Manhunter
– Frammenti di un omicidio. Michael Mann. 1986. USA.
Attori: William L.
Petersen, Kim Greist, Joan Allen, Brian Cox, Dennis Farina
Durata: 118'
Titolo
originale: Manhunter
L’agente Will Graham è richiamato in servizio per aiutare
la polizia a rintracciare un pericoloso assassino che ha già massacrato due
famiglie. Allontanatosi dalla polizia a causa di disturbi psichici che lo
avevano costretto a cure psichiatriche, dopo l’arresto di un altrettante
pericoloso assassino, il difficile dottor Lector, l’agente Graham decide di
accettare il caso, promettendo alla moglie di non lasciarsi questa volta
coinvolgere. Il suo ruolo di criminologo però, è proprio quello di sostituirsi
al maniaco e pensare con la sua testa per prevenire il prossimo omicidio, presumibilmente
calcolabile entro l’imminente luna piena. Incontrando le prime difficoltà
nell’indagine, non capendo perché ad esempio il maniaco rompa gli specchi per
poi infilarne alcuni frammenti nelle orbite delle vittime, Graham decide di
rivolgersi all’aiuto proprio del dottor Lector. Sarà costui, attraverso
difficili intrighi psicologici a svelare la strada migliore a Graham per
identificarsi con il maniaco, soprannominato intanto dalla stampa come Dente
di fata, e comprenderne quindi oltre la personalità, la persona stessa. Nel
frattempo il folle uccide un giornalista usato dalla polizia per tirargli una
trappola, e sequestra una ragazza cieca, della quale si era innamorato, dopo
che vede questa tornare a casa con un altro uomo. Grazie a dei filmati una
volta in possesso delle due famiglie massacrate, Graham individua la strada che
lo porterà alla soluzione del caso.
Tratto dal best seller di Thomas Harris Red Dragon
(con il quale titolo è anche conosciuto questo film) tradotto in italiano con Il
delitto della terza luna, il lavoro di Michael Mann è un piccolo e per
tanto tempo sottovalutato capolavoro di genere. Oltre ad essere il primo film
ad introdurre la figura del dottor Lector, poi stranamente trasformato in
Lecter negli altri episodi, quali Il silenzio degli innocenti (1991) di
Jonathan Demme, Hannibal (2001) di Ridley Scott ed infine proprio il
remake di questo, Red dragon (2002), il film ha il merito di mettere
quasi sullo stesso piano cacciatore e maniaco (in questo sta la giusta scelta
del titolo, senza sapere a chi si riferisca veramente) scegliendo di macchiare
entrambi i personaggi di forza e paura, amore e debolezza. Le musiche di Michel
Rubini sono strepitose e ricordano quelle del miglior Carpenter, soprattutto
nella prima parte del film quando la tensione è altissima, e terminano con la
splendida In a gadda da vida degli Iron butterfly, scelta
dall’assassino per tutta l’ultima importante sequenza. William Petersen, ha
forse il viso giusto del detective Graham, ma sono le scelte di Tom Noonan
nella parte di Dente di fata e quella di Brian Cox per il dottor Lector
ad essere veramente azzeccate. Il lavoro, oltre che a rispettare perfettamente
un genere come quello impostato sui serial killer, ha anche il merito di uscire
dai soliti schemi ed introdurre analisi sulla potenziale malvagità umana
giustificata attraverso quella divina (Dio è citato solo com’esempio negativo
specie quando sul finale Graham spiega al suo amico quello che gli ha detto
Lector sul folle “Si sente simile a Dio, ed ha bisogno di simulare che
qualcuno lo desideri, e più simula d’essere voluto, più tutto ciò diventa reale”)
ma soprattutto sul rapporto tra immagine e riflesso dell’immagine (necessario
anche al contesto che in questo caso vuole il criminologo uguale al maniaco)
dove specchi ed immagini si riflettono, e permettono di guardarsi ed essere
guardati, cosicché il bisogno di vedere ed essere visti diventa disturbante e
maleficamente divino. La realtà è sublimata attraverso l’occhio della cinepresa
che riprende le famiglie nei loro momenti di quotidiana felicità, e trasmette a
Dollarhyde Francis, questo il vero nome di Dente di fata, lo stesso
calore che gli trasmette la ragazza cieca al suo fianco, quasi fossero Mark
Lewis ed Elen de L’occhio che uccide (1960) di Michael Powell. La mai
melensa parte che vede nascere un tenero sentimento tra il killer e la cieca, è
fortemente emotiva e sempre tesa, e la cinepresa sceglie di passare in
soggettiva, di stringere sui volti, ed infine allontanarsi quando all’alba lui
crede di aver trovato l’amore, come se gli stesse concedendo un attimo di
normale intimità. La scelta di non usare immagini cruente, ma di lasciare che
sia Graham a descrivere le scene del delitto, è un ulteriore messaggio di stile
da parte del regista. Decisamente un capolavoro, e che in questo quindi non ha
nulla a che fare con il suo remake.
Bucci Mario
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