione. Mentre Zack è in strada ad ubriacarsi, compare uno strambo italiano che non riesce ad instaurare un dialogo con quello. Sopraggiunge poco dopo un uomo di colore che gli offre 1000$ per portare una Jaguar da una parte all’altra della città. Zack accetta, ma quando viene fermato dalla polizia, gli viene trovato un cadavere nel portabagagli. Sia Jack che Zack finiscono nella stessa cella all’Orleans Parish Prison. I due subito non si piacciono e non scambiano che poche parole per giorni fino a che, stressati dalla noia, si picchiano per nulla. L’arrivo nella cella di Roberto, lo strambo italiano accusato di aver ucciso un uomo con una palla da biliardo, avvicina i due uomini, fino a che non riescono tutti e tre ad evadere. Addentratisi nella palude, cacciati dai cani lanciati al loro inseguimento, finalmente trovano riparo in una casa abbandonata. Dopo giorni di digiuno, in cui i rapporti tra Jack e Zack sembrano peggiorare, giungono finalmente su una strada, al confine con il Texas, che li porta ad una casa solitaria. Qui Roberto conosce Nicoletta, un’italiana trasferitasi da poco in America e che ha avuto quella casa da uno zio, e decide di fermarsi con lei mentre i due compagni si separano sulla strada scambiandosi i giubbotti.

Esistono tre personaggi e una serie di luoghi, più che una storia (il Morandini – Dizionario dei film 2003), ed, in effetti, quella che Jarmush mette in scena, con largo margine d’improvvisazione circa il testo contenuto nella sceneggiatura, può apparire come un patchwork di stili e situazioni. In realtà, qualche sottotesto c’è, ed è evidente. Come negare, infatti, che Jack e Zack siano la medesima persona, i due lati di una persona, due aspetti umani che litigano fra loro, che si dividono, ma che non fanno a meno uno dell’altro e che possono coesistere solo grazie a quell’assoluta e folle ingenuità che è del terzo compare, Bob. Entrambi, ancora, sono uomini silenziosi che non hanno dialogo con le rispettive donne, non le ascoltano, misogini e maschilisti, al contempo deboli, ma da queste amate (la ragazza di colore, infatti, non riesce ad uccidere Jack, sebbene abbia la sua pistola). Entrambi si assumono una colpa che non è loro (“E’ la mia fidanzata” dice Jack; “E’ la mia macchina” dice Zack) al contrario proprio di Bob, il bonaccione, che invece è davvero un assassino (?). Daunbailò è così forse qualcosa di più di un esercizio d’amalgama di stili e personaggi, è una felice elaborazione di poli che si attraggono e che si respingono, di positivi e negativi (in questo anche la scelta per il bianco e nero). Per Irene Bignardi, Daunbailò è un insieme di costruzioni deliziosamente artefatte premeditatamente eccentriche (I.Bignardi – Il declino dell’impero americano – Feltrinelli). Quello con cui gira Jarmush è invece più di questo, è sguardo disilluso (l’ambigua protezione del poliziotto alla minorenne) a volte malinconico (la separazione tra Jack e Zack) a volte comico (le assurde motivazioni che spingono Nicoletta ad andare in America o la stanza della casa abbandonata, che è uguale a quella della prigione) ma assolutamente freddo nella capacità di rappresentazione. Non ci sono movimenti di camera e la regia sembra completamente assente: la scena si costruisce su istantanee nelle quali si muovono i personaggi, o grazie a lunghi carrelli (la maggior parte che scorrono verso sinistra) o dissolvenze. Geniale l’evasione: poche battute e poi direttamente la fuga (tutta la fase di preparazione è solo immaginata grazie all’esplicito riferimento che fa Roberto al cinema d’azione carcerario americano). Nessun attore è fuori ruolo, molto bravi tutti, compreso Roberto Benigni al quale tocca il felice compito di creare giochi linguistici toscano-americani. Per dirla come Ghezzi (in realtà molto critico con il primo Jarmush, al quale appartiene questa pellicola), bisogna riconoscere che Daunbailò è un film che ha la sua forza proprio nella contaminazione (s)regolata che subisce dal trio di attori che vi partecipa. Cosicché si può dire che oltre Daunbailò, anche Jarmush è John Lurie (…), è Benigni finalmente e Tom Waits (E.Ghezzi – Paura e desiderio – Bompiani). Musiche composte e curate dallo stesso Tom Waits. Splendida e funzionale la fotografia in bianco e nero di Robby Muller.   

 

 

Mario Bucci

[email protected]