Gangster n.1. Paul
McGuigan. 2000.
G.B.
Attori: Malcolm McDowell, David
Thewlis, Paul Bettany, Saffron Burrows, Kenneth Cranham, Jamie Forester
Durata: 105'
La violenza è negli occhi di chi guarda. Lo dice la bionda
Karen al protagonista ancora giovane (hai del torbido che ti dilania e ti
divora dall’interno, te lo si legge negli occhi), lo domanda lui stesso
all’amico Eddie che ha fatto l’infame (guardami negli occhi) e lo vive
lo spettatore quando il boss Lennie, in terra agonizzante, è preso a calci sul
viso con inquadratura in soggettiva. Ma un film sulla violenza come questo, se
fosse uscito agli inizi degli anni novanta, dopo l’apripista Pulp Fiction
(1994) di Tarantino ed il momento d’oro del cinema indipendente
anglo-americano, sarebbe stato più apprezzato per idee e soggetto. Portato
sullo schermo a distanza di cinque-sei anni invece risente della mancanza di
novità e si lascia lentamente vedere senza nulla lasciare allo spettatore.
Raccontata dalla costante (e noiosa) voce fuori campo dello stesso
protagonista, l’ormai vecchio Malcom McDowell ed il troppo giovane Paul Bettany
si dividono questo ruolo, la storia di un criminale, un nuovo Alex kubrickiano
spogliato e rivestito, un uomo di potere che ad un incontro di pugilato ricorda
le avventure e le disgrazie (soprattutto le morti) che lo hanno fatto diventare
il numero uno dei gangster. Temuto o rispettato, la sua posizione è al sicuro
fino a che l’amico Freddie (suo ex capo) non è di nuovo libero dopo trent’anni
di prigione.
Scritto da Johnny Ferguson da una
pièce di Louis Mellis e David Scinto, il film non ha quasi mai un vero slancio
d’autore, a stento suscita delle piccole impennate d’interesse, ma generalmente
rimane confinato nel suo difetto principale: eccessivamente parlato, perde
spesso di ritmo e non omaggia una ricercata e ruffiana fotografia anni
settanta. A metà strada tra la parodia forzata (il vero gangster si vede
dall’abito italiano), la finta sperimentazione visiva (immagine che si
frantuma e grido alieno del protagonista, o lunghe sequenze nei momenti più
violenti) ed un film di genere (eccessivamente citazionista), è un lavoro che
convince poco, forse anche perché non supportato da un buon doppiaggio.
Il protagonista rimane anonimo
per tutta la pellicola, non ha nome ed appare nei titoli di coda come Gangster
55 per indicare McDowell e Gangster young per indicare Bettany.
Bucci Mario
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