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Gangster n.1
Anno: 2000
Regista: Paul McGuigan;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Gran Bretagna;
Data inserimento nel database: 04-12-2003


La grande guerra

Gangster n.1.  Paul McGuigan. 2000. G.B.

Attori: Malcolm McDowell, David Thewlis, Paul Bettany, Saffron Burrows, Kenneth Cranham, Jamie Forester

Durata: 105'

 

 

La violenza è negli occhi di chi guarda. Lo dice la bionda Karen al protagonista ancora giovane (hai del torbido che ti dilania e ti divora dall’interno, te lo si legge negli occhi), lo domanda lui stesso all’amico Eddie che ha fatto l’infame (guardami negli occhi) e lo vive lo spettatore quando il boss Lennie, in terra agonizzante, è preso a calci sul viso con inquadratura in soggettiva. Ma un film sulla violenza come questo, se fosse uscito agli inizi degli anni novanta, dopo l’apripista Pulp Fiction (1994) di Tarantino ed il momento d’oro del cinema indipendente anglo-americano, sarebbe stato più apprezzato per idee e soggetto. Portato sullo schermo a distanza di cinque-sei anni invece risente della mancanza di novità e si lascia lentamente vedere senza nulla lasciare allo spettatore. Raccontata dalla costante (e noiosa) voce fuori campo dello stesso protagonista, l’ormai vecchio Malcom McDowell ed il troppo giovane Paul Bettany si dividono questo ruolo, la storia di un criminale, un nuovo Alex kubrickiano spogliato e rivestito, un uomo di potere che ad un incontro di pugilato ricorda le avventure e le disgrazie (soprattutto le morti) che lo hanno fatto diventare il numero uno dei gangster. Temuto o rispettato, la sua posizione è al sicuro fino a che l’amico Freddie (suo ex capo) non è di nuovo libero dopo trent’anni di prigione.

Scritto da Johnny Ferguson da una pièce di Louis Mellis e David Scinto, il film non ha quasi mai un vero slancio d’autore, a stento suscita delle piccole impennate d’interesse, ma generalmente rimane confinato nel suo difetto principale: eccessivamente parlato, perde spesso di ritmo e non omaggia una ricercata e ruffiana fotografia anni settanta. A metà strada tra la parodia forzata (il vero gangster si vede dall’abito italiano), la finta sperimentazione visiva (immagine che si frantuma e grido alieno del protagonista, o lunghe sequenze nei momenti più violenti) ed un film di genere (eccessivamente citazionista), è un lavoro che convince poco, forse anche perché non supportato da un buon doppiaggio.

Il protagonista rimane anonimo per tutta la pellicola, non ha nome ed appare nei titoli di coda come Gangster 55 per indicare McDowell e Gangster young per indicare Bettany.

 

 

Bucci Mario

        [email protected]