L’esorcista. William Friedkin. 1973. U.S.A.
Attori: Ellen
Burstyn, Max von Sydow, Linda Blair, Jason Miller, Lee J. Cobb
Durata: 120'
Titolo
originale: The
Exorcist
Iraq. Durante uno scavo
archeologico, sono rinvenuti oscuri monili che il responsabile dello scavo
riconosce come simboli maligni. Georgetown, USA. Durante le riprese di un film,
la figlia dell’attrice MacNeil accusa disturbi che ad una prima analisi sono
riconosciuti in uno sdoppiamento della personalità. Cercate delle spiegazioni
mediche attraverso trafile ospedaliere, la madre accetta di passare ad una cura
psichiatrica. Nel frattempo un ispettore di polizia indaga sulla morte del
regista del film trovato con il collo rotto in fondo alla scalinata sulla quale
si affaccia la stanza da letto della giovane Regan MacNeil. Riconosciuta
l’impossibilità di una cura medica di nessun genere, l’attrice accetta di
affidarsi ad una cura esorcizzante. E’ interpellato padre Kallas, un ex pugile
d’origine greca, esperto di psichiatria, e che ha appena perso la madre in un
manicomio. L’uomo è ai limiti della fede, troppo legato alla realtà della
sofferenza, decide comunque di interessarsi al caso. Dopo aver verificato la
veridicità della possessione, senza la quale non avrebbe ottenuto il via libera
della Chiesa, è affiancato da padre Merrin (lo stesso archeologo visto durante
il prologo), un anziano esorcista con una lontana esperienza africana. La
piccola Regan non ha più niente d’umano, il demonio gestisce del suo corpo
senza mai rinunciare ad offendere, vomitare e colpire i due preti quanto
chiunque altro aveva cercato di avvicinarsi a lei. Allontanato da padre Merrin,
padre Kallas farà ritorno nella stanza dove Regan è tenuta legata per
combattere il demonio personalmente; morto l’anziano prete, si farà possedere
per poi buttarsi dalla finestra e morire assieme al Male.
Con L’esorcista Friedkin
dà il via ad un filone dell’horror che mai più ha toccato limiti metafisici
come in questo caso. Attraverso il fenomeno della possessione e dell’esorcismo,
il regista riesce ad individuare i diversi punti contradditori tanto della fede
e della verità, quanto del male e della menzogna (l’incontro tra i due preti e
la giovane posseduta gioca tutto su quelle parole false o vere in bocca al
demonio, come lo sguardo di padre Merrin a padre Karras, quando capisce che il
greco è al limite della fede). Molti hanno preferito vedere nell’esorcismo il
rifugio nell’arcaicità religiosa di fronte alle domande senza risposte, ma
forse sarebbe più corretto parlare della stessa arcaicità della religione, la
cui crisi è sintetizzata proprio dall’ambiguo padre ex pugile, dai suoi
rimorsi, dal rapporto tra manicomio e la possessione stessa, quasi
ripercorrendo l’ambiguità classica dell’immagine clinica foucoltiana che vuole
in questo contesto un prete di fronte al diavolo domandare di possederlo, una
volta riconosciuto il fatto che la sua verità di prete è venuta meno (non a
caso quelli più convinti muoiono di fronte al male, mentre padre Karras muore con
il male, forse ormai non più nemmeno prete, lui che il diavolo non ha
riconosciuto quando è entrato la prima volta nella stanza con abiti normali).
Regia pulita, in contrasto con la figura blasfema e demoniaca interpretata da
Linda Blair alla quale è consegnata nella sceneggiatura una caterva di
sproloqui e bestemmie al limite della censura cattolica. Effetti speciali
particolarmente toccanti ed efficaci di Dick Smith e Rick Baker, vomito ed
occhi verdi e spruzzi di sangue, sono poco di fronte alle due sequenze della
ragazza che prima scende le scale come un ragno (nella versione 2000 con nove
minuti in più) e poi quella che la vede girare la testa di 360°. Molto brava
Ellen Burstyn nel ruolo di una madre che man mano segna su se stessa i problemi
della figlia, perfetto Jason Miller nel ruolo del padre in crisi e
particolarmente suggestiva la chiamata d’ingresso in scena pensata per
l’esorcista interpretato da Max Von Sydow; tanto coraggio per Linda Blair che
ha segnato la sua carriera cinematografica con uno dei personaggi più duri del
cinema horror. La pellicola vinse al botteghino e conquistò l’Oscar per la
migliore sceneggiatura non originale (e per le musiche), stesa dall’autore
dell’omonimo romanzo, William Peter Blatty. Rispetto al testo originale, però,
le riflessioni circa le patologie si fanno spesso un po’ più rarefatte per
lasciare maggior spazio alla mostruosità dell’ossessione. Senza troppo
sopravvalutarlo, sarebbe giusto anche rivederlo più focalizzandolo attraverso
le trame dei dialoghi che dando troppa importanza agli effetti speciali ….il
male contro il male, dice il capo del campo archeologico all’inizio… santi
e demoni e verità e menzogna sembra aggiungere quello che accade a Georgetown.
Bucci Mario
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