La
leggenda del santo bevitore. Ermanno Olmi. 1988. ITALIA-FRANCIA.
Attori: Rutger Hauer, Anthony
Quayle, Sandrine Dumas, Dominique Pinon
Durata: 125’
Parigi. Andreas Kartak è un clochard colmo d’onore. È di
origine polacca, ex minatore, e nasconde un passaporto con il timbro
d’espulsione perché ha ucciso il marito della sua amante mentre questo la
aggrediva. Un giorno incontra sotto un ponte un anziano signore che gli offre
200 ff e gli domanda di riportarli la domenica seguente alla chiesa di S. Maria
di Batignolles e di offrirli a S. Teresa di Lisieux. Andreas accetta il denaro
e l’impegno e per lui la vita cambia: prima incontra un grosso uomo che gli
offre altri 200 ff per due giorni di lavoro, poi incontra la sua ex amante che
gli fa trovare 1000 ff nel portafoglio, poi è la volta di un ex compagno di
scuola (che a Parigi fa il pugile) che gli offre una bella serata ed una stanza
d’albergo nel quale incontra una ballerina della quale s’innamora e che però
gli ruba quasi tutti i suoi soldi. Sopraggiunta la domenica, Andreas si reca in
chiesa per estinguere il suo debito, ma fuori incontra un suo vecchio compagno
di miniera che gli domanda la stessa cifra. Disperato, tornato sotto i ponti,
Andreas incontra nuovamente lo stesso anziano signore che gli aveva dato i
primi 200 ff e questo gli consegna la stessa somma domandandogli lo stesso
impegno. Ubriaco al bancone del caffè Le paradoxe, che si affaccia
proprio sulla chiesa, Andreas ha la visione della piccola S. Teresa, le offre i
soldi per estinguere il debito, ma questa li rifiuta e gliene consegna degli
altri. Andreas sviene e, portato in chiesa e fatto sedere su un trono, muore
fissando la piccola S. Teresa.
Tratto dal racconto lungo Die Legende vom heiligen
Trinker di Joseph Roth, il lento film di Ermanno Olmi è una favola di
occasioni, d’incontri e di gesti, in una Parigi colorata e controllata dalle
gelatine di Dante Spinotti. Rutger Hauer si muove con la lentezza di un
clochard che non ha più fretta e che si sorprende ad ogni piccolo, lento, imprevedibile
gesto che sembra cambiargli, anche se di poco, il suo presente. Lento nella
parte centrale (sceneggiatura di Olmi e di Tullio Kezich) il film si conclude
con un’importante citazione dell’opera letteraria “Conceda Dio a tutti noi,
noi bevitori, una morte così lieve e bella” (il miracolo
dell’imprevedibilità così si compie in queste ultime parole sullo sfondo nero a
seguito della sfumatura su Rutger Hauer). Silenzioso, fortemente cattolico, il
lavoro del regista italiano valse un Leone d'oro a Venezia, grazie soprattutto
alla sua forma (che non scade nella maniera) ed all’uso della cinepresa che
lontano dal protagonista, riesce a consegnargli maggiore autonomia e libertà
narrativa. Unica differenza con il testo originale, il pugile sostituisce la figura
del calciatore Kanjak.
Bucci Mario
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