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Lo strano vizio della signora Wardh
Anno: 1971
Regista: Sergio Martino;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 04-12-2003


La grande guerra

Lo strano vizio della signora Wardh. Sergio Martino. 1971. ITALIA.

Attori: George Hilton, Edwige Fenech, Ivan Rassimov, Cristina Airoldi

Durata: 98'

 

 

La signora Wardh (E. Fenech) custodisce come segreto un passato particolare con un suo ex uomo, Jean, basato sulla violenza ed il sesso (vizio al quale il titolo si riferisce). La signora Wardh da quasi un anno è anche moglie di un uomo sposato per dimenticare proprio quella burrascosa e difficile precedente relazione. Di ritorno a Vienna, città spaventata dalla presenza di un assassino che uccide donne con un rasoio, la coppia dovrà scontrarsi con il passato della signora Wardh, perché Jean dimostrerà in diverse maniere di non aver ancora accettato la loro separazione. Durante una festa, la signora Wardh conosce un terzo uomo, George (G. Hilton), ereditiere, prestante e di classe. Dopo un esaurimento nervoso, a causa della morte di Jean e della sua immagine ossessiva, la signora Wardh decide di fuggire in Spagna con George, mollando il marito a Vienna, dove intanto l’assassino è stato ucciso da una delle sue stesse vittime. In Spagna invece Jean fa di nuovo la sua apparizione…..

C’è un po’ di tutto nel film esordio di Sergio Martino, a partire dalla citazione freudiana con la quale si apre il film e che richiama alla violenza come gene presente nel DNA d’ogni essere umano (dalle particolari relazioni tra Jean e la signora Wardh, alla caccia subacquea, alla lite di due donne ad una festa….). Impresso attraverso inquadrature ora simmetriche ora deformanti e coraggiose, quasi carnali per come sono attaccate ai corpi degli attori, il film forse pretende troppo dall’intricatissima trama, ed il colpo di scena finale si rifà troppo alla volontà di stupire che fu de I diabolici (1954) di H-G. Clouzot. La definizione dei personaggi risente sin dalle prime immagini l’influenza/coincidenza con Dario Argento nella descrizione dell’assassino secondo gli stereotipi più comuni: guanti neri, inquadratura delle scarpe o poco sotto il collo, rasoio come arma. Musiche psichedeliche e d’effetto (Nora Orlandi) come si facevano una volta e come non si sanno più rifare. La più bella sequenza di tutto il film è il primo flashback di Edwige Fenech in taxi, quando ricorda un rapporto con Jean all’aperto sotto una pioggia incessante. Bello. Più giallo che sexy, s’inserisce perfettamente nella lista dei thriller all’italiana.

 

 

Bucci Mario

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