Progeny.
Brian Yuzna. 1998. USA.
Attori:
Arnold Vosloo, Jilliam Mc Whirter, Brad Dourif, Lindsay Crouse, Wilford
Brimley.
Durata: 95’
USA. 20 settembre. La coppia
Burton è a letto. Lui medico e lei moglie. Un fascio di luce blu illumina la
stanza. Sono passate due ore nell’arco di pochi secondi. Il dottor Craig Burton
si rivolge alla dottoressa Lamarche, psicanalista, perché da quel giorno si
riconosce cambiato. Circa sette settimane dopo Sherry, la moglie, si scopre
incinta e fa risalire il concepimento a quella data. Craig torna a rivolgersi
alla psicanalista che, attraverso l’ipnosi, cerca di fargli ricordare cosa
accadde esattamente quella notte. Contrariato perché Sherry non vuole
sottoporsi all’ipnosi, scopre da analisi fatte in ospedale di non essere
abbastanza fertile e una sera, guardando uno spettacolo in televisione sui
rapimenti degli alieni, il dottor Burton si convince che quella notte sua
moglie sia stata rapita dagli extraterrestri. Al termine dell’ennesima crisi
Sherry accetta di sottoporsi all’ipnosi e sotto effetto ricorda il rapimento e
la fecondazione. Svegliata dall’ipnosi è convinta però che quello che ha
sognato è stato il frutto dello stress del marito e del suo racconto sugli
extraterrestri. Nel frattempo, mentre la dottoressa Lamarche toglie la moglie
al marito vedendo in lui la causa del delirio della moglie, Craig si fa aiutare
da Clavell, un ufologo, ad analizzare il caso. Sempre più convinto del
rapimento, il dottor Burton porta sua moglie in sala operatoria e, per
asportarle il feto alieno, la uccide. Probabilmente è stato tutto un suo
delirio.
Yuzna, specializzato in effetti
gore e shock, torna ancora una volta a rappresentare l’horror in quegli
ambienti asettici e borghesi che meglio crede rappresentino il modello sociale
(ospedali, case perfette, famiglie apparenti), ripetendo un discorso iniziato
con Society (1989) e forse mai più raggiunto come stile e bravura. Il
regista questa volta è affiancato da Stuart Gordon (coproduttore e
cosceneggiatore) ideatore e regista del più riuscito Re-Animator (1985)
e sembra non preferire tanto l’uso dei carrelli quanto quello della macchina da
presa in spalla. Non basta una frase efficace come la risposta che il dottor
Clavell dà a Burton quando gli chiede il perché dei rapimenti alieni “Si è
mai chiesto gli animali cosa pensano quando facciamo esperimenti su di loro?”,
rimane un lavoro dal budget bassissimo e non rappresentato altro che da
dialoghi scialbi e recitazione scadente, tutto sulla scialuppa del colpo di
scena finale (l’allucinazione del dottore). Gli intenti c’erano tutti, è che
non si sono visti il problema…..
Bucci Mario
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