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Ladri di biciclette
Anno: 1948
Regista: Vittorio De Sica;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: ITALIA;
Data inserimento nel database: 01-04-2004


La grande guerra

Ladri di biciclette. Vittorio De Sica. 1948. ITALIA.

Attori: Lamberto Maggiorani, Enzo Staiola, Lianella Carell, Vittorio Antonucci, Elena Altieri, Ida Bracci Dorati

Durata: 92’

 

 

Roma. Immediato dopoguerra. Antonio Ricci è a far la fila davanti all’ufficio di collocamento. Ottiene il lavoro di attacchino municipale ma è necessario che sia munito di una bicicletta, che invece Antonio si è impegnato. A casa, ne parla con la moglie Maria la quale s’impegna sei coperte per settemila e cinquecento lire e ricompra la bicicletta al marito. Di ritorno dal palazzo del pegno, Maria chiede di passare dalla santona, che aveva predetto che il marito avrebbe trovato lavoro, per farle un’offerta, ma Antonio riesce a convincerla a risparmiare. Il primo giorno di lavoro, un ladro e due compari gli rubano la bicicletta mentre è impegnato ad affiggere. Scoraggiato, Antonio fa denuncia alla polizia la quale dice che può fare ben poco. Decide allora di rivolgersi a Baiocco, un suo amico che lavora come netturbino. La mattina dopo, accompagnato dal piccolo figlio Bruno, Antonio incontra Baiocco al mercato di P.za Vittorio dove si vendono biciclette e pezzi di ricambio. Incomincia a piovere e devono correre al riparo. Smesso di piovere vedono il ladro che parla con un barbone e tentando invano di seguirlo, lo perdono tra la folla. Decidono allora di seguire il barbone che si rifugia in una chiesa che si occupa dei senzatetto e dei più poveri. Qui, messo di fronte ad una probabile denuncia alla polizia, il barbone prima tergiversa e poi riesce a scappare. Ormai nervoso, Antonio se la prende con il piccolo Bruno. Lascia il bambino vicino ad un ponte e va alla ricerca del barbone lungo il fiume. Quando sente della gente gridare, torna indietro pensando che sia successo qualcosa a suo figlio che in realtà è ancora al ponte ad aspettarlo. I due fanno pace e vanno in un’osteria a pranzare. Non riescono a rassegnarsi e si rivolgono allora alla santona la quale non lo solleva da quella condizione. Appena fuori dall’appartamento, Antonio e Bruno riconoscono il ladro e lo inseguono nel quartiere popolare dove la gente fa quadrato con il ragazzo che finge un attacco epilettico. Bruno chiama un carabiniere che alla fine, per mancanza di prove, convince Antonio a non esporre denuncia. Padre e figlio se ne vanno tra gli insulti della gente. Passando dallo stadio, dove si sta giocando la partita Roma-Modena, Antonio vede una bicicletta lasciata incustodita ed appoggiata ad una porta. Dice a Bruno di prendere la corriera e di aspettarlo da un’altra parte, poi prova a rubare la bici. Scoperto dal proprietario, è bloccato dalla folla la quale lo vuole consegnare alla polizia. Sopraggiunge Bruno, che non ha fatto a tempo a salire sulla corriera, e il proprietario decide di non esporre denuncia. Padre e figlio, lacrime agli occhi, tornano verso casa mischiandosi tra la folla.

Toccante, assoluto capolavoro del cinema italiano. De Sica, dopo il notevole Sciuscià (1946), torna a parlare dell’Italia del dopoguerra con sguardo lungimirante e critico, triste e profetico. Mentre sui muri di Roma sono affissi i cartelloni di Rita Hayworth, la gente di Roma, per le strade, diventa ladri di biciclette. Scritto dallo stesso regista assieme al grande Zavattini, che contribuì con il pedinamento dei personaggi, dietro le quali tracce si scopre una realtà che si costruisce proprio grazie al loro rapporto con il quotidiano, il film è uno dei più alti esempi di neorealismo cinematografico. Denso di poesia (Antonio e Bruno, nel finale, padre e figlio, mano nella mano, uniti nell’umiliazione), senso dell’immagine (il passaggio delle lenzuola appena impegnate nella sala delle biciclette, da disimpegnare; la finestra che viene chiusa alle spalle di Antonio e del carabiniere) e della rappresentazione critica (contro la Chiesa, nella gestione indifferente della povertà; contro l’autorità impotente - “Ma allora che la faccio a fà ‘sta denuncia?”). Quella di De Sica non è solo una pellicola che scava nella triste quotidianità della capitale, ma è, e (fu) soprattutto, un consiglio all’Italia di quell’epoca, fatto passare attraverso le battute della santona in risposta ad Antonio che le chiede una mano “O la trovi subito, o non la trovi proprio più”. Per un attimo, l’illusione di una speranza negli occhi di Antonio, a tavola nell’osteria: “A tutto c’è rimedio, tranne che alla morte”. Lo dice al figlio, lo dice sorridendo, lo dice a bassa voce, lo dice mangiando…. ma c’è veramente rimedio a tutto? Forse una delle più belle interpretazioni mai viste sullo schermo, quella di Lamberto Maggiorani (attore non professionista la cui parte la parte era stata offerta a Cary Grant – Il Morandini – Dizionario dei film 2003), accompagnato dal bravo Enzo Staiola (il figlio Bruno). Fare onore però solo ai due protagonisti sarebbe ingiusto nei confronti di tutti gli altri (tra i quali c’è il cammeo del futuro regista di western Sergio Leone, nei panni di un seminarista straniero che si ripara dalla pioggia): come dimenticare, infatti, la fame di lavoro negli occhi di Maria, il barbone, Baiocco, l’uomo (pedofilo?) che avvicina Bruno al mercato delle bici? Importantissimo il grande apporto delle composizioni musicali di Alessandro Cicognini. Tratto dall’omonimo romanzo di Luigi Bartolini (che promosse un’azione giudiziaria contro il regista perché non ne riconobbe la fedeltà – Di Giammatteo – Dizionario del cinema italiano – Editori Riuniti), dopo l’Oscar guadagnato per Sciuscià (1946), ancora un riconoscimento per Vittorio De Sica con l’Oscar speciale nel 1949, che si guadagnò anche sei Nastri d'argento ed altri premi (Locarno, New York, Londra, Knokke-le-Zonte, Bruxelles, ecc.). Andrè Bazin lo definì il centro ideale attorno al quale orbitano le opere degli altri grandi registi del neorealismo, fatto di equilibrio tra sguardo realistico e sentimentalismo populistico (Di Giammatteo – Dizionario del cinema italiano – Editori Riuniti).

 

 

Bucci Mario

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